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Il caso del Bot del 1925 ritrovato in una soffitta a Rovigo

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Un ritrovamento sorprendente ha scosso la comunità di Rovigo e ha catturato l’attenzione di appassionati di storia e finanza. Un antico Buono ordinario del tesoro (Bot) risalente al 1925, scoperto nella soffitta di una vecchia casa, ha un valore potenziale odierno di 7 milioni di euro. Questo caso non solo mette in luce l’importanza dei documenti finanziari storici, ma solleva anche interessanti questioni legali ed economiche.

La scoperta è avvenuta in modo del tutto casuale quando un uomo stava ripulendo la soffitta della casa dei suoi nonni a Rovigo. Tra vecchie foto e cimeli di famiglia, ha trovato un vecchio documento ingiallito. Inizialmente non ha dato molto peso al pezzo di carta, ma dopo un’analisi più attenta, si è reso conto che si trattava di un Buono ordinario del tesoro (Bot) emesso nel 1925.

Bot Rovigo 7 milioniBot Rovigo 7 milioni
Foto ilgazzettino.it

Il valore del Buono del Tesoro

I Bot sono titoli di debito che lo Stato emette per finanziare il debito pubblico. Esistono ancora oggi, e da decenni costituiscono uno dei principali strumenti di investimento del risparmio da parte dei cittadini italiani. Solitamente i Bot hanno una scadenza a breve termine, ma in questo caso specifico, il buono del 1925 non era mai stato riscattato. Grazie all’accumulo degli interessi nel corso di 99 anni, il valore nominale iniziale del titolo si è moltiplicato esponenzialmente.

Gli esperti finanziari hanno calcolato che il valore attuale del Bot potrebbe raggiungere cifre astronomiche, fino a 7 milioni di euro. Questa valutazione si basa sul tasso d’interesse composto accumulato, come detto, nel corso di quasi un secolo. Tuttavia, il calcolo esatto del valore finale dipende da numerosi fattori, inclusi i tassi d’interesse storici e le politiche finanziarie dell’epoca.

Bot riscattabile? Non è così semplice

Il ritrovamento di un Bot così antico solleva diverse questioni legali. In primo luogo, bisogna determinare se il titolo è ancora valido e riscattabile. Secondo la legislazione italiana, i titoli di debito hanno una prescrizione di 10 anni. Tuttavia, in casi eccezionali come questo, potrebbero esserci margini per un’azione legale volta a ottenere il riscatto del titolo. La famiglia di Rovigo ha già contattato un avvocato specializzato in diritto finanziario per esplorare le opzioni disponibili.

Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Foto Ansa/Riccardo Antimiani

A quanto sembra, il legale ha suggerito che, dato il valore storico e l’unicità del titolo, potrebbe essere possibile avviare una causa per il riscatto del buono. La strada legale potrebbe tuttavia dimostrarsi lunga e complessa. E dunque onerosa sul piano delle spese da sostenere per portare a termine il ricorso.

Oltre al suo valore finanziario, il Bot del 1925 ha suscitato l’interesse di collezionisti e storici. I titoli di debito antichi sono considerati pezzi da collezione, e questo specifico titolo di quasi cento ani fa rappresenta una rarità. Collezionisti di tutto il mondo potrebbero essere disposti a pagare somme considerevoli per acquisire un documento così unico e ben conservato.

Il caso del Bot di Rovigo del 1925 è destinato a diventare un esempio emblematico di come i documenti finanziari storici possano avere un valore sorprendente. Se la famiglia veneta che lo ha rinvenuto per riuscirà a riscattarlo (o a venderlo a peso d’oro a un collezionista), ciò potrebbe determinare per essa un sensibile arricchimento.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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