Il caso Clostebol: la disparità di trattamento tra Jannik Sinner e Stefano Battaglino
Diverse polemiche hanno alimentato la vicenda
Negli ultimi giorni, il mondo del tennis è stato scosso da un nuovo caso di positività al Clostebol, una sostanza vietata dalla WADA (Agenzia mondiale antidoping), che ha coinvolto due tennisti italiani: Jannik Sinner e Stefano Battaglino. Tuttavia, le conseguenze per i due atleti sono state estremamente diverse, sollevando polemiche e dubbi sull’equità del sistema.
Clostebol: una sostanza controversa
Il Clostebol è una sostanza derivata dal testosterone, spesso usata in trattamenti dermatologici, ma vietata dalle normative antidoping per il suo potenziale effetto anabolizzante. Nonostante sia presente in alcune creme e farmaci, la WADA considera il suo uso non autorizzato come una violazione delle regole antidoping.
Il caso Clostebol è già emerso in altri sport, ma la difficoltà nel distinguere tra uso intenzionale e accidentale ha spesso portato a decisioni controverse. Le norme antidoping, purtroppo, non sempre riescono a tener conto delle circostanze specifiche in cui le sostanze vengono assunte.
Jannik Sinner e l’assoluzione: un caso controverso
Jannik Sinner, uno dei talenti emergenti del tennis italiano, è risultato positivo al Clostebol, una sostanza contenuta in alcune creme farmaceutiche. Secondo quanto riportato, l’atleta avrebbe utilizzato una pomata per curare una ferita al dito senza sapere che contenesse questa sostanza proibita. A seguito di un’inchiesta, Sinner è riuscito a evitare la squalifica, presentando prove che dimostravano la sua mancanza di intenzionalità nel consumo del prodotto.
L’assenza di sanzioni nei confronti di Sinner ha scatenato una bufera, soprattutto dopo il caso di Stefano Battaglino, un altro tennista italiano coinvolto in una vicenda simile ma con un esito ben diverso.
Stefano Battaglino: quattro anni di squalifica
Stefano Battaglino, tennista professionista di livello inferiore rispetto a Sinner, è stato trovato positivo alla stessa sostanza, il Clostebol, in circostanze simili. Anche Battaglino ha dichiarato di aver utilizzato una crema contenente la sostanza per fini terapeutici, dopo un massaggio. Nonostante abbia sostenuto di non essere a conoscenza della presenza del Clostebol, la sua difesa non è stata sufficiente per evitare una pesante squalifica.
Il TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport) ha confermato per Battaglino una sospensione di quattro anni dalle competizioni, una punizione che per molti è apparsa sproporzionata rispetto all’assoluzione ottenuta da Sinner.
Le polemiche sulla disparità di trattamento
Le due vicende hanno generato un acceso dibattito tra appassionati e addetti ai lavori, i quali si interrogano su come due casi apparentemente simili possano aver portato a conclusioni così diverse. Alcuni sostengono che la notorietà e l’influenza di Sinner nel mondo del tennis abbiano influito sulla sua assoluzione, mentre altri ritengono che ogni caso debba essere giudicato individualmente in base alle prove disponibili.
Ma la verità dei fatti è ben diversa e più dettagliata. Battaglino ha sostenuto (come Sinner) di essere stato vittima di una contaminazione, avvenuta durante un torneo in Marocco. Il tennista 26enne, infatti, sostiene che il Clostebol sia entrato nel suo corpo attraverso il massaggio di un fisioterapista. Purtroppo, però, Stefano Battaglino non è riuscito a dimostrare la sua versione dei fatti e il suo legale non ha rintracciato né il fisioterapista, né un altro testimone. Jannik Sinner, invece, è stato in grado di provare, con tanto di scontrino, l’acquisto del Trofodermin, utilizzato come cicatrizzante e contenente il Clostebol, da parte del suo ex preparatore atletico Umberto Ferrara. E che poi la pomata sia stata utilizzata dal suo ex fisioterapista, Giacomo Naldi. Questo, unito ad altre prove, ha fatto in modo che al numero 1 al mondo fosse riconosciuta l’assunzione involontaria e quindi il principio “nessuna colpa o negligenza“.