Le sanzioni USA stanno fallendo: Cina e Russia avanzano all’ombra di Washington
Washington ha sanzionato circa 1/3 del mondo. Ma le sue restrizioni oggi hanno perso efficacia.
Gli Stati Uniti negli ultimi anni, hanno incrementato a dismisura le sanzioni internazionali. Tanto che ad oggi si stima che circa 1/3 del mondo sia sanzionato da Washington. Un dato che non solo ci invita a riflettere ma che sta già provocando inevitabilmente un cambiamento geopolitico senza precedenti.
L’incremento delle sanzioni iniziò con la presidenza Bush, ma il cambio repentino di marcia si è visto con Trump. Toccando un vero e proprio picco con la presidenza Biden. Che ha approvato il maggior numero di sanzioni mai visto prima negli USA, circa 6mila sanzioni in 2 anni. Di cui la maggior parte sarebbero rivolte a Russia e Cina. Ma tra le mire delle sanzioni USA ci sono anche Venezuela, Corea del Nord, e Iran. Gli americani stanno puntando sempre di più ad azzoppare il proprio “nemico” politico facendo leva sulla propria supremazia economica e tecnologica. Ma il mondo sta cambiando rapidamente. E il monopolio delle tecnologie non appartiene più esclusivamente a Washington che anzi inizia a fare meno paura. Tanto che l’economia russa e cinese iper-sanzionate dagli USA, hanno raggiunto risultati eccezionali. Con o senza lo Zio Sam.
Il sistema delle sanzioni USA: dissuadere alleati e nemici
Il 1° maggio 2024 il Dipartimento del tesoro statunitense, nell’ambito delle azioni sanzionatorie, nello specifico mirate alla base militare-industriale russa, nonché alle persone giuridiche, entità, organismi e individui di Paesi terzi, che aiutano la Russia ad acquisire input chiave per la produzione di armi o di prodotti per la difesa. Ha sanzionato quasi 300 soggetti tra entità, organismi e individui, di cui 60 stabiliti in Paesi terzi. Facendo valere le cosiddette Secondary Sanctions. Che non sono altro che sanzioni extraterritoriali che le Autorità statunitensi possono comminare nei confronti di individui ed entità non statunitensi, ritenuti responsabili della violazione di un programma sanzionatorio USA. Anche laddove non sono presenti connessioni societarie e/o di controllo da parte di soggetti statunitensi, o prodotti di origine statunitense o che includono componenti di origine statunitense. In poche parole attraverso le “Secondary Sanctions” Washington può sanzionare qualsiasi ente terzo non statunitense che non rispetti i suoi scopi.
Non a caso, stretti nella morsa delle infrastrutture tecnologiche made in USA, come il sistema di pagamenti SWIFT. Attraverso la quale Washington ha il potere di controllare le transazioni commerciali di mezzo globo, così da imporre le sanzioni. L’ex cancelliere tedesco Angela Merkel nel 2018 assieme ai presidenti francese e inglese, aveva auspicato un sistema di pagamenti tutto europeo, per sfuggire al potere coercitivo di Washington. Che non perdona chi commercia con il proprio nemico politico. Ma se in Europa è mancata e manca tutt’ora la forza e la volontà politica per trovare un alternativa al dominio tecnologico USA, dall’altra parte del globo si stanno organizzando per creare un alternativa. E capitanati dai BRICS, sempre più Paesi sono interessati ad una frammentazione del potere. Spingendo l’assetto geopolitico verso un sistema multipolare, dove oltre alle tecnologie USA e al dollaro possa esserci un alternativa.
La debolezza USA: Russia e Cina crescono lo stesso
In parte la debolezza dell’efficacia delle sanzioni USA la vediamo già oggi. Dove i Paesi più sanzionati come Russia e Cina, non stanno effettivamente crollando come sperato da Washington. Ma al contrario, come confermano i dati del FMI, Mosca nel 2024 crescerà del 2.2% superando le performance di USA ed UE. Nonostante le sanzioni occidentali infatti, Mosca ha dirottato totalmente i suoi flussi energetici verso altri Paesi, come India e Cina, guadagnando con l’innalzamento del prezzo del petrolio cifre mai viste prima. E anche la guerra commerciale portata avanti dall’amministrazione Biden nei confronti di Pechino non sta raccogliendo molti frutti. Attraverso l’aumento di dazi e sanzioni, l’amministrazione Biden sta cercando di evitare che i chip più sofisticati per l’uso dell’intelligenza artificiale finiscano nelle mani di Pechino. Ma si intravedono parecchie crepe.
L’anno scorso, il colosso di telefonia cinese ,Huawei, ha rilasciato uno smartphone alimentato da un chip a cui l’azienda non avrebbe dovuto avere accesso, secondo l’apparto sanzionatorio imposto da Biden. è evidente dunque che il Dragone ha ancora accesso all’alta tecnologia occidentale tramite Stati intermediari. Nello stesso modo con la quale Mosca oggi riesce ancora a ottenere molti beni di lusso europei, tramite Stati come l’Azerbaijan e il Kazakistan. Ma non solo. Presto Pechino come conferma la nota testata americana Bloomberg, sarà in grado di fare a meno della tecnologia occidentale. La Shanghai Micro Electronics Equipment Group (SMEE) infatti, con sede in Cina, avrebbe brevettato la sua prima macchina Extreme Ultra Violet (EUV). La tecnologia EUV viene utilizzata per produrre i microchip più all’avanguardia al mondo. Finora ASML, con sede nei Paesi Bassi, era l’unica azienda a produrli su larga scala. La Cina si prepara a creare un alternativa al monopolio di Washington.