Melancholy, Courtesy of Press Office
E’ in programma per il prossimo autunno a Palazzo Reale una grande retrospettiva senza precedenti: Munch. Il grido interiore. L’esposizione di Munch a Milano svelerà l’inquietudine del maestro norvegese e la sua grandezza artistica. Attraverso l’ampia mostra, che coinvolgerà cento fra le opere più iconiche della sua produzione, il pubblico potrà esplorare l’intero percorso umano e creativo di Munch.
La retrospettiva, visitabile dal 14 settembre 2024 fino al 26 gennaio 2025, presenterà al pubblico un ricco corpus di opere del noto artista norvegese, a distanza di oltre quarant’anni dall’ultima monografica a lui dedicata nel capoluogo lombardo.
Già indicata come una delle mostre imperdibili del 2024, l’esposizione a Palazzo Reale sul grande precursore dell’Espressionismo esalterà la sua capacità di interpretare i tormenti interiori dell’essere umano, realizzando opere ricche di simboli e colori accesi. Edvard Munch (Norvegia, 1863-1944) sarà celebrato con questa grande retrospettiva promossa dal Comune di Milano-Cultura, con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma. La mostra è prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia in collaborazione con il Museo Munch di Oslo.
Protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, Munch, oltre ad essere considerato un precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento, é l’interprete per antonomasia delle più profonde inquietudini dell’animo umano.
La vita di Munch è stata segnata da grandi dolori che lo hanno trascinato ai limiti della follia: la perdita prematura della madre e della sorella, la tragica morte del padre, la tormentata relazione con la fidanzata Tulla Larsen. Tutto ha contribuito a formare la poetica di Munch, che riuscirà a esprimere, grazie a un eccezionale talento, il suo grido interiore trasformandolo in opere d’arte. I suoi volti senza sguardo, i paesaggi stralunati, l’uso potente del colore riescono a raggiungere ogni essere umano, trasformando le sue opere in messaggi universali, il malessere esistenziale che affligge ogni persona. È questo che ha determinato la grandezza di Munch, rendendolo uno degli artisti più iconici del Novecento.
La mostra, curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, racconterà tutto l’universo dell’artista, il suo percorso umano e la sua produzione, e lo farà attraverso cento opere, tra cui una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo (1895), ma anche La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–19249), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901) e Danza sulla spiaggia (1904). Ad arricchire la mostra milanese è previsto un ricco palinsesto di eventi che coinvolgerà diverse realtà culturali della città. Le manifestazioni avranno l’intento di approfondire la figura dell’artista. Gli eventi promuoveranno i temi delle opere di Munch esplorando diversi linguaggi, dal cinema, all’architettura, alla musica, alla letteratura e molto altro. Il programma sarà pubblicato prossimamente sui canali di comunicazioni dei partner coinvolti. La mostra avrà una seconda tappa a Roma, a Palazzo Bonaparte, dal 18 febbraio al 2 giugno 2025.
Munch è uno degli artisti che ha saputo meglio interpretare sentimenti, passioni e inquietudini della sua anima, comunicandoli in maniera potente e tragica. Plasmato inizialmente dal naturalista norvegese Per Lasseu Krohg, col quale iniziò la carriera pittorica nel 1880, Munch si spostò a Parigi per la prima volta nel 1885. Qui il pittore subì le influenze impressioniste e postimpressioniste che gli suggerirono un uso del colore più intimo, drammatico, ma soprattutto un approccio psicologico.
Munch fu per tutta la sua vita condizionato dalla sofferenza e dalla mancanza che conobbe già da bambino. A Berlino contribuì alla formazione della Secessione Berlinese e nel 1892 si tenne la sua prima personale, che non solo non fu apprezzata, ma fu anche reputata scandalosa. Da quel momento Munch ha incarnato la figura dell’artista eversivo e maledetto. Una vita precaria e vissuta “sull’orlo di un precipizio” che lo portò all’alcolismo e a una crisi psicologica, fino al ricovero in alcune case di cura tra il 1908 e il 1909. Scegliendo l’isolamento, si spostò quindi nella sua proprietà di Ekely a Oslo fino alla sua morte nel 1944, dopo un mese dal suo ottantesimo compleanno.
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