Gli USA perdono alleati: l’Arabia Saudita scarica il dollaro
Riyad non rinnova l'accordo sui petro-dollari. E aderisce al progetto Mbridge di Mosca e Pechino
L’influenza USA perde colpi, ed i segnali di questo declino sono da tempo sotto gli occhi di tutti. L’assetto globale sta cambiando rapidamente, e a subirne le conseguenze è soprattutto Washington, che per la prima volta si trova a dover fare i conti con un sistema sempre più a tendenza multipolare. E che dunque mette in serio pericolo il sistema dollaro-centrico made in USA. Da cui dipendono le sorti dell’egemonia americana.
L’Arabia Saudita ha deciso recentemente infatti di terminare l’accordo a lungo termine, firmato l’8 giugno 1974, che impegnava il Paese a vendere il proprio petrolio in dollari americani, in cambio dell’impegno statunitense a garantire la sicurezza dell’alleato nello scacchiere mediorientale. Una notizia che riflette perfettamente la crisi profonda e globale in atto, dell’egemonia USA. E tutte le criticità in un sistema monetario e geopolitico internazionale ormai sempre più instabile.
Gli USA e i petro-dollari: l’Arabia Saudita ora volta pagina
Il dollaro è considerato da circa sessanta anni la moneta di riserva del sistema economico finanziario internazionale, grazie alla forza dell’economia USA. Che nei decenni si è assicurata importanti flussi in entrata da parte di Paesi come Giappone, Cina e Arabia Saudita, che puntualmente compravano tesoro americano. E nel caso di Riad, vendevano anche il proprio greggio in bigliettoni verdi. Per decenni questo importantissimo flusso di dollari, denominati petro-dollari, ha garantito a Washington una valuta stabile con un forte potere d’acquisto. Ma adesso la musica è cambiata, e assieme all’egemonia politica di Washington anche quella economico-finanziaria è posta in serio pericolo.
Oggi Riyad è a tutti gli effetti una potenza emergente con delle proprie ambizioni regionali, che intende giocare la propria partita geopolitica su più fronti. E non ha quindi nessuna intenzione di rinunciare all’amicizia con giganti strategici come la Cina. Che spinge come si sa da tempo per l’indebolimento del monopolio del dollaro. Riyad ha dunque già iniziato a vendere petrolio in monete nazionali diverse dal biglietto verde. Non garantendo più di fatto agli USA il rientro di tali flussi di valuta. Ma non solo, pochi giorni prima di sospendere l’accordo, che porterà a poter scegliere di volta in volta la valuta di fatturazione, l’Arabia Saudita aveva annunciato di prendere parte all’esperimento mBridge, guidato dalla Cina. Che consiste in una piattaforma di pagamenti digitali, alternativa allo SWIFT, alla quale aderiscono già Tailandia, Hong Kong ed Emirati Arabi.
L’alternativa allo SWIFT: l’egemonia americana è in crisi
Questa infrastruttura consentirà di sfuggire al controllo di Washington sulle transazioni al livello globale, e porrà dunque definitivamente la parola fine al mondo unipolare, così come lo avevamo conosciuto dalla caduta del Muro di Berlino in poi. Dove le tecnologie USA avevano il primato assoluto. La questione centrale però è capire se gli Stati Uniti sapranno prenderne atto, e favoriranno un processo ordinato verso un sistema di governance economica e politica multilaterale, o se cercheranno di mantenere la propria egemonia anche attraverso l’uso della forza. Spalmando gli effetti di un’uscita disordinata dal vecchio sistema, su tutto il mondo attraverso conflitti e tutto ciò che questo ne comporta. Ad oggi la Casa Bianca non sembra avere alcuna intenzione di cedere centimetri, né a Pechino, né tantomeno a Mosca. Perché la posta in gioco non è alta, ma altissima.
Con un deficit di 1,5 miliardi di dollari, un debito complessivo di 35 miliardi di dollari e 1 miliardo di dollari di interessi da pagare entro quest’anno infatti, se il dollaro americano smettesse di essere la principale valuta di riserva globale o peggio si presentasse una vera rivale, l’intero sistema finanziario americano crollerebbe. A confermarlo è stata recentemente anche l’autorevole rivista The National Interest. Secondo cui ormai il blocco dei Paesi BRICS sta emergendo gradualmente come un’importante alleanza commerciale economica e finanziaria, che ha tutte le potenzialità per sfidare l’ordine economico globale dominato dagli Stati Uniti. E purtroppo si sa, quando la potenza egemone non ha più niente da perdere è proprio il momento dove il rischio di un conflitto mondiale è altissimo.