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Addio a Ratan Tata: morto a 86 anni l’iconico magnate indiano

Tra i progetti più ambiziosi la Tata Nano, l'auto più economica del mondo, con un prezzo pari a 1.500 euro

Ratan Tata, una delle figure più influenti dell’industria indiana e mondiale, è morto all’età di 86 anni a causa di complicazioni legate all’ipotensione ortostatica. La notizia della sua scomparsa ha scosso l’India e il mondo degli affari, dove Tata era considerato un visionario e un leader carismatico.

Tata, un innovatore

Nipote del fondatore del gruppo automobilistico Tata Group, Jamshedji Tata, Ratan ha ereditato il conglomerato in un momento in cui l’India stava affrontando grandi trasformazioni economiche. Nato nel 1937 ha ricevuto la sua istruzione presso prestigiose università, tra cui la Cornell University e la Harvard Business School. Dopo aver acquisito esperienza all’estero, è tornato in India per assumere le redini dell’azienda di famiglia.

India morte Ratan Tata
Ratan Tata è morto all’età di 86 anni a Mumbai, India, il 10 ottobre 2024. Foto Ansa/Epa Divyakant Solanki

Nel 1991, ha preso il controllo del Tata Group, guidando il conglomerato attraverso una serie di acquisizioni strategiche e innovazioni. Uno dei momenti chiave della sua leadership è stato l’acquisto di Jaguar Land Rover, trasformando Tata Motors in un attore globale nel settore automobilistico.

La Tata Nano: sogno accessibile

Tra i progetti più ambiziosi ricordiamo la Tata Nano, l’auto più economica del mondo, lanciata nel 2008. Con un prezzo iniziale di circa 1.500 euro, la Nano doveva rappresentare una rivoluzione per il trasporto accessibile in India. Sebbene il progetto non abbia raggiunto i risultati di vendita sperati, ha dimostrato la capacità dell’azienda di sognare in grande e di puntare a risolvere i problemi della mobilità nelle classi meno abbienti.

L’imprenditore è stato anche un forte sostenitore della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica. Sotto la sua guida, il Tata Group ha esplorato settori come l’energia rinnovabile e le tecnologie all’avanguardia, guadagnandosi una reputazione come azienda pionieristica.

Impatto filantropico

Oltre ai successi nel mondo degli affari, Ratan Tata è stato noto per il suo impegno filantropico. Tramite la Tata Trusts, ha destinato una parte significativa delle sue ricchezze a progetti di istruzione, sanità e sviluppo comunitario. Tata ha sempre creduto che la responsabilità sociale fosse un dovere morale delle grandi aziende, lasciando un impatto positivo su milioni di persone in India. La sua visione umanitaria ha portato a numerose iniziative sociali, e il suo nome è associato a numerosi ospedali, università e centri di ricerca.

Ratan Tata esequie in India a Mumbai
Foto Ansa/Epa Divyakant Solanki

La morte di Ratan Tata segna la fine di un’era per l’India. Grazie alla sua leadership, il Tata Group è diventato uno dei conglomerati più grandi e rispettati al mondo, con interessi che spaziano dall’acciaio all’automobile, dall’energia al settore tecnologico.

L’eredità dell’imprenditore

Il suo impegno per l’innovazione e il miglioramento della società continuerà a ispirare le future generazioni di imprenditori. Ratan non ha avuto figli, ma ha sempre considerato l’azienda come la sua più grande eredità. Lascia un vuoto incolmabile nel mondo degli affari, ma anche una strada tracciata per coloro che seguiranno le sue orme.

La sua scomparsa è stata accompagnata da messaggi di cordoglio provenienti da leader mondiali, imprenditori e filantropi, che hanno reso omaggio al suo spirito innovativo e al suo profondo senso di responsabilità sociale. Ratan Tata ha vissuto una vita dedicata al servizio dell’India e dell’umanità, e il suo impatto sarà ricordato per decenni a venire.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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