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Rivalutazione delle pensioni: cosa cambia per i pensionati italiani

L'adeguamento agli aumenti dell'inflazione sarà quest'anno piuttosto consistente

Nel 2024 la rivalutazione delle pensioni è destinata a portare importanti cambiamenti per i pensionati italiani. Questa operazione, che adegua l’importo delle pensioni all’inflazione, è fondamentale per mantenere il potere d’acquisto degli assegni previdenziali, soprattutto in un contesto di crescita dei prezzi. Tuttavia, la manovra economica del Governo potrebbe introdurre modifiche che, se da un lato garantiscono aumenti per alcuni, dall’altro pongono il rischio di tagli per le pensioni di importo più elevato.

Come funziona lo schema

La rivalutazione delle pensioni è un meccanismo che consente di adeguare gli importi erogati agli aumenti del costo della vita, stabiliti in base all’indice Istat sull’inflazione. L’obiettivo è quello di assicurare che i pensionati non perdano potere d’acquisto, garantendo così la loro capacità di far fronte alle spese quotidiane. Nel 2024, secondo le stime, l’aumento medio sarà intorno al 5,4%, ma il valore esatto dipenderà dalla fascia di reddito a cui appartiene il pensionato. Ad esempio, le pensioni minime potrebbero ottenere un incremento maggiore, mentre per le pensioni più alte potrebbe esserci una rivalutazione parziale, con una perequazione inferiore al 100%.

Pensioni rivalutazione 2025 in corso
Foto Ansa/Ciro Fusco

Le fasce di rivalutazione

Secondo quanto stabilito dal Governo, le pensioni saranno suddivise in fasce per determinare l’ammontare della rivalutazione. La perequazione al 100% sarà applicata solo alle pensioni fino a 4 volte il minimo INPS, ovvero quelle che non superano i 2.100 euro lordi al mese. Per chi percepisce una pensione di importo superiore, la rivalutazione sarà inferiore:

  • 80% per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 55% per chi ha un assegno che si colloca tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 50% per chi percepisce una pensione di importo compreso tra 6 e 8 volte il minimo;
  • 35% oltre 8 volte il minimo.

Questa suddivisione mira a evitare un impatto eccessivo sui conti pubblici, limitando gli aumenti per le pensioni più elevate. Tuttavia, l’adozione di percentuali ridotte di rivalutazione ha suscitato preoccupazioni tra i sindacati e le associazioni di categoria, che temono una progressiva erosione del potere d’acquisto per chi percepisce pensioni medio-alte.

Meloni Musk rivalutazione pensioni
La premier Meloni con Elon Musk, proprietario del social X. Foto X @Alpha7987

Le proteste dei sindacati

Le organizzazioni sindacali, come la Cgil, hanno già espresso il loro dissenso verso le misure di taglio previste per le pensioni più elevate. Secondo il sindacato, l’attuale piano del Governo prevede che una parte consistente delle pensioni subirà un taglio della rivalutazione, mettendo a rischio il benessere di migliaia di pensionati.

In particolare, il segretario della Cgil ha affermato che i tagli potrebbero penalizzare chi ha lavorato per decenni e conta su una pensione dignitosa per mantenere il proprio tenore di vita. Le proteste non riguardano solo la rivalutazione parziale, ma anche la gestione complessiva del sistema previdenziale. I sindacati chiedono maggiore equità e un sistema che garantisca a tutti i pensionati la possibilità di beneficiare pienamente dell’aumento legato all’inflazione.

Nel corso di questi ultimi mesi del 2024 potrebbe aprirsi un dibattito fra l’esecutivo e le forze sociali su eventuali modifiche alle norme previste. Tuttavia, per ora, il Governo Meloni appare intenzionato a portare avanti le attuali misure. E i collaboratori della presidente del Consiglio sostengono che le attuali misure sono necessarie per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo termine. Fra queste anche la possibilità di portare su base volontaria il lavoro dei dipendenti statali ai 70 anni.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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