L’amministrazione comunale di Venezia è al centro di un terremoto politico e giudiziario con pochi precedenti. L’assessore alla Mobilità e ai Trasporti, Renato Boraso, è stato arrestato il 16 luglio con accuse di corruzione, mentre il sindaco Luigi Brugnaro è indagato nell’ambito della stessa inchiesta.
Tutto ha origine da un’inchiesta per corruzione della procura di Venezia, guidata da Bruno Cherchi. L’indagine è legata alla vendita di aree pubbliche e di palazzi comunali in base a presunti favoritismi a imprenditori, anche stranieri. Il sindaco Luigi Brugnaro è sotto inchiesta, assieme a due funzionari del suo gabinetto: Morris Ceron e Derek Donadini. Nell’ambito della stessa indagine, portata avanti dalla Guardia di Finanza, ma in un filone diverso, è stato appunto emesso l’ordine di arrestato nei confronti dell’assessore comunale alla Mobilità Renato Boraso. In cella anche l’imprenditore edile Fabrizio Ormenese.
L’inchiesta di Venezia
Agli arresti domiciliari sono finiti invece altri 7 funzionari comunali e di partecipate pubbliche, tra le quali l’azienda dei trasporti comunale Actv. Per altri sei indagati è stata disposta l’interdizione per 12 mesi dai pubblici uffici. In tutto gli indagati sono 18; tra essi anche il direttore generale dell’Actv, Giovanni Seno, e il responsabile del settore appalti, Fabio Cacco. Una bufera, per proporzioni e portata politica, seconda solo all’inchiesta sugli appalti del Mose, che 10 anni fece scattare 35 arresti in laguna.
All’assessore Boraso, ex Forza Italia transitato sotto le insegne della Lista Brugnaro e in Coraggio Italia – movimento fondato da Brugnaro assieme al governatore ligure Giovanni Toti – la Procura di Venezia contesta 11 episodi. Di corruzione, concussione e autoriciclaggio. Vicende dal 2015 a oggi tra cui la vendita al ribasso di Palazzo Papadopoli, che vede coinvolti in un altro filone anche il sindaco Luigi Brugnaro e il suo capo di gabinetto Morris Ceron.
Le intercettazioni su Brugnaro
Per la pubblica accusa Boraso, all’epoca assessore al Patrimonio, si sarebbe fatto consegnare 73.200 euro dagli emissari del magnate di Singapore Chiat Kwong Ching. Il tutto per il tramite di fatture alla sua società Stella consulting per consulenze inesistenti, nel 2017 e nel 2018. Cifre poi girate ad altre due sue aziende. “Ha sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati” è la durissima accusa del Gip. E in un’intercettazione il sindaco lo mette in guardia: “Tu non mi ascolti, tu non capisci un c… Mi stanno domandando che tu domandi soldi, tu non ti rendi conto, rischi troppo… Se io ti dico di stare attento, ti devi controllare“.
Per Brugnaro, Ceron e Donadini, la vicenda oggetto d’indagine è quella dell’area dei Pili, comprata dall’imprenditore di Umana quando non era ancora in politica, a soli 5 milioni. E poi zona di lottizzazione, per la quale Brugnaro aveva avviato una trattativa (fallita) sempre con Chiat Kwong Ching. Quattro ettari e mezzo di terreni, inquinati dalle lavorazioni di Marghera, finiti sotto il controllo di Porta di Venezia, facente sempre capo a Brugnaro, ma con “gestore di fatto” – scrive la Procura – il vice capo di gabinetto in Comune Derek Donadini. Dal 2017 anch’essa in mano al blind trust di diritto newyorkese creato dal sindaco per parare le accuse di conflitto di interessi.
Proprio sui meccanismi del blind trust indaga ora la Gdf. Brugnaro, Ceron e Donadini, è scritto nell’ordinanza, “concordavano con Ching il versamento di un prezzo di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare il raddoppio dell’edificabilità e l’adozione delle varianti urbanistiche necessarie per l’approvazione del progetto edilizio“.
🔴 Appalti e corruzione, venti misure cautelari a Venezia per la vendita di Palazzo Papadopoli. Coinvolto anche l’assessore Boraso
Report ne aveva palato nell’inchiesta “C’era un cinese a Venezia”: https://t.co/kN6y1dLck6 pic.twitter.com/bG4J6G4IP1— Report (@reportrai3) July 16, 2024
Perché i pm coinvolgono il sindaco
Brugnaro si dice “esterrefatto” e aggiunge: “so di aver sempre svolto e di continuare a svolgere l’incarico di sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici“. E sull’area Pili di sua proprietà precisa: “Quella è un’area già edificabile da prima della mia amministrazione“.
Tuttavia, secondo i magistrati, gli stessi Brugnaro, Ceron e Donadini, in un incontro a Venezia “concordavano con Ching la cessione dell’immobile comunale Palazzo Papadopoli al prezzo di oltre 10 milioni di euro, inferiore al valore di 14 milioni (…). E ciò al fine di facilitare le trattative con Ching per la cessione del terreni dei Pili, di proprietà del Brugnaro“. Un riduzione del valore dell’immobile effettivamente avvenuta, tramite “atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere da Brugnaro, da Ceron e Donadini, che agivano per conto del primo“.