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Fitto dovrà gestire i PNRR della Ue, l’Italia non ha più scuse: la ‘messa a terra’ va fatta entro il 2026

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Raffaele Fitto, 55 anni, nativo di Maglie (Lecce) la stessa città di Aldo Moro, ha ricevuto la nomina a vicepresidente esecutivo della Commissione Europea (assieme ad altri 5 colleghi di vari Paesi). Assumerà la responsabilità per la Coesione e le Riforme, un ruolo rilevante per la gestione delle politiche di sviluppo regionale e di crescita all’interno della Ue.

Si tratta di un compito che tuttavia è politicamente secondario nell’esecutivo europeo. La premier Meloni ha cantato vittoria per aver riportato l’Italia al ruolo che le compete a Bruxelles, ma non è tutt’oro quel che luccica. Le deleghe del Commissario uscente all’Economia, l’ex premier di Centrosinistra Paolo Gentiloni, erano molto più importanti.

Raffaele Fitto. Foto X @renatobrunetta

Gestirà i fondi PNRR ma ‘controllato’

Raffaele Fitto, ha fatto sapere Ursula von der Leyen, gestirà i fondi dei PNRR nazionali dei 27 Stati membri Ue. Ma non da solo. Dovrà rendere conto a Valdis Dombrovskis, il nuovo, potente, Commissario all’Economia. “Realizzare le riforme e gli investimenti concordati stabiliti nei PNRR dei Paesi Ue entro la scadenza del 2026 sarà una sfida significativa e richiederà sforzi costanti da parte di tutti i Paesi e della Commissione. Vorrei che tu guidassi questo lavoro – ha scritto la presidente dell’esecutivo Ue a Fitto – insieme al commissario per l’Economia e la produttività. E che ti concentrassi sull’implementazione completa e di successo di NextGenerationEU“.

È anche chiaro che, date queste parole molto nette, l’Italia, dal canto suo, non ha più alibi. Il PNRR va ‘messo a terra’ tutto, entro il 2026. Comprese le riforme: dalla libera concorrenza in tutti settori senza più corporativismi alla decarbonizzazione dell’industria. E dalla velocizzazione dei processi penali e civili alla digitalizzazione della scuola.

Il Governo Meloni dovrà fare ogni sforzo, anche impopolare, per raggiungere questo obiettivo. Altrimenti avere un vicepresidente come Fitto con tale delega in Europa si rivelerà un boomerang politico molto rischioso.

Il percorso politico di Fitto

Fitto, politico con una lunga carriera alle spalle, ha iniziato il suo percorso a soli 19 anni nella Democrazia Cristiana, diventando consigliere regionale in Puglia. La sua ascesa è stata rapida: a 31 anni era governatore della sua regine: uno dei più giovani presidenti regionali d’Italia. Successivamente ha ricoperto ruoli di rilievo nel Governo italiano, tra cui quello di ministro per gli Affari Regionali nel quarto Governo Berlusconi. Raffaele Fitto è inoltre un veterano del Parlamento europeo, dove è stato eletto deputato per la prima volta 25 anni fa, nel 1999.

Come vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, Fitto avrà dunque il compito di gestire politiche per il futuro dell’Ue, sebbene di non primaria importanza strategica. Il portafoglio delle politiche di coesione riguarda lo sviluppo delle regioni meno avanzate dell’Unione. Mentre le riforme si concentrano su miglioramenti strutturali per favorire la crescita economica e la sostenibilità.

Questo incarico arriva in un momento delicato per l’Unione europea. Bruxelles sta infatti affrontando sfide significative come la transizione energetica ed ecologica, la ricostruzione post-pandemia e le tensioni geopolitiche. Con la guerra fra Russia e Ucraina ormai incancrenita che rischia di allargarsi al resto del vecchio continente. La posizione di vicepresidente esecutivo darà quindi a Fitto un ruolo di rilievo nel prendere decisioni strategiche per l’intero blocco europeo. Ma i suoi poteri di azione saranno limitati e di fatto sottoposti al controllo del Commissario all’Economia.

Valdis Dombrovskis, già vicepresidente della Commissione, è ora il nuovo Commissario all’Economia della Ue. Foto Ansa/Epa Teresa Suarez
Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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