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Meloni e il selfie con Katalin Novák accusata di pedofilia

La politica ungherese di cui la premier si dice amica è stata allontanata persino da Orban e ha dovuto dimettersi da presidente della Repubblica

Dai sorrisi con Elon Musk alla ‘buccia di banana’ su cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è metaforicamente scivolata a New York. Ovvero un banale selfie con Katalin Novák (e con lo stesso Musk). Figura chiave, in passato, del Governo ungherese di Viktor Orbán, la Novak è attualmente coinvolta in uno scandalo di pedofilia che ha scosso Budapest. Tanto che ha dovuto dimettersi da capo dello Stato di Ungheria.

L’accusa, che riguarda presunti legami tra la Novák e una rete di abusi su minori, ha portato persino il Governo di Viktor Orban a prendere le distanze dall’ex presidente, che ora si trova emarginata dalla scena politica internazionale. L’accostamento di Meloni a Novák, tramite il gesto apparentemente innocuo di un selfie, ha così assunto connotazioni gravi. Un uomo o una donna politica non possono permettersi i lussi dei cittadini comuni. Se faccio un selfie mi corre l’obbligo di fare attenzione, altrimenti trasmetterò, anche involontariamente, un messaggio fuorviante ai cittadini di cui mi occupo in quanto capo del Governo.

Meloni Novak il selfie della discordia
Foto X @HuffPostItalia

Meloni-Novák, errore politico?

Giorgia Meloni ha cercato di smorzare le critiche sottolineando la stima personale e la lunga amicizia che la lega a Novák. E ha sostenuto che l’incontro è stato puramente istituzionale. Tuttavia questa giustificazione non ha placato le polemiche. Diversi osservatori politici hanno evidenziato come gesti apparentemente innocui, quali un selfie con una politica sotto accusa per abusi sui minori, possano avere ripercussioni ben più gravi. Specie a livello di diplomazia: un mondo in cui i gesti pubblici, anche piccoli, contano molto.

Da tempo, infatti, Meloni e il suo Governo cercano di posizionare l’Italia come interlocutore chiave in Europa, in particolare sui temi della sicurezza e della gestione dei flussi migratori. Tuttavia, legami troppo stretti con figure controverse come Novák e come lo stesso Orban rischiano di compromettere questa strategia e isolare ulteriormente l’Italia dal dibattito internazionale, specie all’interno dell’Unione Europea.

Giorgia Meloni con l'allora presidente dell'Ungheria Katalin Novak
Meloni e Novak nel 2023 a Budapest. Foto Ansa/Epa/Chigi Filippo Attili

La reazione dell’opposizione

Come prevedibile, l’opposizione politica in Italia ha immediatamente sfruttato l’episodio per attaccare Meloni. Il Partito Democratico, così come altre forze progressiste, ha criticato duramente il premier, accusandola di “legittimare” una figura compromessa da uno scandalo morale, politico e isituzionale di dimensioni internazionali. Le critiche sono arrivate anche da alcune forze moderate, che si sono dette sorprese dalla reiterata incapacità di diversi esponenti del Governo Meloni, compresa la premier, di evitare situazioni potenzialmente dannose per l’immagine dell’Italia. nel mondo.

Un incidente che lascia il segno

A prescindere dalle intenzioni originali, l’episodio del selfie con Katalin Novák ha segnato una battuta d’arresto per l’immagine di Giorgia Meloni. Mentre la premier continua a difendere le sue posizioni e la legittimità del suo operato, resta da vedere come questo incidente influenzerà la sua politica internazionale e i suoi rapporti con le altre nazioni europee. La vicenda sottolinea, ancora una volta, quanto sia importante il contesto in cui si compiono certe azioni e come, nell’era dei social media, anche un’immagine possa avere conseguenze inaspettate. In un clima politico sempre più polarizzato, ogni dettaglio può fare la differenza. E nel caso del selfie Meloni-Novák, sembra che il peso della fotografia abbia superato di gran lunga quello di mille parole.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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