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Pensioni statali: verso lo stop all’uscita forzata a 67 anni

Chi continuerà a lavorare oltre questa soglia sarà premiato con adeguati incentivi economici da parte del Governo

Negli ultimi anni, il tema delle pensioni statali ha assunto un ruolo centrale nel dibattito politico, soprattutto in relazione all’età pensionabile obbligatoria fissata a 67 anni. Con l’avvicinarsi della manovra finanziaria 2024, il Governo italiano sta esaminando la possibilità di modificare questa norma, offrendo maggiore flessibilità ai lavoratori pubblici che desiderano prolungare la loro carriera oltre questa soglia.

Il pensionamento a 67 anni

Attualmente, i dipendenti pubblici sono obbligati a lasciare il lavoro una volta raggiunta l’età di 67 anni, come previsto dalla legge. Questo meccanismo automatico, conosciuto come “uscita forzata“, ha lo scopo di favorire il ricambio generazionale e mantenere sotto controllo i costi del sistema delle pensioni. Tuttavia, negli ultimi anni, numerosi esperti e sindacati hanno sollevato critiche, evidenziando come questa rigida imposizione possa risultare penalizzante per molti lavoratori che, pur essendo ancora in buona salute e pienamente operativi, sono costretti a ritirarsi.

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Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (a destra). Foto Ansa/Dorin Mihai

La nuova proposta del Governo

Con la manovra 2024, il Governo Meloni sta valutando un’importante modifica a questo sistema. La proposta prevederebbe l’abolizione dell’uscita forzata a 67 anni per i dipendenti pubblici, permettendo a chi lo desidera di continuare a lavorare, a patto che vi siano esigenze specifiche nel settore di appartenenza. Secondo i primi dettagli trapelati, la modifica si concentrerebbe su una maggiore flessibilità, mantenendo comunque la possibilità di andare in pensione al compimento dei 67 anni per chi lo desidera.

Pensioni, incentivi per chi resta

Per incoraggiare i lavoratori pubblici a prolungare la loro attività lavorativa oltre la soglia pensionabile, il Governo Meloni starebbe studiando anche l’introduzione di incentivi economici. Tali incentivi potrebbero includere una maggiorazione sull’assegno pensionistico o il mantenimento di particolari benefici fiscali. Questi strumenti sarebbero pensati per offrire un riconoscimento tangibile a chi sceglie di restare in servizio, contribuendo ulteriormente al buon funzionamento della pubblica amministrazione.

Le reazioni dei sindacati

Le organizzazioni sindacali si sono mostrate in parte favorevoli alla proposta, sebbene con riserve. La Cisl Funzione Pubblica, ad esempio, ha espresso il suo supporto all’abolizione dell’uscita forzata per le pensioni degli statali. In quanto la considera un segnale di apertura verso le esigenze di molti lavoratori. Tuttavia, ha sottolineato la necessità di prevedere garanzie per chi sceglie di andare in pensione a 67 anni, in modo da non creare squilibri nel sistema.

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Il segretario della Cisl, Luigi Sbarra (a destra). Foto Ansa/Claudio Peri

Anche gli esperti di previdenza sociale hanno accolto positivamente l’iniziativa, pur evidenziando l’importanza di bilanciare le esigenze finanziarie dello Stato con i diritti dei lavoratori. L’allungamento della vita lavorativa potrebbe infatti rappresentare una soluzione per contenere la spesa pensionistica, ma occorre valutare con attenzione gli effetti a lungo termine su un sistema già sotto pressione.

Il futuro delle pensioni

Nei prossimi mesi, il Governo dovrà lavorare insieme ai sindacati e alle parti sociali per definire i dettagli della riforma delle pensioni. Resta da capire come potranno ristrutturarsi gli incentivi e quali saranno i criteri per accedere a questa nuova flessibilità. Quello che appare certo è che il sistema pensionistico statale è destinato a subire importanti cambiamenti nei prossimi anni. Il dibattito sulle pensioni statali a 67 anni continua a essere di grande attualità, e le decisioni delle prossime settimane saranno cruciali per il futuro del sistema previdenziale italiano.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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