Partite IVA, come funziona il concordato per il periodo 2018-2023
Con il post-pandemia il Governo ha cominciato a concentrare i propri sforzi sulla ripresa economica e sulla sostenibilità fiscale
Il periodo tra il 2018 e il 2023 ha visto significative riforme fiscali in Italia, con l’obiettivo di semplificare la gestione delle partite Iva e supportare le piccole imprese attraverso diverse agevolazioni e regimi fiscali favorevoli.
L’Italia, come molti altri paesi europei, ha affrontato negli ultimi anni una crescente richiesta di revisione delle regole fiscali per sostenere le partite IVA e le piccole imprese. Con la crescente digitalizzazione e la flessibilità del mercato del lavoro, un numero sempre maggiore di cittadini italiani ha scelto di aprire una partita Iva per gestire la propria attività professionale in modo autonomo. Tuttavia, i costi fiscali e le difficoltà amministrative hanno spesso ostacolato lo sviluppo di queste attività, rendendo necessario l’intervento del Governo.
Partite Iva, del regime forfettario
Uno dei principali interventi per le partite Iva durante questo periodo è stato il regime forfettario, introdotto nel 2015, ma con significative modifiche tra il 2018 e il 2023. Questo regime prevede una tassazione agevolata per i titolari di partita Iva con un fatturato annuo inferiore a determinate soglie, con aliquote che variano dal 5% al 15%, in base all’anzianità dell’attività.
Nel 2019, una modifica importante ha aumentato la soglia di fatturato massimo per accedere al regime forfettario da 30.000 euro a 65.000 euro, consentendo a un numero più ampio di professionisti e piccole imprese di beneficiare di questa tassazione agevolata. Questo cambiamento è stato accolto positivamente da molte categorie professionali, ma ha anche sollevato dubbi su possibili abusi e concorrenza sleale nei confronti delle imprese con regimi fiscali standard.
Imposta sostitutiva per redditi elevati
Nel 2020, per favorire la crescita economica e la stabilità fiscale, è arrivata la nuova imposta sostitutiva per coloro che superavano la soglia di 65.000 euro ma non volevano aderire al regime ordinario Iva. Questa tassa prevede un’imposta fissa del 20% per redditi compresi tra i 65.000 e i 100.000 euro.
Questa misura ha rappresentato un ulteriore sforzo per semplificare la vita delle piccole imprese e dei lavoratori autonomi, pur mantenendo un certo livello di equità fiscale. Nonostante ciò, è stato criticato da alcuni esperti per aver creato una segmentazione nel sistema fiscale, che potrebbe favorire l’elusione di alcune responsabilità tributarie.
Il Covid e le partite Iva
La crisi sanitaria globale del Covid-19 ha ulteriormente accentuato le difficoltà per i titolari di partite Iva. Nel 2020 e nel 2021, il Governo italiano ha varato una serie di decreti e incentivi per sostenere le piccole imprese colpite dalle chiusure obbligatorie e dalla riduzione delle attività economiche.
Tra le misure principali si segnalano il contributo a fondo perduto e la sospensione dei contributi previdenziali per i mesi in cui le attività sono rimaste bloccate. Queste iniziative hanno fornito un sollievo temporaneo, ma molti professionisti hanno continuato a lamentare un carico fiscale eccessivo rispetto alla ripresa delle loro attività.
L’evoluzione post-pandemia
Nel 2022 e 2023, con l’attenuarsi della crisi sanitaria, il Governo ha cominciato a concentrare i propri sforzi sulla ripresa economica e sulla sostenibilità fiscale. Le partite Iva, in particolare, hanno continuato a essere al centro del dibattito sulle riforme fiscali. Tuttavia, le sfide rimangono. Molti lavoratori autonomi richiedono un ulteriore abbassamento delle tasse e una maggiore flessibilità nella gestione dei contributi previdenziali. Il Governo ha promesso ulteriori semplificazioni, ma resta da vedere se queste misure saranno sufficienti per sostenere un settore che, in Italia, rappresenta una parte significativa dell’economia.