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Silvia Salemi e quelle occasioni da cogliere e tradurle in qualcosa di concreto

In esclusiva a VelvetMAG una voce inconfondibile, nata sotto il segno della magia

Ispirandosi alle Occasioni di Eugenio Montale, il titolo scelto da Silvia Salemi per la sua raccolta, 23 ORE, rappresenta un percorso emotivo e narrativo che si snoda attraverso le ore di un giorno quasi completo, lasciando l’ultima, la ventiquattresima ora, sospesa tra il concreto e l’immaginato.

23 ORE è un progetto che segna il ritorno di Silvia Salemi anche nelle scene live. E’ un viaggio emblematico che accompagna gli ascoltatori fino a quell’ultima ora non raccontata, la 24esima, che è un’ora di speranza, di scelte, di possibilità e di cambiamenti. Ogni brano è un capitolo, una storia che riflette sul potenziale nascosto nelle pieghe del tempo che sfugge. E in questa intervista il tempo ci ha concesso di riviverlo dando lo spazio a quello che è, e a quello che è stato partendo da oggi, dalla raccolta 23 ORE, arrivando a quel Festival di Sanremo del ’97. Io c’ero. Eravamo in molti. C’è chi ancora si chiede “a casa di Luca che musica c’è”, e chi mente.

Silvia Salemi
Silvia Salemi. Crediti: Alek Pierre – velvetmag

In esclusiva a VelvetMAG, Silvia Salemi

Quando è arrivata la sua 24esima ora?

La ventiquattresima ora, è ora. Sempre. È il tiro del momento. Il tiro in porta che dobbiamo ancora segnare. E’ quel match decisivo che ci apprestiamo a vivere, mentre trascorse sono le ore, le stagioni già vissute, già conosciute che non offrono più occasioni, che sono anche un po’ dei binari morti dove non si torna. La ventiquattresima ora, è tutto quello che ancora è spendibile. Ci dà una luce, una speranza. E quel punto che possiamo ancora ottenere, insomma, della vita.

La sua raccolta 23 ore, racconta l’evolversi di un percorso emotivo nell’arco di un giorno, lasciando poi spazio alle 24esima che è l’intermezzo tra l’immaginario ed il concreto. Ogni brano è un capitolo, una storia che si evolve nelle pieghe del tempo che sfugge. Oggi cosa le sembra sfuggire, oltre al tempo?

Mi sfuggono le figlie che sono già donne, che ieri giocavano magari con l’orsacchiotto, oggi invece sono ragazze con la patente che iniziano un corso universitario, un triennio, un biennio a liceo. Sicuramente i figli danno la misura della velocità del tempo che è trascorso, che ti trovi mamma e magari fra 4, 5 anni nonna. E’ questo un po’ che ti ridimensiona, anche rispetto al senso di eternità che tutti pensiamo di avere; ci sono delle tappe nella vita.

I figli ti consegnano il senso della tappa e anche dell’evoluzione che tu in qualche modo devi cercare di fare nel tuo percorso. Non possiamo sempre restare nello stesso punto. Non c’è consentito. A un certo punto dobbiamo evolverci, dobbiamo chiudere dei capitoli ed aprirne altri.

Silvia Salemi, cover 23 ORE
Silvia Salemi, cover 23 ORE. Credits: Courtesy of Press Office – velvetmag

La raccolta affonda le radici nelle Occasioni di Eugenio Montale. Cosa ha ispirato lei e in che cosa si rivede?

Quando si parla delle opzioni, sempre! Sia in Montale che nella vita. Mi ha ispirato proprio il senso della velocità con cui le cose arrivano e la determinazione che ci vuole, anche la lungimiranza che ci vuole nel prenderle, nel coglierle, nel tradurle in qualcosa di concreto, in qualcosa che può produrre anche stare fermi. Un’occasione può essere anche “sto fermo un giro perché faccio altro”. Quando io mi sono fermata dieci anni per fare la mamma, non era un’occasione persa, ma un’occasione voluta, cercata, cioè: “Faccio la mamma e mi godo questo periodo della mia vita che non mi tornerà più”.

Quindi l’occasione era godersi i figli. Molti lo interpretano, invece, come perdere occasioni, che vuol dire quindi: stare sempre in corsa, sempre sul treno, sempre in giostra, sempre a disposizione per la paura – questa anche molto femminile come paura – di uscire un po’, di scendere un po’ da una giostra mediatica e di relazioni. E dunque, ecco che vieni – lo virgolettiamo – ‘fatto fuori’. Non ci sei più nel giro, non sei più considerato e io ho avuto anche lì, la fortuna perché sono illuminazioni e non so da dove mi arrivino, di capire che era il momento di fare quello. Questo per dire che le occasioni possono anche essere delle non occasioni, le occasioni non giocate.

Questo progetto segna anche il suo ritorno sulle scene live con Voice dopo aver fatto il giro d’Italia con Voice Summer tour. Di cosa si è resa conto?

Prima di tutto è stato un confronto con me stessa perché la voce cambia e non soltanto dal punto di vista fonico e di produzione di un suono, ma anche di quello che la voce è in grado di esprimere e che scelte fare rispetto alla voce che c’è oggi. Si cerca appunto di avere un riscontro sempre vivo con il pubblico che non è un’azione scontata, è fondamentale per tenere vivo il pubblico. Io ho assistito a colleghe o colleghi che quando fanno lo spettacolo si cantano addosso, iniziano e finiscono le canzoni, aprono e chiudono, salutano e vanno a casa. Ecco, diciamo che è come regalare una cassetta. E’ la stessa identica cosa!

Il pubblico che ti ascolta non sono delle foglie morte, sono delle persone che ricevono un’emozione. E non può essere solo canora e musicale, ma deve essere anche d’impatto reciproco. Chiedere al pubblico “fatemi capire cosa pensate di questa canzone” anche con un applauso, siamo sulla stessa lunghezza. Vi sto dando qualcosa. Se il pubblico risponde hai vinto. Se il pubblico è freddo non stai trasmettendo nulla.

In una recente intervista ha dichiarato che per alcuni anni non ha parlato e che la musica, in questo, l’ha aiutata.

Sì, vero! Beh, ero piccolissima. Ai primi anni di vita io ho smesso di parlare. Non mi sono relazionata col mondo perché in famiglia non ho ricevuto gli stimoli giusti a formare un adeguato linguaggio. Purtroppo i miei genitori erano impegnati nel seguire il percorso di mia sorella. Da madre posso soltanto capirli e avere tenerezza e grande rispetto. Per qualche anno quindi non ho parlato poi, mi sono affidata al suono e sono ritornata a parlare e a confrontarmi col mondo anche attraverso questo bellissimo strumento che è la voce.

Silvia Salemi, cover "Animali Umani"
Silvia Salemi, cover “Animali Umani. Credits: Courtesy of Press Office – velvetmag

Faro di notte potrebbe avere una connessione con questo tragico evento?

Faro di notte è un po’ nel mezzo del cammino di nostra vita, tutti cerchiamo ad un certo punto la luce o l’indizio verso la luce che abbiamo perso. Cerchiamo questo famoso faro di notte che può essere una persona, che può essere un amore, un nuovo lavoro, l’attaccamento ad un progetto. Può essere semplicemente una parola giusta che ci dice un’amica e che diventa una parola chiave. Oggi, per esempio, parlavo con una mia amica che mi diceva quanto, in questo momento della vita è molto centrata e attira persone e situazioni giuste. Altro non è che un po’ di fisica quantistica. Quando siamo centrati, i pensieri diventano cose.

Fin da quando ha calcato le scene della musica, ha sempre portato un taglio di capelli cortissimo. Per lei cosa rappresenta questa scelta di stile?

La scelta di stile, all’epoca, rappresentava estraniarsi dal resto del mondo, quanto non c’era il culto del tatuaggio, del look come invece oggi accade ed eravamo poi negli Anni Novanta. C’era la new age. C’era il minimal. C’erano le linee pulite e ti distinguevi se avevi qualcosa che faceva la differenza e che non era volgare. Questo taglio corto è stata un’altra illuminazione. Sono uscita con i capelli lunghi, sono entrata poi in studio con i capelli rasati. E’ stata una scelta all’epoca felice, poi si è rivelata una mia fissazione nel tempo che mi ha resa contenta.

Quando ha deciso di allontanarsi dalle scene musicali, nel tempo, le è mancato qualcosa?

In realtà no, perché avevo una vita così piena e comunque studiavo, ho portato avanti una laurea, mi sono specializzata. Non avevo il tempo di capire se per caso mi mancava qualcosa. Quando mi è mancata sono rientrata. Sono stata coerente.

Silvia Salami, cover "Fiori nei jeans"
Silvia Salami, cover “Fiori nei jeans”. Credits: Courtesy of Press Office – velvetmag

Eravamo verso la fine degli Anni Novanta, per la precisione Sanremo ’97. Anche quel brano A casa di Luca è stata una 24esima ora?

Quel brano è stata la prima ora, l’ora di mezzo ed è stata anche l’ora dell’occasione, e ne ha create tante altre. Il discorso su A casa di Luca verte su una magia. Tutto sommato, potrei dire una grande magia.

Quel brano che conquistò il premio della critica e il pubblico del festival di Sanremo, chi erano i ragazzi di quella generazione? Quali erano i loro sogni e le loro paure?

Intanto, secondo me, i giovani sono sempre gli stessi. Smarriti, in cerca d’autore. Personalità che saranno complesse e in evoluzione. All’epoca invece la personalità si cercava in televisione, nel successo facile. Chi erano quei ragazzi? Sono i genitori dei ragazzi di oggi che a sei mesi tengono il telefonino in mano e probabilmente a vent’anni non sapranno farsi un piatto di pasta e pomodoro.

Ha un po’ di nostalgia?

No! Io vivo sempre nel presente costruendo il futuro e non trattengo troppo i ricordi. I ricordi sono dentro di me. Sono io, le miei rughe, il mio sguardo. Sono le mie foto, nelle mie figlie. Quindi, diciamo che guardo avanti, sempre.

Cosa vorrebbe dirle oggi, alla Silvia di A casa di Luca

Le vorrei dire: “Ti potevi divertire di più. Potevi giocare di più ed essere più bambina. Ma tanto non era nelle tue corde. Nelle tue corde era di fare la mamma presto. Di fare una tournée a 18 anni. Di farti una valigia e partire e di non godertela mai. Cosa che stai continuando anche oggi perché sempre sul pezzo con quattro lavori. Ed è giusto così. Perché ognuno deve seguire una stella.”

Teresa Comberiati

Spettacolo, Tv & Cronaca Rosa

Calabrese, a vent’anni si trasferisce a Roma dove attualmente vive. Amante della fotografia quanto della scrittura, negli anni ha lavorato nel campo della comunicazione collaborando con diverse testate locali in qualità di fotografa e articolista durante la 71ª e 75ª Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. Ha già scritto il suo primo romanzo intitolato Il muscolo dell’anima. Colonna portante del blog di VelvetMAG dedicato alla cronaca rosa e alle celebrities www.velvetgossip.it, di cui redige ogni mese la Rassegna Gossip.

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