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Paul Kagame, immarcescibile padre padrone dell’Uganda

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Il Presidente del Ruanda, Paul Kagame, può festeggiare la vittoria nelle elezioni presidenziali del 15 luglio con il 99,15% dei voti ottenuti. Lo certificano i risultati parziali ufficiali con il 79% delle schede elettorali scrutinate, martedì 16 luglio 2024. “I risultati indicano un numero di voti a mio favore molto alto. Non sono solo numeri, ma espressione di fiducia”, ha detto Kagame commentando il successo politico. In realtà, com’è evidente, una percentuale così alta di consensi fa pensare a possibili brogli elettorali di non piccole proprozioni.

Kagame, 66 anni, ha dominato la scena politica ruandese per oltre due decenni. Dopo aver preso il potere nel 2000, è stato rieletto con maggioranze schiaccianti nel 2003, 2010 e 2017. La sua leadership è spesso descritta come autoritaria e dittatoriale. Alcuni la giudicano efficace, con il Ruanda che ha visto significativi progressi economici e stabilità sotto il suo Governo. Tuttavia, questa stabilità ha avuto un costo, con frequenti critiche riguardanti la repressione delle libertà civili e politiche.

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Paul Kagame esprime il suo voto alla SOS Technical High School di Kigali, Ruanda, 15 luglio 2024. Foto Ansa/Daniel Irungu

Arresti e sparizioni forzate

La decisione di Kagame di correre per un quarto mandato non è stata priva di controversie. I critici, sia a livello nazionale che internazionale, sottolineano come la sua lunga permanenza al potere rappresenti una minaccia per la democrazia ruandese. Organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato arresti arbitrari, sparizioni forzate e restrizioni alla libertà di espressione come parte di una strategia per mantenere il controllo politico.

David Himbara, un dissidente ruandese, ha descritto Kagame come un leader determinato a rimanere in carica “fino alla morte. Come un dittatore a tutti gli effetti. Altri critici affermano che il Ruanda necessiti di una transizione democratica per prevenire potenziali instabilità future.

La strategia di Paul Kagame

Nonostante le critiche, Kagame gode ancora di un forte sostegno all’interno del Ruanda. La sua candidatura è stata ufficialmente accettata dalla Commissione Elettorale Nazionale, e il Presidente è stato accolto calorosamente durante i suoi eventi di campagna elettorale. Il Partito Patriottico Ruandese (RPF-Inkotanyi), di cui il capo dello Stato è leader, rimane una forza dominante nella politica ruandese.

Durante i comizi, Kagame ha enfatizzato i successi economici del suo Governo, tra cui la crescita del Prodotto interno lordo (Pil) e l’innovazione tecnologica. Il Presidente ha promesso di continuare a guidare il Ruanda verso una maggiore prosperità e stabilità.

Elezioni in Ruanda. Foto Ansa/Epa Daniel Irungu

Implicazioni internazionali

La presidenza Kagame ha implicazioni anche a livello regionale e internazionale. Come figura chiave nella politica africana, ha svolto ruoli importanti nell’Unione Africana e nella Comunità dell’Africa Orientale. La sua rielezione potrebbe influenzare le dinamiche politiche e economiche della regione.

A livello internazionale, il Ruanda è spesso visto come un modello di sviluppo post-conflitto. Tuttavia, le preoccupazioni riguardanti i diritti umani potrebbero complicare le relazioni del Paese con i donatori internazionali e le organizzazioni per i diritti umani.

Prospettive per il futuro

La candidatura di Kagame per un quarto mandato in qualità di presidente della Repubblica ha rappresentato un momento cruciale per il Ruanda. Mentre molti apprezzano la stabilità e il progresso economico raggiunti sotto la sua leadership, altri chiedono un cambiamento e maggiore apertura democratica. Le elezioni del 2024 sono state un test per il futuro politico del Ruanda e la sua capacità di bilanciare sviluppo e democrazia. I risultati di questo test non fanno ben sperare in quanto a trasparenza e democrazia nel paese africano.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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