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Come il fast fashion danneggia il Pianeta

Un'indagine di Greenpeace offre un supporto per indagare su questo fenomeno

Il fast fashion è un fenomeno sempre più emergente e ricercato. Tuttavia, può procurare diversi danni al Pianeta, come hanno dimostrato anche molte organizzazioni ambientaliste.

Seguendo un indagine di Greenpeace è possibile scoprire i potenziali danni che il fast fashion può causare al Pianeta. In questo caso si fa riferimento a capi pensati per durare una stagione, accessori destinati a rompersi in breve tempo e, più in generale, produzione di massa che, nella maggior parte dei casi, offre pezzi di bassa qualità a basso prezzo. Dietro questo possono nascondersi rischi e impatti sociali e ambientali gravi.

Fast fashion
Acquisto di abiti @Foto Crediti Envato Elements – VelvetMag

Fast fashion e inquinamento

Come ricorda Greenpeace, ogni anno solo in Europa sono gettati oltre 5 milioni di tonnellate di vestiti e calzature. Di questi, l’80% finisce nelle discariche e negli inceneritori e solo l’1% (o meno) è riutilizzato per produrre nuovi capi. Nel caso in cui i capi gettati non finiscano nelle discariche europee, sono trasportati in altri Paesi (sempre nel sud del mondo) da cui non si hanno più notizia. Dall’indagine dell’organizzazione ambientalista emerge anche che oltre il 60% dei capi provenienti dal fast fashion è fatto di plastica. Nylon, acrilico, poliestere, fibre sintetiche provenienti dalla raffinazione di idrocarburi come gas e petrolio.

In merito alla composizione, un aspetto importante da specificare è che, per esempio, il poliestere rilascia microplastiche, già dal primo lavaggio. Quest’ultime si diffondono nel mare e oltre ad inquinarlo entrano a far parte anche della catena alimentare dell’uomo. Inoltre, secondo dati provenienti da un’altra indagine di Greenpeace del 2022 molti dei vestiti provenienti da noti marchi di fast fashion contengono sostanze tossiche, in alcuni casi in quantità superiori ai limiti di legge. Altri marchi ancora (per molti ‘impensabili’) producono rifiuti bruciati in fornaci per mattoni in Cambogia, esponendo i lavoratori coinvolti a fumi tossici.

Vestiti
Vestiti @Foto Crediti Envato Elements – VelvetMag

Rischio greenwashing

Oltre a questi danni già descritti, si aggiunge il caso dei resi. Infatti, gli abiti resi dopo l’acquisto possono percorrere fino a 10mila chilometri senza, talvolta, essere più venduti. Si tratta di pacchi che viaggiano senza costi per l’acquirente e con spese minime per l’azienda produttrice. Gli stessi pacchi, però, hanno un enorme impatto ambientale, come testimonia anche l’indagine condotta dall’Unità Investigativa di Greenpeace Italia che per quasi due mesi, in collaborazione con la trasmissione televisiva Report, ha tracciato i viaggi compiuti da alcuni capi d’abbigliamento del settore del fast fashion acquistati e resi tramite piattaforme di e-commerce.

Insomma, sebbene molte aziende promuovano la sostenibilità in diversi casi si potrebbe trattare di greenwashing. Pertanto Greenpeace chiede al Governo delle misure specifiche. Come si legge nella pagina ufficiale dell’organizzazione: “1) Regolamentare il fast fashion, vietando la pubblicità anche sui social delle aziende promotrici di un modello di business vorace, con notevoli impatti sociali e ambientali. 2) Varare al più presto un sistema di responsabilità estesa del produttore che imponga alle aziende di farsi carico dell’intero ciclo di vita dei prodotti, anche quando diventano rifiuti. 3) Imporre alle aziende di fornire informazioni trasparenti sulla loro catena di approvvigionamento e di produzione. 4) Imporre alle aziende di mettere in commercio abiti che siano durevoli, riparabili, disegnati per essere riciclabili, prodotti senza sostanze chimiche e ricorrendo a fibre riciclate“.

Francesca Perrone

  • Cultura, Ambiente & PetsMessinese trasferita a Roma per gli studi prima in Scienze della Comunicazione Sociale presso l'Università Pontificia Salesiana, con una tesi su "Coco Chanel e la rivoluzione negli abiti femminili", poi per la specializzazione in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo alla Sapienza. Collabora con l'Agenzia ErregiMedia, curando rassegne stampa nel settore dei rally e dell'automobilismo. La sue passioni più grandi sono la scrittura, la moda e la cultura.
    Responsabile dei blog di VelvetMAG: VelvetPets (www.velvetpets.it) sulle curiosità del mondo animale e di BIOPIANETA (www.biopianeta.it) sui temi della tutela dell'ambiente e della sostenibilità.

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