La regione mediorientale è sull’orlo di esplodere. I bombardamenti indiscriminati di questi giorni a Beirut, che hanno colpito anche aree residenziali della città, gettano un ennesima ombra sulla reputazione del governo Netanyahu. Che dimostra da mesi ormai di non aver alcun rispetto delle norme del diritto internazionale pur di raggiungere i propri scopi bellici.
E l’obbiettivo di Netanyahu ormai è ben chiaro: distruggere il regime iraniano. Annientando tutte le milizie filo-Teheran del cosiddetto “Asse della Resistenza”, situate in Paesi sovrani come la Siria, la Libia, l’Iraq, il Libano e lo Yemen. E poco importa se per raggiungere questo obbiettivo si rischia di creare un vero e proprio disastro umanitario e centinaia di morti civili. Il premier israeliano infatti non è intenzionato a fermarsi, e incurante della risoluzione ONU 1701 sulla pace in Libano, firmata nel 2006. Bibi ha preparato l’invasione via terra nel Sud del Paese.
Netanyahu: l’invasione in Libano e la provocazione all’Iran
Già dai primi mesi a seguito dell’attentato del 7 Ottobre, la risposta di Netanyahu a Gaza appariva cruenta e fuori da ogni logica del cosiddetto “principio di proporzionalità”. Con un bilancio di circa 40mila vittime, di cui la maggior parte donne e bambini. Per non parlare di città, ospedali, campi profughi ridotti in polvere, e la quasi assenza di corridoi umanitari. Ma adesso è evidente che il governo israeliano stia puntando alla realizzazione di un piano che va molto aldilà della vendetta del 7 Ottobre. E che consiste nell’annientamento del regime iraniano, che passa inevitabilmente dalla distruzione delle sue milizie in Siria, in Iraq, in Yemen e sopratutto in Libano. Dove a seguito dell’uccisione degli alti capi di Hezbollah, tra cui il numero 1, Nasrallah, in queste ore ha avuto inizio l’invasione via terra dell’IDF.
Il governo di Beirut da parte sua si dice pronto a inviare l’esercito nel Sud del Paese affianco della milizia sciita, se l’ONU non dovesse mantenere fede alla risoluzione 1701 del 2006. Dove l’ONU si impegna a collaborare assieme a Beirut per la salvaguardia del confine del sud. Promettendo forte sostegno per l’integrità territoriale, per la sovranità e per l’indipendenza politica del Libano all’interno dei confini riconosciuti dalla comunità internazionale, come contemplato dall’armistizio del 23 marzo 1949. Di questo contigente umanitario, chiamato Unifil, fanno parte circa 1200 soldati italiani. Che si trovano dunque oggi in Libano “in mezzo al fuoco incrociato”, come confermato dal portavoce Unifil, Andrea Tenenti. Che descrive il conflitto in corso come di gran lunga peggiore rispetto a quello del 2006.
Il Libano del sud e la debacle dell’ONU
Secondo i dati dell’ONU infatti nel 2006 i civili libanesi uccisi dalle forze di Tel Aviv sono stati 1.191 in 34 giorni, e i morti tra gli israeliani 34. Adesso le vittime dei bombardamenti tra la popolazione libanese sarebbero state oltre 700 in soli cinque giorni. E si teme che il livello di distruzione possa essere paragonabile presto a quello visto a Gaza. L’invasione via terra dell’IDF dunque significa non solo l’ennesima carneficina e l’ennesima beffa da parte di Netanyahu del diritto internazionale. Ma qualora le forze Unifil rinunciassero ad adempiere al loro dovere, sarebbe la completa debacle anche dell’ONU. Che in Libano si è impegnato da tempo a mantenere la pace. Certamente il premier israeliano non teme affatto di bypassare le risoluzioni ONU, ne tantomeno i suoi operatori di pace. Avendo definito l’Organizzazione internazionale all’ultima Assemblea Generale una “palude antisemita”.
L’Occidente dunque nell’inviare armi al premier israeliano, si sta rendendo complice davanti agli occhi del mondo di una violazione senza precedenti. E che produrrà senza alcun dubbio delle drammatiche conseguenze. L’azione dei caschi blu in Libano dovrebbe essere accompagnata oggi da una pressione internazionale e da uno sforzo da parte della comunità internazionale per fermare in tempo l’invasione via terra suicida di Netanyahu. Che non farà altro che produrre altre migliaia di vittime civili, distruggere i precari equilibri del Paese, e rinnovare uno status quo regionale basato sulla violenza e sulla legge del più forte. Dunque da che parte sta l’Occidente? Dalla parte del diritto internazionale? Se così fosse dovrebbe battere adesso un colpo.