Sergio Assisi: «Nel mio film ‘Il mio regno per una farfalla, ho omaggiato Gigi Proietti»
In esclusiva a VelvetMAG l'attore nonché regista del suo ultimo film per il grande schermo
Sergio Assisi dopo dieci anni circa dal suo ‘dietro la macchina da presa’, è tornato a dirigere il suo film, dal titolo Il mio regno per una farfalla. Non solo regista ma anche protagonista del suo stesso lungometraggio che ha il sapore della commedia, nel quale, Assisi, interpreta un neo cinquantenne dal nome Sasà. Ma quante caratteristiche di questo personaggio si innervano nella personalità del nostro attore e regista? Lo scopriamo insieme a lui, nel corso di questa intervista.
Prodotto da Gianluca Varriale e Alessandro Riccardi per VARGO in collaborazione con Quisquilie Production e distribuito da Veikula Distribution, il film Il mio regno per una farfalla si avvale di un ricco cast, composto da Federica De Benedittis, Giuseppe Cantore, Tosca D’Aquino, Barbara Foria, Anna Tangredi, e con Gianni Ferreri e Magdalena Grochowska, con la partecipazione di Armando Pugliese e Benedetto Casillo, di Nunzia Schiano e Giobbe Covatta. Sergio Assisi è il protagonista nonché, anche regista del film.
Interpreta Sasà, nobile decaduto e figlio illegittimo del Barone Belladonna. Nato e cresciuto sull’isola di Ischia, si vanta di esserne il Re e ha eletto a sua reggia la suite di uno storico albergo fondato dal padre. Con i suoi occhioni dolci e la sua faccia da schiaffi, Sasà seduce a suo modo un po’ tutti. Dal tavolino del bar in piazzetta, che ha istituito a suo ufficio, dietro “libere” donazioni, elargisce fantasiosi consigli. Donnaiolo, bugiardo incallito senza il becco di un quattrino, Sasà è un maestro di improvvisazione, ma dotato di una simpatia irresistibile e di una dialettica shakesperiana tale da riuscire sempre a volgere le situazioni in proprio favore.
Sono tanti i personaggi che ruotano attorno a lui: un amico fedele e compagno di avventure che noleggia il suo gozzo per i turisti, uno strampalato avvocato, una fidanzata che, sostenuta da una madre risoluta, vuole assolutamente sposarlo, una direttrice d’albergo che proprio non lo sopporta, un parroco non convenzionale, una zia che vuole privarlo di tutto. E l’amore vero? Nella storia di Sergio Assisi certo che arriva e lo fa all’improvviso, tanto da destabilizzare il suo regno.
L’attore ci delizia con una commedia, che tra una citazione e l’altra, un riprendere concetti dei ‘sommi’ e con l’allegria che esprime il personaggio protagonista ci porta a profonde riflessioni sulla vita, sulla quotidianità che noi tutti viviamo oggi. Sergio Assisi ha tanto da dire! E a iniziato a farlo attraverso il suo film come ci ha raccontato nel corso di questa intervista: “È che io ho tanto da dire. Quale però è il modo in cui ho scelto di comunicarlo? Attraverso qualcosa che sembra all’apparenza, molto più stupido, molto più leggero. Invece è molto più complesso ed è molto più articolato di quanto sembra come in questo film. Io ho utilizzato un mezzo che è la comicità, l’allegria per far passare una serie di cose, concetti, pensieri, di messaggi subliminali, che poi passa o non passa, non mi interessa. Io lo faccio, poi, chi coglie, coglie”.
Sergio Assisi per VelvetMAG
Se dovesse parlarmi della genesi del suo film, Il mio regno per una farfalla?
La genesi nasce in realtà da tanti anni. Nel senso che era una cosa scritta – pensa – per un trentenne, che poi è diventato un trentacinquenne, un quarantenne. Però, penso che poi, le cose, debbano arrivare nel momento in cui arrivano. E credo che sia il momento giusto, infatti, alla luce del poi, alla luce dell’oggi, sono contento di essere riuscito – oggi – a 50 anni e non prima, perché il personaggio funziona di più, fa ridere più. Perché il personaggio è ancora più – come dire – tra virgolette, tragicomico. Questo narcisista cinquantenne che fa fatica ad accettare il tempo che passa. Se l’avessi fatto prima non avrebbe avuto lo stesso impatto e la stessa forza.
Quindi, diciamo che con lei è cresciuto anche Sasà (protagonista del film, n.d.r).
Lo conosco da sempre! C’è tanto ovviamente, ma non del mio carattere reale, ma del di quello che poi uno potrebbe essere. In noi convivono tre persone, non una: quello che siamo, quello che crediamo di essere e quello che invece mostriamo agli altri. Quindi, in realtà, è una lotta continua tra tre personalità.
Citazioni, frasi celebri ne Il mio regno per una farfalla e Sasà a ‘braccetto’ con Shakespeare.
Nel corso del film è in rilievo, tantissimo, la presenza di citazioni, detti popolari e, le così tanto e spesso ritenute antipatiche da molti, frasi fatte. Perché tutta questa attenzione nel metterle in risalto in tutta la narrazione?
La mia sono tutte critiche, tutte subliminali a varie cose. Come per esempio questo bisogno innato dalle nuove generazioni – oggi – dell’estremo aver bisogno di frasi che – appunto – dicono gli altri. Frasi di uomini illuminati del tempo passato. Perché secondo te? Perché oggi personaggi illuminati, persone illuminate non ce ne sono. Oppure sono pochissime. Invece nel tempo passato ce ne sono state tante e hanno espresso già tutti i concetti filosofici, concetti sulla vita, sulla morte, sulla saggezza. Insomma, su tutto. E oggi, i giovani per esempio, su sui social, si riempiono di frasi continue, hanno bisogno di leggere e di scriversi davanti queste frasi dette da altri. Perché? Per trovare la forza, trovare la saggezza e la verità in parole di persone illuminate di un tempo.
E nel film, che fai, non metti Shakespeare? Che è la somma di tutto e che ha scritto su tutto. Difatti, ad ogni argomento c’è una frase ad hoc, una battuta ad hoc di una tragedia di Shakespeare. E questo è meraviglioso! Il personaggio Sasà ad ogni situazione che accade tira fuori, aggiusta, una precisa frase di Shakespeare che è perfetta per quella occasione. Quindi, quello che voglio dire, è che in realtà, i posteri, già hanno detto tutto, ci hanno detto tutto. Il fatto è che noi stiamo vivendo – a mio parere e non è solo il mio parere – di nuovo un nuovo medioevo della cultura e della libertà. Resa come, ormai, uno sdoganamento del nulla. Il nulla che avanza.
Da dove nasce la genuinità dell’opera?
Innanzitutto rispetto al primo film, che era autoprodotto e quindi – me lo dico da solo – ho avuto il coraggio anche di produrmi il primo film perché non c’era nessuno che credeva in me. Questa volta mi sono trovato i produttori che hanno creduto in me e in quello che volevo portare sul grande schermo e al pubblico. Da lì, l’unione di queste cose. Casuale, non casuale, non lo so. E’ capitato che dovetti fare una partecipazione per un film facendo un favore a degli amici e proprio lì, in quell’occasione, conobbi i produttori che hanno reso possibile la realizzazione del mio secondo film, quindi il mio sogno. Penso che sia comunque tutto collegato. Ogni cosa che accada, in qualche modo prima o dopo, poi dopo capisci a cosa serviva quello che è successo prima.
E questo nella genialità. Per esempio lo ha espresso il regista e l’autore del film indiano The Millionaire. E quello che cos’è? E’ stato un genio perché ha espresso quello che è il mio pensiero da sempre: qualsiasi cosa che ti succede, anche la più stupida, piccola nella vita, poi, ad un certo punto, scopri che poteva servire a qualche altra cosa. Che c’entra con il film? C’entra, perché – ripeto – è tutto collegato.
Destino? No, Sergio Assisi lo chiamerebbe Karma.
Crede nel destino?
Sì e no. È complesso il discorso perché dire destino allora significa che noi siamo delle marionette che camminano su delle strade preconfezionate, precostruite e quindi ognuno verso il proprio destino. Sarebbe abbastanza triste questa cosa. Più che destino, io lo chiamerei – impropriamente – forse Karma. Come dire, attraverso le energie che emaniamo, che lasciamo sulla terra, una memoria cellulare passata, nel futuro si ripercuote.
Una commedia oggi, al cinema, perché?
Perché la commedia oggi al cinema? Perché il cinema rimane un posto di sogno. Rimane uno di quei posti che avrebbero conservati – come dire – nella memoria e nella nella realtà da consegnare alle nuove generazioni. C’è un posto dove tu veramente puoi isolarti con te stesso, con le persone a cui vuoi bene, con gli amici e stare al buio senza cellulare per due ore e concentrarti su una cosa che non sia te stesso, la tua vanità o il tuo social, o il tuo TikTok, o le tue foto al ristorante con la pizza per farti vedere al mondo quanto sei bravo. E invece stai lì chiuso, in silenzio, con la luce negli occhi che è la luce dei sogni, delle stelle, e ti stai 100 minuti a sorridere, magari, a riflettere.
Assisi: «Ischia, è l’isola che ti lascia fuori dal resto del mondo. Ti fa scendere un po’ dentro di te».
Ischia è la location del suo film, il centro nevralgico nel quale si sviluppa la storia. Vorrei sapere cosa è per lei questa isola.
Ischia rappresenta la mia infanzia. Tante delle mie giornate di vacanze estive con gli amici, con i miei cugini, con le persone con cui stavo bene passavamo e le passo ancora tutt’ora a Ischia. Ischia è un’archetipo, è l’isola che ti lascia fuori dal resto del mondo. Ti isola. Ischia ti fa concentrare sulle cose belle che ci sono, su te stesso, sul tuo piacere, sul tuo godimento dei piccoli momenti. Ti fa godere del mare, del sole, delle cose belle e semplici. Sei lì, in una distrazione minore rispetto a una grande città che è sempre in movimento perenne e dove puoi scappare continuamente, fuggire, che poi da dove, non si sa. E invece sull’isola sei quasi costretto in un certo qual modo, positivamente parlando, a scendere un po’ dentro di te.
L’erede dei Belladonna entra in scena sulle note di Voglio vivere così. Lei Sergio, ritorna alla regia dopo 10 anni su quali note?
Sotto proprio quelle note. Pensa che la scena iniziale è stata la più complicata del film perché volevo concentrare sottoforma di quasi videoclip musicale, di musical, facendo il verso con i pochi mezzi che ho avuto a disposizione rispetto ai mezzi per esempio di La La Land (musical romantico con Emma Stone e Ryan Gosling, 2016, n.d.r). Ho voluto fare un piccolo accenno anche a quello. Un videoclip, quindi, che concentrasse in tre minuti, due minuti e mezzo, il tempo di una canzone che adoro (Voglio vivere così col sole in fronte, n.d.r.) e che è l’essenza – secondo me – di quello a cui dovremmo tornare noi, anziché con la luce del telefonino, quella del sole. Lo so, sono molto filosofico (ridiamo, n.d.r). Ti sto raccontando veramente tutto quello che c’è nel film.
Come ultima domanda le chiedo Sergio se anche il cast, in questi anni, è cambiato prima di pronunciare il primo “Azione”?
Assolutamente sì. Anche se devo dire che – in questo sono sempre stato molto preciso – io lavoro un poco al contrario. Io so, quello che possono darmi gli attori. Quindi sì, il cast è cambiato negli anni. Poi è arrivato un momento in cui lo lesse Gigi Proietti che doveva fare un personaggio nel film e poi, purtroppo, non è stato possibile tant’è che ho fatto un omaggio a lui, un monologo finale ne Il mio regno per una farfalla tratto dal film Febbre da cavallo dove parlo della verità. Sostituito egregiamente da Barbara Foria che le ho fatto fare un personaggio cattivo per la prima volta nella sua carriera e ancora mi ringrazia perché la stanno chiamando per ruoli da cattiva.