Benedetta Spalletti è tante cose insieme, tutte incredibilmente connesse tra loro: è figlia d’arte, gallerista, è madre di due figlie e donna in carriera a livello internazionale. Ha poco più di quarant’anni, il che nella concezione italiana del lavoro la rende ancora una giovane. Eppure ha vent’anni di mestiere alle spalle, una forte tradizione familiare e le idee molto chiare sul mondo dell’arte.
Nel 2001 ha aperto la galleria d’arte Vistamare, a Pescara Vecchia: uno spazio espositivo collocato in un palazzo del XVII secolo, composto da dieci stanze. Un ambiente particolare, in cui l’architettura classica dialoga con l’arte contemporanea, ridefinendo il discorso dell’opera in relazione allo spazio che la accoglie. Nel marzo 2018 Benedetta ha capito che era il momento giusto per aprire una seconda sede a Milano, insieme alla sua socia Lodovica Busiri Vici, inaugurando la nuova galleria con un progetto dell’artista americano Tom Friedman.
Benedetta Spalletti ha raccontato a VelvetMag la sua particolare visione della carriera e della famiglia, un binomio per lei imprescindibile e insieme affascinante.
Sono rimasta molto incuriosita dalla sua capacità di essere insieme madre e donna in carriera. Lei ha due figlie, rispettivamente di tredici e dieci anni. Ma ha anche un’attività da gallerista che la divide tra Pescara e Milano, quando non viaggia addirittura all’estero. Allora è vero che può esistere un equilibrio?
“Per me la mia famiglia è assolutamente fondamentale per riuscire a lavorare. Se non avessi avuto il sostegno delle mie figlie, che sono cresciute insieme a me con questo lavoro, penso che non ce l’avrei fatta. Avendo perso i miei genitori molto presto, in questo senso sono rimasta sola. Sono due realtà che sicuramente prendono tempo ed energie, ma non si escludono l’una con l’altra. Io ci credo profondamente. Non è vero che una donna che decide di lavorare non può avere una famiglia, questa penso sia più che altro una scusa o una decisione. Sono due realtà che si appoggiano: una vita privata serve sempre a sostegno di un obiettivo professionale.”
A livello pratico riesce a conciliare le due cose, nonostante i viaggi e una carriera che si muove su scala internazionale?
“Le mie figlie sono cresciute con l’idea di una qualità di rapporto, più che della quantità del tempo passato insieme. Però penso che pur non essendo sempre fisicamente presente, posso donare loro un’esperienza e una visione della vita differente. Tra l’altro il mio ex marito mi aiuta tantissimo, è sempre una spalla per me.”
La tradizione familiare in cui lei è cresciuta ha un peso importante: quanto è stata contaminata dai suoi genitori, Vittoriano Spalletti e Federica Coen, e da suo zio Ettore Spalletti, scultore e pittore? Era scontato che avrebbe amato l’arte?
“No, secondo me no. Ma è un’aria che ho respirato da quando sono nata. Con mio zio Ettore Spalletti sono sempre stata legatissima, è sempre stato uno zio molto vicino, lo seguivo e andavo in studio anche quando ero piccolina. Sono sempre stata molto affascinata. Per i miei genitori invece l’arte è sempre stata una passione grande e comune, mio padre lo ricordo sempre come un avvocato che non è mai uscito con gli avvocati, ma sempre e solo con gli artisti. Poi ogni adolescente ha la sua rivoluzione, quindi l’ho fatta anche io.”
Qual è stata la sua rivoluzione?
“La mia è stata uscire da questo mondo che mi era stato preparato: ho studiato cinema a Roma, mi sono laureata. I miei genitori mi hanno assolutamente lasciata libera, volevano che trovassi la mia strada. Poi però c’era questo luogo, il negozio di antiquariato di mia mamma… e ho deciso, nel 2001, di inaugurare una mostra curata da Giacinto Di Pierantonio. La mostra si chiamava “Camera Italia” e dieci artisti italiani erano invitati a lavorare su un’idea di stanza: Alberto Garutti, Enzo Cucchi, Carla Accardi, Gino De Dominicis, Vanessa Beecroft, Daniele Puppi, Michelangelo Pistoletto, Ettore Spalletti, Mario Airò e Alessandro Mendini. Io, un po’ ispirata anche da Giacinto Di Pierantonio che cercava di coinvolgermi, ho cominciato quasi per scherzo a seguire questo progetto. Anche Enzo Cucchi mi ha coinvolta tantissimo, a lui devo veramente molto se ho iniziato a fare questo lavoro. E così è nata: è diventata una professione. D’altronde io sono nipote di un’artista, vengo da quella parte: per me la cosa più bella del mio lavoro è stare a contatto con l’artista.”
Non è che ci nasconde anche qualche talento artistico ereditato? Magari proprio nella scultura…
“Io sono assolutamente autodidatta (ride, ndr). No, in realtà non ho neanche mai lavorato in una galleria. Lodovica invece, la mia socia, viene da una realtà molto più stimolante. Ma in fondo. dire che questo sia un lavoro è riduttivo. È davvero una scelta di vita. Penso che ho la fortuna di vivere un mondo fantastico, a volte problematico, ma io lo sento comunque come un grande privilegio.”
In foto: Benedetta Spalletti a sinistra, Lodovica Busiri Vici a destra.
Sotto: Cappella di Villa Serena, di Ettore Spalletti – Città Sant’Angelo (Pescara)