La Lega ritira il DDL sui nomi femminili: una proposta al limite del ridicolo
Brutta figura del sentore Manfredi Potenti sconfessato dal suo stesso parito
Recentemente, la Lega ha presentato un disegno di legge (DDL) che mirava a vietare l’uso dei nomi femminili per le cariche pubbliche, come “sindaca” o “avvocata”. La proposta ha suscitato immediate polemiche e critiche sia all’interno che all’esterno del partito. Di fronte alla crescente opposizione, la Lega ha deciso di ritirare il DDL, definendo l’iniziativa del senatore Potenti come “personale” e non rappresentativa della linea ufficiale del partito.
Il disegno di legge presentato dal senatore Manfredi Potenti della Lega proponeva il divieto di utilizzare termini al femminile per le cariche pubbliche, ritenendo che tali denominazioni fossero inopportune e non conformi alla lingua italiana. La proposta includeva sanzioni fino a 5000 euro per chi avesse continuato a utilizzare termini come “sindaca“, “avvocata” o “rettrice“. Secondo Potenti, l’uso dei nomi femminili avrebbe creato confusione e non rispettato le regole grammaticali tradizionali. Tuttavia, l’iniziativa ha immediatamente scatenato reazioni contrastanti. Oppositori del DDL hanno sottolineato che la proposta era sessista e mirava a ridurre la visibilità e il riconoscimento delle donne in posizioni di potere.
La reazione al DDL
La presentazione del DDL ha sollevato un’ondata di critiche da parte di vari esponenti politici, attivisti e semplici cittadini. Diverse organizzazioni per i diritti delle donne hanno denunciato la proposta come un attacco diretto alla parità di genere. Anche all’interno della stessa Lega, sono emerse voci di dissenso che hanno portato a un confronto acceso sul tema.
Laura Boldrini, deputata del Partito Democratico, ha definito la proposta “ridicola” e un chiaro segno di arretratezza culturale. Francesca Pascale, ex compagna di Silvio Berlusconi, ha criticato duramente il DDL, affermando che era un tentativo di ostacolare i progressi fatti dalle donne negli ultimi decenni.
Le motivazioni della Lega
Di fronte alle crescenti critiche e al rischio di divisioni interne, i vertici della Lega hanno deciso di ritirare il disegno di legge. In una dichiarazione ufficiale, il partito ha chiarito che l’iniziativa del senatore Potenti non era stata condivisa e che non rispecchiava la linea ufficiale della Lega. Secondo il comunicato, la proposta era frutto di una decisione personale del senatore e non aveva ricevuto l’approvazione necessaria per procedere.
Barbara Saltamartini, deputata della Lega, ha spiegato che il ritiro del DDL era necessario per evitare ulteriori polemiche e concentrarsi su questioni più urgenti per il Paese. Ha inoltre sottolineato che il partito rimane impegnato nella promozione della parità di genere, ma attraverso modalità diverse e più costruttive.
Le conseguenze del DDL ritirato
Il ritiro del disegno di legge ha avuto diverse conseguenze politiche. Da un lato, ha evitato ulteriori frizioni all’interno del partito e ha placato le critiche esterne. Dall’altro lato, ha sollevato dubbi sulla coerenza e l’unità della Lega su temi sensibili come la parità di genere. Gli avversari politici hanno colto l’opportunità per criticare la gestione del partito e sottolineare le divisioni interne. Alessandro Zan, deputato del Partito Democratico e promotore del DDL Zan contro l’omotransfobia, ha affermato che la vicenda dimostra come la Lega sia ancora lontana dall’adottare una visione moderna e inclusiva della società.