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Donald Trump e la controversia dell’orologio

Per un ex presidente Usa in piena corsa per la riconferma alla Casa Binaca si tratta di una questione di lusso e potere

Nel corso degli anni, Donald Trump ha sempre avuto una passione per il lusso, simbolo del suo successo come imprenditore e figura pubblica. Oltre alle sue famose torri, casinò e campi da golf, gli oggetti di alto valore sono sempre stati una parte importante della sua immagine personale. Fonte spesso di disprezzo da parte dei suoi detrattori. Tra questi oggetti, spiccano senza dubbio gli orologi di lusso. Per ‘The Donald’ non rappresentano solo la misurazione de tempo che scorre, ma anche lo status e il potere.

L’orologio, simbolo di successo

Gli orologi di lusso sono da sempre un simbolo di potere e successo nelle alte sfere della politica e degli affari. Per un uomo come Donald Trump, abituato a muoversi nel mondo del business, un oggetto come un Rolex o un Patek Philippe non è solo un accessorio, ma una dichiarazione di intenti. Gli orologi che indossa rappresentano il tempo ben speso, il potere di controllare la propria vita e la capacità di gestire gli affari globali.

Orologio Donald Trump controversia elettorale
Foto Ansa/Epa David Maxwell

Gli orologi hanno sempre avuto un significato particolare nella politica. Alcuni leader, come Barack Obama, hanno scelto di indossare modelli più semplici, come il Jorg Gray, per dare un messaggio di modestia e vicinanza al cittadino medio. Altri, come Vladimir Putin, sono noti per collezionare orologi di lusso che riflettono il loro stile di leadership più autoritario.

L’accusa di truffa: verità o speculazione?

Recentemente, alcuni media hanno parlato di una possibile truffa legata a un orologio di lusso acquistato da Trump o a lui associato. Le accuse suggeriscono che l’orologio in questione potrebbe essere stato utilizzato per affari illeciti o per scopi di riciclaggio di denaro. Tuttavia, queste sono solo speculazioni, e non ci sono prove concrete che colleghino direttamente Trump a tali attività.

Trump e il potere dell’immagine

Ciò che emerge da questa vicenda è quanto potente sia l’immagine pubblica di un leader. Nel caso di Trump, ogni dettaglio della sua vita, incluso un semplice orologio, può diventare una questione di interesse mediatico. I media moderni hanno il potere di amplificare le storie, spesso trasformando un oggetto in un simbolo di qualcosa di più grande. In questo contesto, un orologio di lusso non è solo un accessorio, ma può diventare una metafora della ricchezza, del potere e della controversia.

Kamala Harris Donald Trump orologio
Kamala Harris, candidata democratica alla Casa Bianca. Foto Ansa/Epa/Caroline Brehman

In definitiva, l’orologio di Donald Trump, che sia vero o presunto, rappresenta qualcosa di più del semplice valore materiale. È un simbolo del potere, della ricchezza e delle critiche che circondano la figura dell’ex presidente. Mentre i dettagli su questa controversia restano vaghi, una cosa è certa: nel mondo di Trump, anche il più piccolo degli accessori può diventare un catalizzatore di dibattiti e polemiche.

Tutto ciò naturalmente vale ancora di più se la persona in questione è importante. E in questo caso si tratta non solamente di un ex presidente degli Stati Uniti ma del candidato del Partito Repubblicano che sta correndo contro la sua sfidante, la democratica e attuale vicepresidente Usa, Kamala Harris. L’obiettivo è la riconferma a capo della Casa Bianca alle elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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