Negli ultimi giorni il referendum sulla cittadinanza italiana agli stranieri, promosso fra gli altri dal partito +Europa e dai radicali, ha fatto un passo decisivo. Grazie al supporto di oltre 500mila firme, c’è il quorum minimo per richiedere l’ammissibilità del quesito alla Corte Costituzionale e dunque chiamare gli italiani alle urne. La proposta mira a riformare l’attuale legge, rendendo l’iter di acquisizione più rapido e inclusivo. La principale modifica concerne il dimezzamento dei tempi di residenza necessari a un immigrato per ottenere la cittadinanza: da 10 a 5 anni.

I requisiti per la cittadinanza

Il referendum rappresenta un tentativo di adeguare la legislazione italiana a quella di altri Paesi europei, dove i requisiti per ottenere la cittadinanza sono meno rigidi. Come specifica il sito del Ministero della Giustizia “ai fini della concessione della cittadinanza, oltre alla residenza ininterrotta in Italia resterebbero invariati gli altri requisiti“. Vale a dire “la conoscenza della lingua italiana, il possesso di adeguate fonti economiche, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica“.

Chi può beneficiarne

In Italia oggi sono 2,5 milioni gli immigrati e stranieri che potrebbero beneficiare della riduzione da 10 a 5 anni, via referendum, del termine per la cittadinanza. Si tratta di uomini e donne, molto spesso con figli, che da anni vivono stabilmente nel nostro Paese e contribuiscono all’economia producendo reddito e pagando le tasse. E vogliono far parte pienamente del tessuto sociale. A seguito del referendum, in caso di ottenimento della cittadinanza in 5 anni, essa si trasferirebbe in automatico ai loro figli minorenni.

Foto Ansa/Fabio Frustaci

Il dibattito politico

La proposta di riforma della cittadinanza ha acceso un vivace dibattito politico. Da un lato i sostenitori del referendum, ossia le forze politiche del Centrosinistra compreso il PD, oltre a personalità del mondo dello spettacolo, sottolineano come la riduzione dei tempi di attesa rappresenti un atto di giustizia e inclusione sociale. L’attrice Valeria Solarino, ad esempio, ha definito questo referendum un “atto di civiltà” che adegua l’Italia a standard europei più moderni e inclusivi.

Dall’altro lato, le forze politiche di destra e di estrema destra, guidate dalla premier Giorgia Meloni, si oppongono fermamente alla riforma. Per loro l’attuale legge è sufficiente a garantire una selezione equilibrata per l’acquisizione della cittadinanza. In una recente dichiarazione, Meloni ha ribadito che non è necessaria una nuova normativa. E ha definito il referendum “non prioritario” tacciandolo di essere uno strumento politico. Anche altre voci contrarie, come il leader della Lega, Matteo Salvini, vedono in questo tentativo addirittura un rischio per la sicurezza nazionale.

Foto Ansa

Referendum, i prossimi passi

Con il raggiungimento di 500mila firme, il referendum passa ora alla fase successiva, che prevede il controllo di validità delle firme stesse da parte della Corte Costituzionale. La Consulta dovrà inoltre stabilire l’ammissibilità del quesito. Se ciò accadrà i cittadini italiani potranno recarsi alle urne per esprimere la loro opinione. In caso di vittoria del sì (il referendum è di tipo abrogativo), i tempi di residenza per l’acquisizione della cittadinanza si ridurranno a 5 anni. Una mossa che potrebbe cambiare significativamente la vita di migliaia di immigrati che vivono, lavorano, studiano e pagano le tasse in Italia da anni.

Da Zerocalcare alla Smutniak

Il successo della raccolta firme è anche merito di una vasta campagna mediatica. Protagonisti anche numerosi influencer, attivisti e politici. Tra i volti noti il fumettista Zerocalcare e l’attrice Kasia Smutniak che hanno utilizzato i social media per sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere i cittadini a firmare per sostenere il referendum. Gli stessi social sui cui non mancano hashtag contro il quesito referendario che prendono di mira in modo razzista e violento gli immigrati e i loro figli nati in Italia. Ovvero i nuovi ragazzi italiani, come ad esempio la campionessa olimpica di pallavolo Paola Egonu.