NewsPrimo pianoSport

Sinner positivo al doping negli Usa ma non c’è dolo

Sospettato di aver assunto Clostebol, è stato contaminato involontariamente. Ma ha perso lo scettro degli Indian Wells e 300mila euro

A poche ore dalla vittoria del Masters 1000 di Cincinnati (Usa) il campione italiano di tennis, Jannik sinner, è risultato positivo al Clostebol. Si tratta di una sostanza dopante vietata dall’International Tennis Integrity Agency (ITIA). Il test si sarebbe svolto durante il torneo statunitense di Indian Wells andato in scena lo scorso aprile.

Tuttavia il risultato sarebbe frutto di una contaminazione da parte di un farmaco utilizzato dal fisioterapista di Sinner nel corso di una sessione di massaggi. In seguito all’indagine che ha svolto l’ente americano di lotta al doping, il 23enne di Sesto Pusteria è stato scagionato. Ma Sinner ha comunque accettato di perdere i punti e il montepremi conquistato in occasione della competizione americana.

Tennis Sinner Usa doping
Foto Ansa/Epa Mark Lyons

Sinner, cosa è successo?

Secondo la ricostruzione del Tribunale Indipendente, Jannik Sinner avrebbe utilizzato uno spray acquistato in farmacia dal preparatore atletico per curarsi un taglio a un dito. Una volta applicato il prodotto, contenente la sostanza contestata, il fisioterapista avrebbe trattato il tennista altoatesino con un massaggio senza utilizzare i guanti e causando così la contaminazione.

Riconoscendo l’assenza di dolo, l’Itia ha deciso di togliere a Sinner i 400 punti della finale di Indian Wells e il relativo premio in denaro, circa 300mila euro, ma consentendo all’azzurro di esser rigorosamente al via degli US Open. “Ora posso buttarmi alle spalle un periodo davvero molto difficile e profondamente triste” ha fatto sapere Sinner attraverso un comunicato stampa. “Continuerò a fare il possibile per fare in modo di attenermi al programma antidoping dell’Itia, e sono circondato da un team molto attento e meticoloso”.

Le regole antidoping “devono essere estremamente strette perché abbiano effetto. Per questo può capitare che in alcuni casi anche atleti innocenti possano restare coinvolti ha aggiunto il legale del fuoriclasse italiano Jamie Singer. “Non c’è alcun dubbio che Jannik Sinner sia totalmente innocente rispetto a questo caso, tuttavia il giocatore è responsabile di tutto ciò che accade all’interno del suo sistema. Anche se non ne è a conoscenza, come in questo caso eccezionale“.

Jannik Sinner doping Indian Wells Usa
Foto Ansa/Epa Neil Hall

Un’estate poco fortunata

Complessivamente questi mesi di luglio e agosto non sono stati il massimo per Jannik, a parte la vittoria stupenda al Masters 1000 di Cincinnati. Lo scorso 24 luglio, a poche ore dal via ufficiale delle Olimpiadi di Parigi 2024, l’Italia aveva perso la sua punta di diamante: Sinner, che già aveva ritardato la partenza per via di uno stato febbrile, annunciò il suo definitivo forfait. Il motivo? Una brutta tonsillite. “Sono amareggiato di informarvi che purtroppo non potrò partecipare ai Giochi Olimpici di Parigi” aveva scritto sui suoi social il tennista numero 1 al mondo.

Dopo una buona settimana di allenamento sulla terra, continuava il post di Sinner, “ho cominciato a non sentirmi bene. Ho trascorso un paio di giorni a riposo e all’esito della visita il medico ha riscontrato una tonsillite e mi ha fortemente sconsigliato di giocarePerdermi i Giochi è una grandissima delusione visto che era uno dei miei obiettivi principali per questa stagione. Non vedevo l’ora di avere l’onore di rappresentare il mio paese in questo evento importantissimo. Un grande in bocca al lupo a tutti gli atleti italiani che supporterò da casa. Forza Italia“. I maligni hanno fatto correre voce che il ritiro di Sinner dalle Olimpiadi fosse dovuto anche al fatto di risparmiare le forze in vista delle trasferte americane. Se così fosse (e non ci vogliamo credere) la dantesca legge del contrappasso sta facendo il suo corso.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

Pulsante per tornare all'inizio