Emilio della Fontanazza: “Mia madre Marchesa di buone maniere”
Il marchese e professore racconta in esclusiva a VelvetMAG il suo libro dedicato al bon ton
Emilio della Fontanazza, Il Palcoscenico della Marchesa, intervista esclusiva
Cosa si prova nel mettere per scritto una vita privata, ma al contempo anche insolita e piena di avventure così originali?
Quando ci si mette a scrivere della propria madre è qualcosa di molto sentimentale. In realtà questo volume non nasce per essere pubblicato, ma voleva essere un testo intimistico, una sorta di diario. Durante la pandemia, nella fase più critica in cui le relazioni ci erano precluse, io che amo la convivialità ho sofferto molto per questa situazione. I miei familiari mi hanno consigliato di scrivere, ho aperto quindi i cassetti di casa, dove erano custoditi dei ricordi per evitare che fossero persi.
Tra me i miei fratelli più piccoli ci sono rispettivamente otto e dieci anni di differenza, ciò ha fatto sì che fossi protettivo nei loro confronti. Inizio quindi a raccogliere dei materiali e cerco di dare agli appunti una forma di diario, anche attraverso i racconti di Patrizia, la fedele assistente di mia madre. Mia mamma era una donna dal carattere rigido ed autoritario, il suo atteggiamento distaccato era una sorta di corazza verso gli altri.
Come decide quindi di pubblicare il suo libro?
Dai racconti che scrivo intravedo un testo che può essere utile non solo come contenitore di ricordi per la mia famiglia. Faccio leggere lo scritto ad un collega universitario e ad una amica giornalista e tutti mi dicono all’unisono di pubblicarlo, perché ognuno di noi poteva intravedere se stesso e il rapporto con i propri cari, ma soprattutto era un mezzo per rispolverare le buone maniere. Da una sorta di diario intimistico- cosa la nonna insegnava ai nipoti- il volume diviene un insegnamento di buone maniere per tutti. Decido quindi di dare al volume una forma romanzata con degli aneddoti particolari al fine di ottenere un racconto accattivante.
Il Palcoscenico della Marchesa non è solo un pamphlet di ricordi familiari, ma contiene delle pillole di galateo.
Ogni capitolo di apre con un racconto, alla fine diamo un consiglio di saper vivere ai lettori.
Tra i passaggi più tristi c’è la malattia di sua madre, quanto è stato difficile quel periodo?
Io ero innamorato di mia madre, vederla soffrire a causa di un tumore è stato devastante. Ci ha lasciati a soli cinquantatré anni. Il tumore ad un certo punto si immedesima nella villa, questa magione che lei doveva a tutti i costi gestire con enormi difficoltà, che aveva il dovere di non abbandonare. Quando dalla finestra di casa sentivo il rumore dell’auto di mia madre individuavo già il suo umore dallo stile di guida. Lei era una donna forte, severa, nervosa. E’ stata talmente stoica da non volerci passare questo cancro, cioè la gestione della villa, una proprietà di oltre duemila metri quadri che stava letteralmente prosciugando i nostri conti.
Sua mamma fu la mannequin di Emilio Pucci, come avvenne l’incontro?
Giovanni Battista Giorgini vide mia madre e la portò a Firenze dove conobbe il Maestro di alta moda. Proprio lì incontrò anche una contessa tarocchista che le predisse il matrimonio e la nascita di noi tre figli. Quando mia madre inizio a gestire la villa aprì al suo interno un atelier di stoffe, qui organizzava anche dei corsi di portamento per le figlie delle sue amiche. Dopo lo showroom la villa fu tramutata in home restaurant, si dava in affitto per i matrimoni e i ricevimenti con le maestranze di casa. Fra gli eventi più esclusivi ci fu quello per uno dei più grandi nomi della moda italiana che presentò proprio a casa nostra una sua collezione.
Ne Il Palcoscenico della Marchesa narra persino di un esorcismo avvenuto a casa sua, cosa avvenne di preciso?
Mia madre per aiutare un famoso industriale, la cui figlia era posseduta dal demonio, decise di chiamare nella villa il Vescovo Milingo che fece un esorcismo nella cappella di famiglia. Quel giorno dalla mia camera da letto sentì delle voci disumane nell’atto di liberazione della ragazza, finalmente dopo diverse ore fu liberata.
Che ricordi ha delle vacanze in Versilia?
Mia madre aveva una carnagione chiara, non amava il mare, le rare volte che prendeva il sole non lo faceva mai prima delle cinque di pomeriggio. La vita in Versilia è quella narrata in Vestivamo alla marinara, scandita da diversi momenti: la pineta, la spiaggia, il lungomare, lo stabilimento che diventa una sorta di estensione della propria casa, con le stesse famiglie di sempre. Mia madre tutto ciò lo viveva marginalmente poiché anteponeva la gestione della villa al tempo libero. Con la nostra casa ho sempre vissuto un rapporto di amore e odio: la villa mi ha sottratto mia madre, me l’ha fatta ammalare e me l’ha portata via, il mare invece era una sorta di liberazione da tutti i problemi quotidiani.
In tutto ciò suo padre che ruolo aveva?
E’ stato molto assente, incapace di aiutare mia madre, schiacciato dalla sua figura, non ha avuto un ruolo attivo nella gestione della casa. Al contrario Patrizia faceva da collante tra noi e la mamma, era l’angelo custode di entrambi, quando mia madre si ammalò di tumore lei divenne il suo scudo, soprattutto nei confronti delle banche e dei fornitori.
Ne Il Palcoscenico della Marchesa analizza anche l’importanza del bon ton e dell’ecologia, qualche consiglio al riguardo?
Questo aspetto ruota sempre attorno alla villa, la nostra proprietà immersa nel verde ci ha fatto amare la natura e capirne la sua importanza. Il rispetto dell’ambiente è una forma civica. Il buon esempio va dato dai genitori, se un padre getta a terra qualcosa anche il figlio farà lo stesso. Oggi per chi possiede un animale è doveroso stare attenti nel portarlo in giro.
Tra le regole di buone maniere più importanti?
Alle persone più anziane si cede sempre il posto e in viaggio le si aiuta con i bagagli. Oggi purtroppo non c’è più rispetto di nulla; sentiamo i casi di cronaca, le persone arrivano ad uccidere per debiti di poche centinaia di euro, i social hanno generato mostri, i ragazzi vivono nervosamente. Prima il villeggiare nelle casa di vacanza serviva a stare con se stessi, a conoscersi, a porsi delle domande che in città non si aveva il tempo di fare. Non va mai sottovalutato il grazie al cameriere che ci ha serviti a tavola o i fiori fatti recapitare alla padrona di casa il giorno successivo all’invito a cena. Non si parla ad alta voce, a tavola non si trattano argomenti che portano a discussioni come la politica o il calcio. Oggi si è persa la capacità di saper ascoltare a causa dei social e dei talk show televisivi dove si parla senza aspettare che l’altro termini di esprimere il proprio pensiero.
Come si corteggia una donna?
Oggi il gentil sesso non è più abituato alla galanteria, ma una donna andrebbe fatta sentire importante. Se si invita una signora, l’uomo arriva per primo all’appuntamento. Al ristorante è il signore che entra per primo per vedere se l’ambiente è adeguato alla sua ospite, è un segno di protezione. L’aprire lo sportello dell’auto dovrebbe essere scontato. Sono gesti che non hanno un costo economico, sono forme di attenzione.
Il più grande insegnamento che le ha trasmesso sua madre?
Non arrendersi mai, affrontare ciò che la vita ti presenta e farlo sempre con stile. Lei a volte era nervosa per i problemi a casa, ma non ha mai dato in escandescenza con gli altri, ci ha insegnato il rispetto dell’essere umano anche delle persone più umili. Mia madre aveva una venerazione per le persone di famiglia più grandi, una sete di conoscere il passato di chi aveva vissuto prima di lei per cercare di coglierne gli aspetti più favorevoli.