Alessia Barela: “La recitazione per me è stato un colpo di fulmine”
L'attrice è reduce dai Nastri d’Argento 2024 dove ha vinto il Nastro dell’Anno con il cast di "C’è Ancora domani"
Alessia Barela, attrice protagonista di pellicole e serie di successo, si racconta in un’intervista esclusiva a VelvetMAG. Parlando della sua carriera, dagli esordi ad oggi, l’artista rivela una parte di sé ai nostri lettori.
Alessia Barela, protagonista di serie TV di successo, La Squadra o Distretto di Polizia solo per citarne due tra le più note. A queste si aggiungono esperienze cinematografiche molto importanti come Velocità Massima al fianco di Valerio Mastandrea, Gente di Roma diretto da Ettore Scola, Io e lei di Maria Sole Tognazzi o Sette Giorni il film in francese di Rolando Colla. Nel cast anche di C’è ancora domani, il film ‘evento‘ della stagione 2023-2024, ha ricevuto molteplici premi. Per ultimo proprio il Nastro dell’Anno al fianco di Paola Cortellesi e di tutto il cast di C’è ancora domani.
Ma nella sua carriera, Alessia Barela ha ricevuto molteplici premi tra cui Nastro d’Argento, Cinè ciak d’oro, Premio Galà cinema fiction e Golden Graal, anche in questo caso, solo per citarne alcuni. Passando inevitabilmente anche dal teatro, come ogni grande attore insegna, Alessia Barela ha parlato della sua esperienza lavorativa e dell’inevitabile compresenza con la dimensione umana.
Intervista esclusiva di Alessia Barela su VelvetMAG
Alessia Barela, un nome per il quale non occorrono molte presentazioni. Nella sua carriera famosi film e serie TV. Io le chiedo, come tutto ha avuto inizio?
Ha avuto tutto inizio in un periodo in cui si era un po’ ‘sgangherata’ la mia famiglia ed io mi trovavo ad essere un po’ ‘galleggiante‘. Facendo danza per tanti anni, ho iniziato a vivere il teatro già con i primi saggi. Ed ho sempre creduto che ballare, cantare e recitare, pur essendo professioni assolutamente diverse, hanno un modo comune di comunicare. Credo, anche per questo, che mi sia venuto spontaneo avvicinarmi al teatro dopo la danza e calcare ancora le assi del palcoscenico.
Tuttavia, penso che questa ‘vocazione’ si sia sviluppata anche abbastanza tardi. Cioè non sono una persona che già da bambina voleva fare l’attrice, probabilmente per la mia patologica timidezza. Poi, piano piano, ho iniziato a fare i primi piccoli spettacoli a teatro. La recitazione per me è stato un colpo di fulmine. Nel senso che, quando ho iniziato a fare la scuola, mi sono resa conto che era quello che volevo fare.
Sono davvero molti i nomi altisonanti che l’hanno diretta. Qual è il primo nome che le viene in mente se dovessi chiederle da quale collaborazione si sente più “segnata”?
Sebbene sia una domanda difficile, posso dire che chiaramente lavorare con Ettore Scola è stata un’esperienza che non dimenticherò mai. Però mi sento di dire che il film più importante per me sicuramente è stato Velocità Massima di Daniele Vicari. Perché io ero comunque un’esordiente. E trovarmi ad essere la protagonista femminile di un film così importante con Valerio Mastandrea per me ha segnato un vero e fondamentale inizio. E per citare anche l’esperienza più recente, un regista con il quale mi è piaciuto molto collaborare è stato anche Francesco Falaschi, con il quale ho lavorato per il film prossimamente in uscita Da questa parte del mondo.
In generale, comunque, ogni volta che entro in una nuova avventura, che sia un film, una serie o uno spettacolo teatrale, mi interessa tantissimo l’esperienza sul lato umano. Mi piacciono le persone, mi piace osservarle e mi piacciono le relazioni vere.
Alessia Barela e i suoi ruoli nel cuore
Tra i tutti i ruoli che ha interpretato, a quale si sente più legata o con il quale ha più “litigato”?
Io sono un’inguaribile romantica e questo mi porta a legarmi a tutti i ruoli che faccio. Tuttavia, per esempio, Sette Giorni, il film che ho girato in francese con Bruno Toneshini, è stata un’esperienza molto forte. Forse, una delle esperienze che mi ha cambiata di più. In primis perché mi sono misurata con una lingua che non è la mia e poi perché ci siamo trovati a lavorare, tra prove e riprese, circa dieci settimane in un’isola piccolissima come Lèvanzo e diretti da un regista molto esigente quale Rolando Colla.
Citerei anche Terapia d’urgenza, una serie del 2008 in cui interpretavo un omosessuale con tanto di bacio andato in onda sulla Rai. Nonostante la serie non abbia avuto il successo sperato, il personaggio che ho interpretato mi è rimasto nel cuore. Se non fosse altro perché affrontava un tema rivoluzionario, un argomento ancora difficile da raccontare. Ma in generale, se penso anche ai film con Maria Sole Tognazzi, mi sono sempre affezionata ai miei ruoli. Se dovessi parlare, però, di qualche ruolo con il quale ho maggiormente ‘litigato’, forse, citerei qualche film che ho fatto senza poter particolarmente scegliere. E magari mi riferisco ai momenti in cui ero ferma, periodi che per noi attori possono capitare, perché infondo non abbiamo alcun tipo di continuità o sicurezza. Tutto comunque, per me, resta esperienza.
Alessia, parliamo di premi. Nella sua carriera non sono mancati doverosi riconoscimenti, come il più recente Nastro dell’Anno per C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Nella carriera di un attore che valore ha un premio di questa portata?
Io credo che ci siano dei premi più meritocratici e premi che si basano forse più sulla notorietà. Non so quanto possano cambiare una carriera, sebbene sia chiaro che si tratti di un riconoscimento e che faccia piacere, perché comunque rappresenta un modo per dimostrare che il proprio lavoro è stato apprezzato. Io, per esempio, sono molto contenta quando le persone non mi riconoscono nel film, per me quello è una sorta di premio, un complimento pazzesco. Ovvero, si è stati in grado di fare un lavoro importante su sé stessi, redendo a pieno la parte e portando a compimento la motivazione stessa per la quale si sceglie di fare l’attore. E per me questo vale al pari di un riconoscimento in premi.
Il cinema veicolo di messaggi importanti
Secondo lei, che ruolo ha avuto C’è ancora domani nella società. E perché ha avuto così tanta risonanza a suo parere?
Sicuramente mi sento felice di aver preso parte a C’è ancora domani. Io credo che Paola Cortellesi, avendo preso parte fino a questo momento principalmente a commedie, abbia stupito per l’urgenza di raccontare questo film che è, certamente, un film molto amaro ma che definirei quasi di una ‘pesantezza leggera‘. Difatti, Paola Cortellesi è riuscita a commuovere e a far sorridere parlando di un argomento importantissimo, che ancora oggi rappresenta un problema e che dovrebbe essere affrontato ancora di più. Basta guardare i numeri, del resto, per capire l’urgenza di parlare ancora di violenza sulle donne.
Alessia, se dovessi chiederle un messaggio che le piacerebbe trasmettere magari in una prossima pellicola che la vede protagonista?
Citando un film di James Franco, nel quale vi era una sottile presa in giro del nostro ambiente, mi piacerebbe raccontare tutto quello che c’è attorno al nostro mestiere che amo follemente, ma che custodisce anche alcuni aspetti che non apprezzo. Mi piacerebbe tanto interpretare una persona che ad un certo punto impazzisce e acquisisce la possibilità di dire tutto ciò che pensa. Una persona che non ha paura di ricatti subdoli e di qualsiasi cosa possa essere considerata sconveniate. E quindi mi piacerebbe un po’ strappare l’ipocrisia e la competizione per dare posto magari ad una rinnovata collaborazione come ai tempi di Ettore Scola o Mario Monicelli ai quali, non nascondo, mi sarebbe piaciuto tantissimo appartenere.