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Naufragio del Bayesian, il capitano Cutfield nega: “Il portellone non era aperto…”

Ma l'ad del gruppo che ha costruito la nave, Giovanni Costantino, contesta seccamente questa versione dei fatti: "Equipaggio distratto e impreparato"

Il naufragio del Bayesian, il veliero di 56 metri affondato in un quarto d’ora di fronte a Porticello (Palermo) lo scorso 19 agosto, travolto da una violentissima tempesta, resta un giallo irrisolto. Intervenuto il 10 settembre alla trasmissione ‘Cinque minuti’ di Bruno Vespa, il capitano James Cutfield, sotto inchiesta dalla procura di Termini Imerese per naufragio e omicidio colposo plurimo, ha dato la sua versione dei fatti.

Una versione diametralmente opposta a quella di Giovanni Costantino, amministratore delegato di The Italian Sea Group, la società proprietaria di Perini Navi di Viareggio: i costruttori del Bayesian. Secondo quanto Costantino ha affermato da Vespa, “dall’analisi dei 16 terribili minuti (il tempo trascorso dall’inizio della tempesta all’affondamento del Bayesian, ndr.) riteniamo che l’acqua possa essere entrata dal portellone del Bayesian”. Il capitano James Cutfield, raggiunto dalla trasmissione a Majorca dove vive, ha negato che il portellone fosse aperto.

James Cutfield Bayesian naufragio
James Cutfield, capitano del Bayesian

I costruttori del veliero contro il capitano

Per Costantino invece alla base dell’inabissamento ci sarebbero stati una serie di gravi errori umani. “L’equipaggio avrebbe dovuto preparare la nave chiudendo e blindando la stessa, lo scafo e la sovrastruttura” ha detto l’ad di Italian Sea Group. “La nave era inaffondabile: se non fosse entrata acqua l’imbarcazione non avrebbe avuto alcun tipo di problema. È significativo che i pescatori della zona abbiano ‘letto’ la perturbazione in arrivo e non siano usciti in mare”.

Poteva stare una nave da 700 tonnellate in quella posizione? “Non era consigliabile. A fianco c’era una nave più piccola che era preparata all’evento e gli ospiti non si sono svegliati. La grande, tecnologicamente avanzatissima, ha subito quello che è accaduto“. Per Costantino ci sono pochi dubbi su quanto sia successo quella notte.

Bayesian, cosa può essere accaduto

Si sono verificati una serie di eventi” ha proseguito. L’acqua nel Bayesian ha iniziato ad entrare da poppa. Di sicuro ha allagato non solo un compartimento stagno, ma anche il secondo, attiguo al primo, ovvero la sala macchine. La nave quando il vento ha incalzato ha iniziato a scarrocciare. Un percorso di 14 minuti nel quale ha continuato a prendere acqua. Tecnicamente si dice si è ingavonata, cioè la stabilità si è compromessa. È arrivata nel punto dove è andata giù e c’è stato il black out dell’impianto perché l’acqua è arrivata ai generatori. L’equipaggio non si è coordinato, non era preparato, distratto, non pronto ad intervenire. Andavano seguite procedure ben chiare“.

Naufragio veliero Bayesian
Il Bayesian. Foto X @thetimes

Il racconto di Cutfield

Non ci aspettavamo una tempesta di quella portata. Il vento ha raggiunto velocità estreme e le onde hanno iniziato a colpire la nave con una forza devastante” è invece la versione di James Cutfield in interviste rilasciate ai media. Il capitano del Bayesian ha sempre sottolineato come l’equipaggio abbia fatto tutto il possibile per mantenere il controllo del veliero.

Secondo la sua versione, la nave era stata sottoposta a tutti i controlli necessari prima della partenza e le condizioni iniziali del mare sembravano favorevoli. Tuttavia, a circa metà del viaggio, le condizioni atmosferiche hanno subito un cambiamento improvviso e violento. Emerge allora una fra le tante domande di questo giallo: se è vero che i pescatori non uscirono a mare quella notte, evidentemente prevedendo un evento meteorologico avverso, per quale ragione il capitano Cutfield non fu in grado di prevederlo?

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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