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Volkswagen valuta la chiusura di stabilimenti in Germania

Non era mai accaduto ed è un segnale molto negativo per l'economia tedesca e il comparto auto di tutta Europa

La notizia della possibile chiusura di stabilimenti Volkswagen in Germania sta scuotendo il settore automobilistico e l’intera economia tedesca. Questa decisione, mai presa prima d’ora, evidenzia le gravi difficoltà che il colosso di Wolfsburg sta affrontando in un contesto di forte competizione internazionale e di transizione energetica.

La crisi del settore

L’industria automobilistica tedesca, da sempre motore trainante dell’economia nazionale, sta attraversando una fase critica. Le sfide legate alla transizione verso l’elettrico e l’abbattimento delle emissioni di CO2, unite alla concorrenza crescente dei produttori asiatici, stanno mettendo sotto pressione i produttori storici come Volkswagen. L’azienda ha recentemente annunciato l’intenzione di ridurre i costi operativi di ben 10 miliardi di euro entro il 2026, una mossa necessaria per mantenere la competitività in un mercato sempre più difficile.

Volkswagen cancelliere Scholz Germania
Il cancelliere tedesco Scholz (con la benda) accanto a una Volkswagen Golf elettrica nel 2023. Foto Ansa/Epa/Ronald Wittek

La chiusura di uno o più stabilimenti Volkswagen avrebbe ripercussioni drammatiche sull’occupazione, in un settore che già ha dovuto affrontare numerosi licenziamenti e riduzioni di personale negli ultimi anni. I sindacati sono già sul piede di guerra. Temono un impatto devastante per migliaia di lavoratori e per le economie locali fortemente dipendenti dall’industria automobilistica.

Le ragioni della chiusura

Le ragioni alla base di questa decisione senza precedenti sono molteplici. In primo luogo, la flessione delle vendite di auto elettriche ha colpito duramente i bilanci aziendali, mettendo in dubbio la sostenibilità di alcuni siti produttivi. Inoltre, l’aumento dei costi delle materie prime e l’incertezza geopolitica globale, con la guerra in Ucraina e le tensioni commerciali con la Cina, stanno ulteriormente aggravando la situazione.

Il Governo tedesco, guidato dal cancelliere Olaf Scholz, è sotto pressione per intervenire e trovare soluzioni che possano evitare la chiusura degli stabilimenti Volkswagen. Tuttavia, con i margini di manovra limitati dalla necessità di rispettare i rigidi vincoli di bilancio europei, non sarà facile evitare un epilogo triste. Ossia un epilogo che potrebbe segnare la fine di un’era per l’industria automobilistica della Germania e anche dell’Europa intera.

Volkswagen auto Germania
Foto X @federicofubini

Le prospettive per Volkswagen

L’annuncio della possibile chiusura di stabilimenti Volkswagen segna quindi un punto di svolta per l’intera industria automobilistica europea. Se da un lato questa scelta potrebbe rappresentare una necessità economica, dall’altro rischia di indebolire ulteriormente la posizione della Germania nel settore automobilistico globale.

Le prossime settimane saranno cruciali per capire se Volkswagen riuscirà a trovare alternative che evitino questa drammatica soluzione o se la chiusura diventerà inevitabile, segnando così l’inizio di una fase di profonda trasformazione per il settore. La casa di Wolfsburg, un tempo simbolo dell’efficienza e della solidità tedesca, si trova ora a dover affrontare scelte difficili. Ma le implicazioni di queste scelte andranno ben oltre i confini aziendali, influenzando l’intera economia europea.

Chi pagherà le conseguenze di tutto questo? In primo luogo i lavoratori: è possibile che, senza adeguati ammortizzatori sociali, migliaia di famiglie finiscano sul lastrico in breve tempo. Ma in secondo luogo a rimetterci sarebbero anche i consumatori, con minori possibilità di acquistare auto rinomate per il loro alto livello di qualità sotto tutti gli aspetti. Il tutto in un contesto in cui la produzione di vetture sta cambiando. Urge la necessità della cosiddetta transizione green, quindi in direzione di un maggior uso dei veicoli elettrici.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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