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Covid, i contagi a +62% in una settimana. “Ma non c’è allarme”

Situazione al momento sotto controllo. Le vere emergenze sono altre, come la resistenza del nostro organismo agli antibiotici

L’Italia, come molti altri Paesi, sta affrontando una nuova ondata di contagi da Covid-19. I dati aggiornati al 24 luglio 2024 mostrano un incremento significativo dei nuovi casi. Non ci sono però allarmi gravi da segnalare.

Nella settimana tra l’11 e il 17 luglio, si sono registrati quasi 9mila casi (8.942) , il 62% in più rispetto ai 7 giorni precedenti quando i casi erano 5.503. I morti sono 40, contro i 33 della settimana precedente (il 21% in più). Questo quanto riportato dal bollettino aggiornato del ministero della Salute sull’andamento di Covid nel nostro Paese. Ma dobbiamo preoccuparci? Sull’aumento di nuovi casi di Covid “non ho avuto alcun tipo di alert. Da quello che raccolgo dal mio assessorato mi sembra di capire che si tratti comunque di sintomi molto leggeri e che si tratti, sostanzialmente, di una sorta di influenza, ma è chiaro che è fastidiosa”, ha affermato il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana. “Bisogna sempre stare attenti e fare le valutazioni del caso”, ha poi raccomandato il governatore lombardo.

Covid in Italia pandemia del 2020-2021
Infermieri italiani nel 2021, in piena pandemia di Covid. Foto Ansa/Giuseppe Lami

Covid, che fare

Secondo Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell’Università Statale di Milano, in questa fase “stiamo assistendo a un rialzo dei casi Covid. Ma sicuramente non a una situazione emergenziale. Questo anche perché abbiamo tutti acquisito un’immunità ibrida, cioè abbiamo già sperimentato pregresse infezioni o vaccinazioni o vaccinazioni-infezioni. E quindi un po’ di capacità di risposta al virus ce la siamo costruita“, ha evidenziato il virologo all’Adnkronos Salute.

Pregliasco virus Covid
Fabrizio Pregliasco. Foto Ansa/Matteo Bazzi

Il coronavirus, però, “purtroppo ogni 4-6 mesi si rimette al centro della scena. Circola una variante con caratteristiche di immunoevasività, cioè in grado di schivare questa nostra capacità di risposta. Da qui l’aumento dei casi. Per fortuna nella gran parte degli episodi l’infezione si dimostra meno problematica che in passato per la salute. Da un lato noi siamo un po’ più attrezzati – spiega l’esperto – dall’altro il virus è un po’ più ‘buono’. Di conseguenza la gran parte dei casi scivola via senza complicanze, anche se non mancano manifestazioni abbastanza importanti dal punto di vista della sintomatologia, un po’ come all’inizio del Covid, anche per i più giovani“, ha precisato.

Bassetti: “Non è il Covid di 4 anni fa

È una visione arcaica del Covid quella di considerarlo ancora uno spauracchio. Così si lascia spazio ai complottisti. Se continuiamo a dare credito alle opinioni di chi mette in guardia e annuncia ondate pazzesche di Covid finiremo con accreditare il pensiero di negazionisti, no vax e no mask. Del tipo, avete visto che vaccinarsi non è servito a nulla? Che le restrizioni erano inutili se il virus è ancora qui?“, ha affermato Matteo Bassetti, infettivologo del San Martino di Genova, in un’intervista al quotidiano ‘Il Corriere della Sera’.

La resistenza agli antibiotici

Voltiamo pagina, parliamo delle emergenze vere. Come l’antibiotico-resistenza. Che senso ha lanciare allarmi per una malattia che fa colare il naso per due giorni? Che senso hanno i tamponi? Non ha nessun senso fare il tampone se la persona è sana e ha meno di 65 anni, età indicativa. Ha senso cercare la diagnosi nel caso degli ultra ottantenni, i cosiddetti grandi anziani, o dei fragili con malattie importanti o ancora degli immunodepressi ha concluso Bassetti. “Il virus c’è e infetta. Non è una novità né una sorpresa. Però non c’é rischio. E lo dico da medico che ha visto tanti pazienti morire in ospedale di polmonite. Adesso non ne vedo neppure uno. Convincetevi, il Covid è finito. In Austria, Francia, Svezia e altrove in Europa il Covid non se lo fila più nessuno”.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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