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Ecofin a Budapest, clamoroso boicottaggio di massa contro Viktor Orban

Presenti al vertice solo 10 ministri dell'Economia su 27. Fra gli assenti Francia, Germania e Spagna

L’incontro dell’Ecofin e dell’Eurogruppo a Budapest il 13 settembre è stato segnato da un clima di forte divisione e polemica. Gran parte dei Governi europei ha scelto di boicottare l’evento in risposta alle politiche controverse del primo ministro ungherese Viktor Orbán, attuale presidente di turno della Ue, noto per le sue posizioni euroscettiche e i suoi stretti legami con la Russia. Di conseguenza, solo 10 ministri finanziari su 27, fra i quali l’italiano Giancarlo Giorgetti, si sono presentati nella capitale ungherese.

I grandi assenti a Budapest

Nonostante l’importanza dei temi in agenda, tra cui l’analisi delle politiche economiche dell’Unione e la discussione sulle sfide economiche future, circa due terzi dei governi europei ha deciso di non inviare i propri rappresentanti. Questa scelta, considerata da alcuni come un segnale politico forte contro il governo ungherese, è stata motivata dalla percezione che le politiche di Orbán minaccino i valori democratici e l’unità dell’Unione. Tra i grandi assenti, spiccano alcuni dei principali Stati membri, come Francia, Germania e Spagna, che hanno deciso di non partecipare in segno di protesta.

Budapest Ecofin
l ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti a Budapest. Foto Ansa/Mef

L’Italia invece era presente

Da canto suo l’Italia, invece, ha mantenuto la sua presenza con il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. Insieme a Roma anche Vienna e Varsavia hano inviato i loro rappresentanti all’incontro di Badapest. Christine Lagarde, presidente della BCE, era anche tra i presenti, ha poi riaffermato l’indipendenza della Banca centrale europea dalle pressioni politiche. Così ha risposto all’intervento del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che l’ha contestata per il taglio, ritenuto troppo scarso, di 25 punti base sui tassi di interesse.

Le ragioni del boicottaggio

Il boicottaggio di Budapest nasce da una lunga serie di tensioni tra il Governo ungherese e l’Unione Europea. Viktor Orbán è sotto accusa per aver minato lo Stato di diritto, limitato la libertà di stampa e mantenuto rapporti controversi con la Russia di Vladimir Putin. Nonostante la guerra in Ucraina. Queste scelte hanno messo Orbán in contrasto con molti leader europei, che ritengono che l’Ungheria non rispetti più i principi fondamentali su cui si basa l’Unione.

Il boicottaggio ha, quindi, un valore simbolico importante. Molti leader europei vogliono inviare un messaggio chiaro all’Ungheria: chiedono un ritorno a politiche più allineate ai valori democratici dell’Ue. Tuttavia, l’assenza di molti Stati membri ha messo in discussione l’efficacia e la legittimità delle decisioni che potrebbero emergere dalle discussioni di Budapest.

Lagarde a Budapest per l'Ecofin
Il ministro delle Finanze ungherese Mihaly Varga (a sinistra) saluta la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde (a destra). Foto Ansa/Epa/Tibor Illyes

I temi discussi a Budapest

I temi all’ordine del giorno restavano cruciali per il futuro economico dell’Europa. In particolare, l’Eurogruppo ha discusso delle politiche monetarie in corso e delle prossime sfide economiche, mentre l’Ecofin si è concentrato sul piano di investimenti per sostenere la crescita sostenibile e le riforme strutturali nei paesi membri.

La presenza di Christine Lagarde è stata particolarmente rilevante, in quanto ha colto l’occasione per difendere l’indipendenza della Banca Centrale Europea. La BCE è stata recentemente criticata da alcuni governi, tra cui l’Italia, per le sue politiche monetarie restrittive. Tuttavia, Lagarde ha ribadito che l’obiettivo principale della Banca è mantenere la stabilità dei prezzi e che l’istituto non si farà influenzare dalle pressioni politiche.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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