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Tata, il miliardario che ha lasciato 100 milioni di euro al suo cane

Ratan Tata è morto il 9 ottobre. A prendersi cura del pastore tedesco Tito saranno l'ex maggiordomo e il cuoco del magnate

Ratan Tata, magnate indiano morto a inizio ottobre, ha lasciato nel suo testamento gran parte della sua fortuna di circa 91 milioni di sterline al suo cane. E ha chiesto che il suo amato pastore tedesco Tito riceva “cure illimitate” dopo la sua morte. Tata, a cui viene riconosciuto il merito di aver trasformato il gruppo Tata in una holding di fama mondiale, è morto lo scorso 9 ottobre in un ospedale di Mumbai all’età di 86 anni.

Come è consuetudine in India, l’uomo d’affari, che non si è mai sposato né ha avuto figli, avrebbe dovuto lasciare il suo patrimonio ai suoi fratelli. In India è raro che agli animali domestici e alla servitù si assegni per testamento una somma così generosa, poiché la ricchezza generalmente resta all’interno delle famiglie. Tata ha invece specificato disposizioni per fornire “cure illimitate” al suo amato animale domestico, al suo fianco fino alla sua morte. L’amore per gli animali era tale che i portieri della sede del gruppo avevano l’ordine di non allontanare mai un animale randagio.

Tata eredità al suo cane
Foto X @VEECHANNELS

Secondo quanto affermato da Suhel Seth, amico del defunto magnate, un’ingente somma andrà anche all’ex maggiordomo e al cuoco di Tata. Entrambi uomini sulla cinquantina. I quali ora si prenderanno cura di Tito. “Non dovranno mai più lavorare e saranno molto ben accuditi” ha detto al Times l’amico di Ratan Tata. Per coloro che lo conoscevano bene, ha concluso Seth, le disposizioni testamentarie del magnate non sono state una sorpresa. “Questo testamento non è una dichiarazione di ricchezza” ma un “gesto di gratitudine per la gioia e le cure” che i suoi animali domestici gli hanno dato. Così come i suoi 2 più cari aiutanti.

La vita di Ratan Tata

Nato nel 1937 a Bombay, oggi Mumbai, Tata inizialmente voleva diventare architetto e lavorava negli Stati Uniti quando sua nonna, che lo ha cresciuto, gli chiese di tornare a casa e unirsi alla vasta azienda di famiglia. Esordì nel 1962 alla TISCO, oggi Tata, alloggiando in un ostello per apprendisti e lavorando in officina vicino agli altiforni.

Nel 1991 rilevò l’impero di famiglia, cavalcando l’onda delle riforme radicali del libero mercato che l’India aveva appena lanciato quell’anno. I 21 anni di Tata al timone hanno visto il conglomerato del sale-acciaio espandere la propria presenza globale per includere marchi di lusso britannici come Jaguar e Land Rover.

Tata biografia magnate indiano
La biografia “A Life” di tata, uscita a ottobre 2024. Foto X @jilpanz

Un gruppo da 350mila addetti

Il magnate si era ritirato dalla carica di presidente nel 2012. Prima di assumere brevemente la carica di presidente ad interim nell’ottobre 2016, dopo che la dirigenza dell’azienda aveva estromesso il suo successore, Cyrus Mistry. Tata Group è oggi un vasto gruppo di quasi 100 aziende.

Fra queste ci sono il più grande produttore di automobili del Paese, la sua più grande azienda siderurgica privata e un’azienda leader di outsourcing. Il gruppo Tata impiega più di 350mila persone in tutto il mondo. E si è ampliato ulteriormente quando, nel giugno 2008, Ratan Tata dispose l’acquisizione di Jaguar e Land Rover dalla Ford per 2,3 miliardi di dollari. Un acquisto che ha potenziato i brand delle super car del lusso britannico.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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