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Nominato cardinale dal Papa rifiuta la porpora: “Preferisco restare qui”

Il vescovo indonesiano Paskalis Bruno Syukur rimarrà nella sua Indonesia. Il sospetto di scandali da evitare

Una decisione controcorrente ha scosso i vertici della Chiesa cattolica: iI vescovo indonesiano Paskalis Bruno Syukur, 62 anni, che Papa Francesco ha designato cardinale, ha rinunciato alla nomina. Questo gesto ha subito suscitato domande e speculazioni su quali fossero le vere motivazioni dietro a una scelta così inusuale e controcorrente rispetto al tradizionale percorso di carriera ecclesiastica.

Desiderio di crescita spirituale

Il vescovo Syukur ha giustificato la sua scelta come un’opportunità per continuare il suo cammino spirituale e di crescita personale. In una dichiarazione ufficiale, ha affermato di voler “dedicare più tempo a migliorare la propria vita sacerdotale e pastorale“. Secondo le sue parole, la nomina a cardinale, un ruolo di grande responsabilità e visibilità all’interno della Chiesa, potrebbe allontanarlo dai suoi doveri più immediati verso la comunità locale. Dove sente di poter avere un impatto più diretto e significativo.

Papa nomina cardinale indonesiano che però rifiuta
Foto X @dianemontagna

Questa motivazione si colloca, peraltro, nel contesto delle continue esortazioni di Papa Francesco a promuovere una Chiesa più umile, vicina ai fedeli e meno focalizzata sui titoli e gli onori ecclesiastici. Non è la prima volta, infatti, che un prelato decide di declinare una nomina per concentrarsi su impegni pastorali.

Scandali dietro il neo cardinale?

Tuttavia, alcuni osservatori hanno messo in luce possibili ragioni più complesse dietro il rifiuto di Syukur al Papa. Un rifiuto che Francesco ha accolto e accettato, sia pure con delusione. Il nome del vescovo è stato di recente collegato a un presunto caso di insabbiamento di abusi sessuali che riguarderebbe fatti avvenuti nella sua diocesi. Alcuni membri della comunità cattolica e analisti ecclesiastici hanno suggerito che la rinuncia possa essere una mossa strategica. Al fine di evitare che questi scandali emergano nel contesto della sua promozione a un ruolo di alto profilo. Il Vaticano, pur accettando la decisione del vescovo indonesiano, non ha commentato ufficialmente queste accuse.

In linea con la visione del Papa

È interessante notare come la rinuncia del vescovo Paskalis Bruno Syukur si collochi nel solco del pontificato di Papa Francesco. Il quale da sempre esprime una forte enfasi sulla sobrietà e l’umiltà nella leadership ecclesiale. Francesco ha spesso rimarcato la necessità di una Chiesa che si avvicini di più ai fedeli, che sia meno gerarchica e meno centrata sui privilegi che titoli come quello di cardinale possono comportare.

Papa Francesco cardinale rinuncia alla nomina
Papa Francesco. Foto Ansa/Massimo Percossi

Un precedente nella Chiesa

Il rifiuto di Syukur non è un caso isolato. Anche in passato, altri ecclesiastici hanno rinunciato a incarichi di alto livello per concentrarsi sulla loro missione spirituale o a causa di situazioni personali o pastorali complesse. La decisione del vescovo evidenzia un punto di svolta importante per l’episcopato indonesiano, che si trova ora senza una guida nel collegio cardinalizio.

Sarà interessante osservare come si evolveranno le relazioni tra il Vaticano e la Chiesa locale indonesiana e se la rinuncia del vescovo stimolerà un cambiamento nella gestione delle nomine future. In conclusione, la scelta di Syukur di rinunciare al cardinalato rimane un atto significativo, che riflette non solo una personale ricerca di spiritualità, ma anche un momento critico per la Chiesa, sia in Indonesia che a livello globale. Non rinunceranno, invece, i due neo cardinali italiani che Francesco ha designato lo scorso 6 ottobre.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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