La regione mediorientale è crollata di nuovo in un profondo caos. Le ultime vittime causate dagli attacchi di Israele come Fouad Shoukr, membro del Consiglio della Shura di Hezbollah in Libano, e quella di uno dei capi politici di Hamas, Ismail Haniyeh. Entrambe avvenute mentre ai tavoli dei negoziati, con la mediazione del Qatar, si parlava di un possibile vicino cessate il fuoco a Gaza. Ora gettano ulteriore benzina sui già precarissimi equilibri della regione.

Ismail Haniyeh/ FOTO ANSA

Assassinato nella notte di martedì da Israele mentre si trovava in un alloggio nel nord di Teheran, l’uccisione di Ismail Haniyeh, contiene delle implicazioni di enorme portata. E sarà percepito da Teheran come un palese atto di guerra. Israele infatti non ha scelto a caso ne il luogo ne tantomeno il momento. Tel Aviv avrebbe potuto uccidere Haniyeh in decine di altre occasioni, specie quando si trovava in Qatar. E se ha scelto di farlo in territorio iraniano è per ragioni precise, che rispondono a un preoccupante tentativo di escalation. E c’è chi ipotizza infatti una crepa all’interno del partito democratico USA nei confronti delle iniziative spregiudicate del premier Netanyahu.

Israele sfrutta la debolezza dei Democratici e gli attacchi distruggono i negoziati

L’attentato israeliano ai danni di Fouad Shoukr, membro del Consiglio della Shura di Hezbollah in Libano, che già aveva contributo a incendiare gli animi tra Tel Aviv e Beirut. Lasciando temere l’apertura di un possibile fronte tra il Nord di Israele e il sud del Libano. Non è paragonabile alla portata del significato politico oggi dell’uccisione mirata del leader politico di Hamas,  Ismail Haniyeh. Se il primo infatti poteva essere “giustificato” da Tel Aviv come un obbiettivo chirurgico di una delle menti operative di Hezbollah, in grado di generare un vantaggio tattico militare per Israele nelle guerriglie con la milizia al confine. L’attentato ad Haniyeh è l’omicidio di un politico senza nessuna influenza nelle strategie militari di Hamas e sarà perciò percepito da Teheran come un vero e proprio atto di guerra.

Netanyahu e Joe Biden/ FOTO ANSA

Gli USA, hanno fatto subito sapere di non essere stati avvertiti delle iniziative belliche del governo israeliano, ma onestamente si fa molta fatica a crederlo. Gli esperti temono infatti che queste ripetute rappresaglie da parte del governo Netanyahu al contrario potrebbero segnalare una inquietante inversione di postura da parte degli Stati Uniti. Che da una parte, alla pari dell’Iran, non hanno niente da guadagnare dall’allargamento del conflitto. Ma dall’altra è pur vero che in vista delle elezioni, anche le potentissime lobby filo-israeliane, prima fra tutte l’AIPAC, sono essenziali per la vittoria. Ed è ben nota l’affinità politica tra Trump e Netanyahu. In questo momento l’ex presidente USA fautore dei Patti di Abramo è senza alcun dubbio in pole position rispetto alla candidata dei Dem Kamala Harris. è possibile dunque che l’amministrazione Biden abbia acconsentito ad ammorbidire la linea con Netanyahu in cambio di un appoggio interno?

Netanyahu sta prolungando lo stato di emergenza con l’Iran

Sicuramente con questa azione ad oggi un cessate il fuoco a Gaza sembra impossibile. Dopotutto al presidente Netanyahu, sopratutto in attesa del probabile arrivo di Trump, non rimane alcuna opzione se non quella di mantenere e prolungare lo stato di guerra. Provocando via via ulteriori escalation che cristallizzino lo “stato di emergenza”. Ma scegliere per l’ennesima volta un obbiettivo in territorio iraniano stavolta potrebbe costare molto caro alla regione mediorientale. Non è la prima volta che Israele colpisce in territorio iraniano delle personalità politiche o civili. Ma l’uccisione di Haniyeh ha scioccato l’establishment iraniano, che credeva ormai di aver archiviato la partita con Israele sul proprio territorio, dopo il massiccio bombardamento sul cielo di Tel Aviv ad Aprile. In risposta all’attentato dello Stato ebraico ai danni dell’ambasciata iraniana a Damasco.

Esercito israeliano/ FOTO ANSA