Alla 19esima Festa del Cinema di Roma, un racconto struggente di Cristina Comencini che parla di povertà, ma anche di amore. Ambientato nel dopoguerra, Il treno dei bambini restituisce anche un’immagine generosa e solidale dell’Italia.
Il film Il treno dei bambini è tratto dal bestseller di Viola Ardone e restituisce un racconto struggente e fortemente riflessivo sull’Italia del dopoguerra, fatta di povertà, ma anche di tanta generosità e solidarietà. Un viaggio attraverso la miseria vista dagli occhi di un bambino diviso tra due madri. VelvetMAG ha raccolto per i suoi lettori le voci dei protagonisti del film presenti alla Conferenza Stampa ufficiale alla 19esima Festa del Cinema di Roma. Nel cast, tra gli altri, Serena Rossi, Barbara Ronchi e Stefano Accorsi.
Sinossi de Il treno dei bambini
Cristina Comencini accende i riflettori sul dopoguerra, sulla povertà, sui sacrifici, sulle rinunce per amore e sull’amore, appunto. Quello grande, incommensurabile e che lega una madre ad un figlio, anche se quella madre non è biologicamente legata al bambino. Siamo nel 1946 ed Amerigo ha otto anni. Amerigo non si è mai allontanato da Napoli e da sua madre Antonietta, ma il suo mondo, fatto di strada, piedi nudi e povertà, sta per cambiare. A bordo di uno dei ‘treni della felicità‘ Amerigo arriva al nord, dove passerà l’inverno. Qui sarà accolto da Derna, una giovane donna che si prenderà cura di lui. Accanto a lei, Amerigo acquista una consapevolezza che lo porta ad una scelta dolorosa che cambierà per sempre la sua vita. Gli serviranno molti anni per scoprire la verità: “Chi ti ama non ti trattiene, ma ti lascia andare“.
Cristina Comencini
Che cosa racconta il film dell’Italia descritta in questo fatto di storia?
Questa è una storia che nessuno ha raccontato e che è stata organizzata dall’Unione delle Donne italiane, coinvolge bambini e donne che sono le classiche figure tenute spesso da parte nella storia. Si è trattato di un fatto epico ed eroico, costruito proprio dalle donne e dai bambini. E, probabilmente, questa sua caratteristica lo rende quasi invisibile come tante altre cose fatte dalle donne nella guerra, nella resistenza e nel dopoguerra. Altra cosa molto importante è stata che in quei due anni, fino alla Costituzione, c’era un’Italia unita, ripresa dalla rinascita e da questa energia dopo la guerra. Ed esempio di tutto questo sono proprio questi treni, partiti da zone in cui i bambini vivevano nudi e senza cibo, che hanno permesso lo spostamento di ben 70mila bambini e che raccontano quello che noi siamo stati e che forse potrebbe dire quello che potremmo essere.
Serena Rossi
Cosa ti lega a questa storia?
Mia nonna Concetta era una di quei 70mila bambini che nel 1946 hanno preso quel treno, lei è stata tre mesi a Modena e la famiglia che l’ha accolta, benché avesse poco più di quello che lei aveva a Napoli, le ha regalato gli unici tre mesi di infanzia che lei ricorda nella sua vita. Ed anche oggi, che ha 84 anni, quando racconta di quei mesi lì ritorna bambina. Per me, il coinvolgimento emotivo è davvero grande quindi. Rappresentare questa mamma, così lontana da me, è stata un’esperienza forte ed è per questo che ho detto a Cristina: “Prendi il mio cuore e fanne quello che vuoi“. Mi sono lasciata trasformare in un mamma dura che non riesce a dare carezze perché non le hai mai ricevute, ma che per amore del figlio è disposta a fare il gesto più grande: lasciarlo andare verso una vita e non una sopravvivenza.
Barbara Ronchi
Come è stato rappresentare questa mamma diversa da te?
Derna è una donna che non si aspettava di avere questo bambino e non si aspettava di essere la famiglia giusta, perché è una donna sola. Si sente inadatta e invece, naturalmente, nasce un’amicizia con questo bambino e lei si racconta e lo rende parte della sua vita. E inconsapevolmente mostra a questo bambino cosa significa vivere e non sopravvivere. Ma la cosa fondamentale è che lascia al bambino la scelta, il libero arbitrio.
Stefano Accorsi
Come è stato interpretare il protagonista da adulto, dopo aver compiuto la scelta?
Mentre un bambino ha sempre infinite risorse, anche per adeguarsi alle situazioni più diverse e più difficili, diverso è per un adulto che inizia ad elaborare quello che gli è successo nella vita. Il mio personaggio riapre un ‘cassetto’ che aveva voluto chiudere e che riguarda il passato e da lì scaturisce tutto il film con tutta la sua emotività. È stato appassionante vestire i panni di Amerigo e mi ha fatto conoscere una parte di storia che non conoscevo.
Nicola Piovani
Il film secondo la musica
Nonostante in questo periodo desideri fare meno film, musicare storie come queste è una delle cose più belle che per me, come musicista, possano esistere. Per scrivere la musica bisogna appoggiarsi alle emozioni e qui ve ne erano in abbondanza.