Foto X @messveneto
Ennio Caggiano, medico che svolge attività libero professionale nel veneziano, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Venezia a seguito di una vicenda legata all’epatite C. La notizia, del 15 luglio, fa seguito all’esplosione del caso dal punto vista mediatico: sarebbero infatti decine i pazienti di Caggiano che si sono ritrovati positivi al virus dell’epatite C dopo autotrasfusioni di sangue nell’ambulatorio del dottore.
L’ipotesi di accusa contenuta nel fascicolo dei magistrati lagunari è di epidemia, per presunta violazione della norma speciale che regola le trasfusioni. Il pubblico ministero Elisabetta Spigarelli ha affidato una consulenza tecnica su una decina di pazienti per verificare il genotipo del virus da loro contratto e poter capire quali possano essere le cause dell’epatite C. I carabinieri dei Nuclei antisofisticazione e sanità (Nas) hanno perquisito l’ambulatorio del dottore e hanno raccolto le deposizioni di numerosi pazienti. Nessuno di loro sembra però intenzionato a sporgere denuncia. Il reato di epidemia, ad ogni modo, è perseguibile d’ufficio.
L’inchiesta dei pm veneziani è cominciata da una segnalazione dell’ospedale di Dolo (Venezia) dove in poco tempo si erano presentate decine di persone risultate positive all’epatite C. Non un caso, hanno pensato i sanitari: erano infatti tutti pazienti dello stesso medico. Nel corso della procedura ambulatoriale – hanno raccontato – il sangue autotrasfuso sarebbe stato mescolato con altre sostanze non meglio identificate, definite dai pazienti ‘vitamine’.
Durante il periodo del Covid Ennio Caggiano aveva simpatizzato con la galassia dei movimenti no vax, cosa che gli è costata la radiazione dall’Ordine dei medici di Venezia. Si tratta fra l’altro di un provvedimento ancora aperto dal punto di vista della procedura legale perché impugnato dal professionista.
Di certo l’epatite C è una malattia grave: può provocare la cirrosi epatica e il tumore del fegato. L’obiettivo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è posta da tempo è di debellare l’infezione da HCV – il virus che la causa – entro il 2030, vale a dire fra 6 anni. Un obiettivo ambizioso ma raggiungibile, al momento, soltanto grazie a farmaci altamente efficaci. Cosa che non sembra rientrasse nelle cure del dottor Caggiano ai suoi pazienti.
A che punto è l’Italia in questo percorso? Ancora lontana purtroppo, perché di Epatite C si parla poco e si sa ancora meno. Lo dimostrano i dati dell’ultima indagine Doxa Pharma. Più di 6 italiani su 10 over 30 sanno poco o nulla dell’HCV. Non sanno se si può curare, non sono in grado di definire quali sono i fattori di rischio per contagiarsi.
A SkyTg24 Francesca Romana Ponziani, epatologa della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, ha spiegato che “l’epatite C è una malattia che se trascurata può portare a gravi conseguenze. In Italia si attesta attorno all’1% se si parla della popolazione generale, ma sale 6-7% se si parla di over 75. Si tratta di stime, è molto difficile fare uno studio epidemiologico nazionale perché esiste il sommerso: individui che non sono a conoscenza di avere l’infezione. E questo rappresenta un problema per sé stessi e per gli altri“.
L’epatite C si trasmette entrando in contatto con sangue infetto tramite pratiche invasive. “Non si tratta di semplice contatto con la cute – ha spiegato ancora Ponziani – ci deve essere una commistione di sangue e in minor misura tramite rapporti sessuali. Per quanto riguarda la cura, ci sono farmaci altamente innovativi che con un brevissimo ciclo di terapia – 2 o al massimo 3 mesi – consentono di curare questa infezione virale con poche compresse al giorno direttamente a casa, in maniera efficace e sicura”.
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