Life Book di Giuseppina Torre: 10 composizioni inedite in cui la pianista e compositrice si racconta in quello che è un excursus della sua vita. Amore, consapevolezza, figli, genitori, lavoro, Sicilia, rispetto: un crescendo in cui la pianista di Vittoria, vicino Ragusa, mostra le sue parti più intime e nascoste.
Le musiche di “Life Book” sono state scelte anche per accompagnare il documentario di Speciale TG5 “Testimone – Liliana Segre contro l’indifferenza” a cura di Roberto Olla. Giuseppina Torre è stata da poco inserita all’interno del “Dizionario dei compositori di Sicilia”, riconoscimento che la rende parte del patrimonio musicale ed artistico della Sicilia. Abbiamo avuto la fortuna di intervistarla in esclusiva.
Intervista a Giuseppina Torre, “Life Book”
Nel tuo disco c’è una traccia che si chiama The Golden Cage: cos’è per te una gabbia dorata?
È la gabbia che ognuno di noi costruisce. Quella sensazione di essere imprigionati e di avere il desiderio di uscire, ma senza avere il coraggio di farlo. Voler fuggire, scappare, ma essere impediti dal senso di protezione che la gabbia ci dà. È un controsenso. Siamo tentati, ma c’è sempre qualcosa che ci trattiene. Rimaniamo a guardare la vita da dietro le sbarre che ci siamo costruiti da soli.
La traccia che hai trovato più difficile da scrivere e perché?
Mentre tu dormi. È stata una traccia sofferta, nella quale descrivo la serenità raggiunta nell’abbracciare mio figlio mentre dormiva. È stata una lunga incubazione: mi ero allontanata con mio figlio e tutto sembrava perduto. L’amore trionfa sempre, però; se è puro rimane. Racconto quella sensazione di pace di entrambi nel ritrovarci dopo un periodo non sereno. Desideravo solo quello, né benessere economico né altro, solo quell’istante.
Giuseppina Torre: “La mia anima era intossicata, finché non ho capito che dovevo amarmi di più”
C’è una traccia che si chiama Rosa fra le Rose: a chi è dedicato il pezzo?
È dedicato a mia mamma Rosa che non c’è più da due anni. Amava moltissimo le rose; mi ha sempre sostenuto in qualsiasi cosa volessi fare. La traccia descrive il momento in cui ero lontano da lei e in cui ho ricevuto la telefonata in cui mi dissero che stava molto male. Racconta la corsa verso il tempo per poterla salutare per l’ultima volta.
Il disco sembra quasi un crescendo: da un amore tossico all’amore per sé stessi.
Sì, è vero. È stato un lavoro fatto attraverso la scrittura. Anche la mia vita è stata così: la mia anima era intossicata, finché non ho capito che dovevo amarmi, rispettarmi di più e considerare le mie esigenze. Non quelle degli altri, come avevo fatto in passato. Ero sempre subordinata agli altri, mettendo sul piedistallo persone che si sono rivelate tossiche. Anche nel brano My Miracle of Love esprimo questo concetto: non puoi amare gli altri senza prima amare te stesso.
Giuseppina Torre: “Non si era mai parlato del disagio della donna artista. Speriamo questo polverone riesca a dare consapevolezza”
La Sicilia quanto è presente nelle tue tracce?
È sempre fonte di ispirazione. Tutte le mie composizioni sono pervase dalla tipica malinconia di noi siciliani. L’essere siciliano comporta vivere la vita con estremo sacrificio. La nostra terra spesso è arida, anche di opportunità. Questo comporta continui allontanamenti. Lo descrivo nella traccia Dove sei: lì c’è il rapporto di amore e odio che ho con la mia terra. Più mi allontano e più mi tira a sé.
È difficile essere donna nel mondo musicale? Che ne pensi delle polemiche di Sanremo?
Emergere è difficilissimo. Sta venendo fuori anche adesso: dobbiamo stare un passo indietro, tacere, per non turbare la centralità dell’uomo. Tutto ciò adesso è stato reso pubblico, ma fino ad ora non si era parlato del disagio della donna artista. Non siamo agevolate, anche essendo madri. Dobbiamo dividerci nel ruolo di artista, donna, mamma: dobbiamo essere multitasking, ma questo non va riconosciuto. Speriamo che da questo polverone, adesso forse un po’ esagerato, l’uomo cominci a prendere consapevolezza della nostra condizione.
Progetti futuri?
Sto già lavorando al prossimo disco. È già tutto abbozzato, sto lavorando in questa direzione. Voglio continuare a raccontare me stessa.