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Sequestro Orlandi, l’ex pm Capaldo: “La banda della Magliana non c’entra niente”

Si tratterebbe invece di una "vicenda personale di De Pedis". Il boss della avrebbe fatto un 'servizio' a qualcuno senza neppure sapere perché

“Con la vicenda Orlandi secondo me c’entra Enrico De Pedis non la banda della Magliana”. Lo ha detto Giancarlo Capaldo, già procuratore aggiunto presso la procura di Roma. Fu contitolare del procedimento relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. La Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa delle due ragazze ha ascoltato l’ex procuratore, il quale ha detto che quella di Emanuela Orlandi “è una vicenda personale di Enrico De Pedis”.

La presenza di De Pedis “non è perché la banda della Magliana vuole ricattare qualcuno come il Papa e il Vaticano. È un altro genere di attività che viene messa in campo“, ha sottolineato Capaldo. Secondo lui “De Pedis ha avuto il ruolo di organizzare il prelevamento e il sequestro della ragazza e poi la restituzione della ragazza a una persona non identificata“. De Pedis “non sapeva neppure perché Emanuela Orlandi era stata sequestrata. E non ha partecipato alla gestione di eventuali trattative successive. È da vedere come colui che ha organizzato, sul piano materiale, un servizio di basso livello ma molto utile e particolare per qualcuno“.

Orlandi Commissione inchiesta
L’ex pm di Roma Giancarlo Capaldo. Foto X @antimafia2000

Capaldo e la presunta trattativa

Capaldo ha sottolineato anche che Sabrina Minardi (ex fidanzata di De Pedis) “non è attendibile in tutto, ma la ritengo attendibile su alcuni dati principali“. “I nomi sono quelli del capo della Gendarmeria vaticana di allora, Giani (Domenico, ndr.) e del vice capo di allora della Gendarmeria vaticana Alessandrini” (Costanzo, ndr.). Così Capaldo ha risposto alla domanda del presidente della Commissione Andrea De Priamo che gli chiedeva i nomi dei rappresentanti del Vaticano che incontrò sul caso Orlandi e sulla vicenda della tomba di Enrico De Pedis. nella basilica di Sant’Apollinare.

L’ex procuratore ha ripercorso la vicenda: “In quel periodo storico, siamo agli inizi del 2012, ero il procuratore reggente di Roma e mi fu chiesto da Giani se poteva venire a colloquio con me perché aveva piacere di parlare con me sulla vicenda Orlandi. Telefonò e prese un appuntamento per una certa data sia perché ero titolare del procedimento sia perché ero il procuratore pro tempore facente funzioni“. All’incontro “si presentò non solo Giani ma anche Alessandrini e che fu ricevuto ufficialmente in procura. A questo incontro fu presente anche Simona Maisto che io chiamai appositamente perché era la contitolare del procedimento sulla Orlandi“.

Giani fu incaricato da padre Georg

Capaldo ha quindi precisato un particolare fondamentale circa la presunta trattativa che, a suo dire, il Vaticano avrebbe voluto intavolare sul caso Orlandi. “Giani mi fece presente che non veniva in base a una iniziativa personale ma perché incaricato da padre Georg, segretario di Ratzinger, per segnalare che il Vaticano era preoccupato da una serie di valutazioni che sulla stampa si facevano sul Vaticano come ente poco collaborativo sulla vicenda di Emanuela.

Capaldo caso Orlandi Vaticano
Foto Ansa/Massimo Percossi

“Giani mi chiese di fare aprire la tomba di De Pedis, sepolto nella Basilica di Santa Apollinare. A questa domanda prospettai a Giani che il motivo” per cui coloro che volevano aprire la tomba volevano farlo era “per capire se nella tomba fosse sepolta anche la salma di Orlandi“.

Io segnalai che questa circostanza la ritenevo inverosimile posto che Orlandi era sparita nell’83 e De Pedis fu ucciso nel febbraio del ’90” ha continuato Capaldo. Secondo lui il Vaticano voleva aprire la tomba perché “potesse essere più facile traslarla. Il Vaticano non voleva sostanzialmente la responsabilità di adottare di autorità un provvedimento di traslazione“.

Capaldo e Giani

Giancarlo Capaldo ha quindi proseguito sottolineando: “Riferii a Giani che non era per me una priorità nelle indagini aprire la tomba di De Pedis. E lo invitai a valutare che, come magistratura italiana, non avevamo mai avuto un reale aiuto nelle rogatorie“. Sostanzialmente l’ex magistrato disse a Giani: “‘Lei mi chiede collaborazione, io le chiedo una collaborazione per fare una valutazione complessiva’ anche perché da varie fonti ci risultava che il Vaticano fosse in possesso di un fascicolo“. “Giani – ha ricordato infine Capaldomi disse che ne avrebbe parlato con padre Georg, e alcuni giorni dopo mi fece sapere che era d’accordo nel procedere così. Dopo di che non ho avuto più notizie“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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