Michaela Mabinty DePrince, nata il 6 gennaio 1995 in Sierra Leone, è una delle ballerine più ispiratrici e iconiche del nostro tempo. La sua storia è quella di un’incredibile ascesa verso la gloria, ma anche di una lotta contro le avversità che ha vissuto sin da bambina.

Abbandonata in un orfanotrofio durante la guerra civile, Michaela Mabinty DePrince ha dovuto affrontare discriminazioni, malattie e pregiudizi, ma grazie alla sua forza e passione per la danza, è riuscita a diventare una delle étoiles più riconosciute al mondo.

Michaela Mabinty DePrince, foto Ansa – VelvetMag

Le origini: un’infanzia segnata dalla guerra

Michaela è nata durante uno dei periodi più bui nella storia della Sierra Leone, devastata da una brutale guerra civile. All’età di tre anni, ha perso entrambi i genitori ed è stata mandata in un orfanotrofio. A causa della vitiligine, una condizione della pelle che crea macchie bianche, veniva chiamata “figlia del diavolo” dagli altri bambini e maltrattata dagli adulti.

Nonostante l’infanzia difficile, Michaela trovò conforto e speranza nella danza. Un giorno, trovò una rivista che ritraeva una ballerina e si innamorò immediatamente di quell’arte. Quell’immagine divenne il suo sogno: diventare una ballerina, nonostante tutto.

Il riscatto: l’adozione e il viaggio verso il successo

La svolta nella vita di Michaela arrivò quando una coppia americana decise di adottarla. Trasferitasi negli Stati Uniti, Michaela poté finalmente realizzare il suo sogno di diventare una ballerina. Nonostante le sfide, tra cui il razzismo e il pregiudizio nei confronti del suo aspetto fisico, ha continuato a lottare con tenacia.

Ha iniziato a studiare danza classica e la sua determinazione e talento la portarono a essere accettata in alcune delle scuole di danza più prestigiose del mondo, tra cui l’American Ballet Theatre Jacqueline Kennedy Onassis School.

La carriera: dai palchi ai video musicali

Nel 2012, Michaela ha raggiunto la notorietà globale grazie al documentario First Position, che ha mostrato la sua partecipazione al Youth America Grand Prix, uno dei concorsi di balletto più importanti al mondo. Questo trampolino di lancio ha portato Michaela a esibirsi con compagnie rinomate, tra cui il Dance Theatre of Harlem e il Dutch National Ballet, dove è stata promossa a solista.

Michaela Mabinty DePrince, foto Instagram – VelvetMag

Oltre ai palcoscenici internazionali, Michaela ha lavorato anche nel mondo della musica. La sua partecipazione al video musicale Lemonade di Beyoncé ha ulteriormente rafforzato la sua fama, dimostrando che la danza classica può dialogare con la cultura pop e raggiungere un pubblico ancora più ampio.

L’attivismo: una voce per i più deboli

Michaela non è stata solo una ballerina di talento, ma anche una fervente attivista per i diritti umani e l’inclusività nel mondo della danza. Grazie alla sua esperienza di vita, ha dedicato molto tempo a sensibilizzare il pubblico sui bambini vittime di guerra, sugli orfani e sulla discriminazione razziale, specialmente nel contesto della danza classica, un ambiente storicamente dominato da standard di bellezza che escludevano le persone di colore.

Nel 2016, Michaela ha pubblicato il libro Taking Flight: From War Orphan to Star Ballerina, un’autobiografia in cui racconta la sua straordinaria storia di riscatto, speranza e successo. Questo libro ha ispirato migliaia di giovani ballerini e persone in tutto il mondo, dimostrando che, con passione e determinazione, è possibile superare qualsiasi ostacolo.

Un’eredità che vive attraverso la danza

Michaela DePrince è scomparsa tragicamente all’età di 29 anni, lasciando un vuoto immenso nel mondo della danza e tra coloro che hanno seguito la sua storia. Il suo lascito, però, è incancellabile. Michaela ha infranto barriere e pregiudizi, dimostrando che la danza è un’arte aperta a tutti, indipendentemente dal colore della pelle, dalle origini o dalle difficoltà vissute.

La sua vita è un esempio di come il talento e la forza d’animo possano cambiare il corso della propria esistenza. Ma anche ispirare migliaia di persone in tutto il mondo. Michaela ha trasformato la sua sofferenza in bellezza, usando il linguaggio universale della danza per parlare di inclusione, speranza e amore.