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Caso Mirella Gregori: emergono bugie, contraddizioni e reticenze in chi era vicino alla ragazza

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Fra i mesi di giugno, luglio e fino a giovedì 1° agosto, la Commissione d’inchiesta parlamentare (bicamerale) sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori ha proseguito le sue audizioni. E ha scoperchiato un quadro di menzogne e di ‘non ricordo’ dai contorni inquietanti. Alle audizioni hanno preso parte diversi testimoni chiave del contesto in cui avvennero le sparizioni di Emanuela e Mirella. Come è noto si tratta delle due 15enni scomparse a Roma nel nulla e di cui ancora oggi nulla si sa di certo, malgrado 4 decenni di indagini.

De Rosa, dichiarazioni fasulle

Fra i testimoni auditi, Fabio De Rosa, nel 1983 fidanzato di Sonia De Vito, amica di Mirella Gregori. La Commissione ha contestato a De Rosa diverse affermazioni ritenendole menzognere. Anche Sonia De Vito, riporta Repubblica, si sarebbe mostrata quantomeno reticente, persino sul suo legame di amicizia con Mirella Gregori quand’erano ragazze.

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I manifesti che furono affissi in tutta Roma dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi (22 giugno 1983) e di Mirella Gregori (7 maggio 1983). Foto Ansa

Durante le udienze Fabio De Rosa ha subito serrati interrogatori. Le sue dichiarazioni sono apparse contraddittorie, soprattutto per quanto riguarda le sue presunte avances che la povera Mirella, poi scomparsa, aveva respinto, e circa le discrepanze sugli orari dei fatti raccontati. De Rosa ha cercato di difendere la sua versione, ma le domande incalzanti dei membri della commissione hanno evidenziato incongruenze significative. I membri della Commissione nutrono seri dubbi persino sulla stessa Sonia De Vito.

Martella e l'”intrigo internazionale

Un altro intervento in Commissione è stato quello del giudice Ilario Martella che indagò sui casi Orlandi e Gregori fra il 1985 e il 1990. “Elementi fondati portano a ritenere che le due ragazze siano state sacrificate a qualche cosa di incredibile ma che si può definire ragion di Stato” ha dichiarato Martella. “Io ritengo che ci si trovi, come ebbe a dire Giovanni Paolo II nell’abitazione della famiglia Orlandi, davanti a un intrigo internazionale“.

Si tratta di una tesi arcinota senza riscontri probatori definitivi che, secondo alcuni osservatori e giornalisti, come Pino Nicotri, altro non sarebbe che un sostanziale depistaggio, consapevole o inconsapevole, dalla verità, molto più prosaica.

Il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo (al centro) è il presidente della Commissione bicamerale di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Foto Ansa

E cioè che Emanuela Orlandi e forse anche Mirella Gregori non sarebbero state affatto rapite, bensì ingannate da qualcuno che conoscevano, e sarebbero state vittime di abusi e poi uccise in modo non dissimile da quanto avveniva per altre ragazze delle loro età nell’Italia di questi tempi. Invece per Martella, che indagò anche sull’attentato a Giovanni Paolo II del 1981 a opera del terrorista turco Ali Agca, la tesi dell’intrigo internazionale è fondamentale.

Casi Orlandi e Gregori, il contesto

Il caso Orlandi Gregori rimane uno dei più misteriosi e controversi della storia italiana. Le due ragazze scomparvero nel 1983 in circostanze ancora oggi misteriose. Le indagini, tra piste internazionali e depistaggi, hanno coinvolto la criminalità organizzata, il Vaticano e i servizi segreti di vari paesi. La Commissione d’inchiesta, istituita per fare luce su questi eventi, sta cercando di districare una rete complessa di intrighi e misteri, con l’obiettivo di restituire giustizia alle famiglie delle vittime. Le audizioni del 1° agosto rappresentano un ulteriore passo in questo lungo cammino, e mantengono viva la speranza che un giorno la verità possa emergere e che le famiglie di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori possano finalmente trovare pace.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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