Tanto estranea agli over 30 quanto fondamentale nella vita di molti adolescenti degli anni 2010, Greta Menchi è un personaggio complesso da riassumere. La sua storia sta ancora definendosi, come quelle di molte altre colleghe svezzate dai primi anni di gloria di Youtube Italia. Appartenente ad una ipotetica “seconda generazione” di content creator italiani, approdata ai vlog in età quasi adolescenziale e capace di intercettare un pubblico incredibile, Menchi divenne un volto ricorrente nell’infanzia di molti. Aprì il suo canale ormai nel 2013 arrivando, in capo ad un paio d’anni, a costruirsi una comunità di spettatori e commentatori in scia ai più famosi esempi anglosassoni. Come molti colleghi e colleghe, si ritrovò a gestire un successo da popstar ad appena diciott’anni, confrontandosi da pioniera con l’allora nascente mondo dell’influencing.
Al culmine del successo, archiviate le prime apparizioni al cinema e in libreria, e con un piccolo ruolo in giuria a Sanremo 2017 in curriculum, per la ventiduenne Greta Menchi arrivò l’inevitabile cambio di passo. La Greta dell’ultimo biennio è ora una personalità social adulta, attivissima su Instagram, determinata a consegnare al passato il videoblogging e riprendere in mano quello che è da sempre stato il primo obbiettivo: la musica. Il 2019 è stato l’anno dell’esordio, e dopo due apprezzatissimi singoli è arrivata la collaborazione con il Re Mida Boss Doms. Euphoria è il terzo brano della cantante, ora finalmente pronta per quella che sembra la sua incarnazione definitiva. Di questo, della musica e del percorso che l’ha condotta qui, ne abbiamo parlato direttamente con lei.
Intervista a Greta Menchi
Greta Menchi è tornata: la pioniera di Youtube e dei vlog adolescenziali è pronta per una carriera adulta nell’industria musicale. “Volevo solo cantare, poi il canale mi è piovuto in mezzo. Ora posso sperimentare”
Parlaci di Euphoria. Con i primi singoli sembrava che volessi presentare la nuova te al pubblico. Ora subentra l’introspezione.
Di pezzi ne ho scritti tanti. Ma ascoltando di tutto, da Battisti all’hardcore, non sapevo ancora chi fossi né come comunicare. La discografia è un ambiente difficile, e ho molto da imparare. Con Fuori di me volevo fare un inno su tutto ciò che mi è successo in questi anni, e su come mi avesse fatto sentire. Tinta era invece un tributo al rock classico, a Bowie e ai Queen, musicisti che ascoltavo in macchina con mio padre, e che ho voluto omaggiare nel videoclip. Volevo raccontare cose che mi piacciono.
Euphoria invece ha aperto il vaso di pandora sul mio privato. Ho perso mio padre in adolescenza, nel periodo di massima esposizione. Sono cresciuta in fretta, senza spensieratezza. Viaggiai molto, e alla fine ho cambiato prospettiva. La canzone è il racconto di ciò che è stato il mio periodo difficile. Volevo pormi vicina alle molte persone della mia generazione che si sentono perse. Se sta tutto nella tua testa, è difficile uscirne.
Greta Menchi: «Sono cresciuta ascoltando Battisti, Queen e Robbie Williams»
Quanto ha influito l’apporto di Boss Doms, nel dare questa nuova direzione alla tua musica?
Lui non ha paura di nulla, produce qualunque cosa in qualunque genere. È uno dei pochi in Italia a mettersi veramente alla prova. Questo mi ispira molto. Gli ho fatto sentire il pezzo, gli ho chiesto di metterci un po’ della sua magia. Mi ha mandato il primo demo ed ho capito subito come fosse la strada giusta. Io ho studiato musica, ma so di essere agli inizi, nella voce e nel modo di raccontarmi. Per questo non parlo di album. Voglio ancora sorprendermi, senza legarmi a generi. Oggi c’è spazio per ogni tipo di creatività, anche in Italia. Mi chiedono che musica faccio, io scherzo: progressive pop.
Hai iniziato a suonare da piccola. Su chi ti sei formata in quel periodo, e dove ti ritrovi nella musica di oggi?
Ascoltavo Battisti in cassetta, con i cd, Robbie Williams, i Queen, ricordo come in macchina con mio padre gli chiedessi sempre di rimettere da capo Under Pressure. Mia madre visse in Inghilterra, e mi regalò i Clash, Bowie, i Pistols. Se cresci con Freddie Mercury come idolo poi diventi perfezionista per forza. Oggi mi piace quello che chiamano banalmente indie, artisti emergenti come Frah Quintale.
A livello di testi molti ragazzini del 2000 fanno cose spaziali. Io mi sento vecchia dentro, mentre i pischelletti più giovani tirano fuori pezzi allucinanti. Io ascolto ogni genere, e mi fa piacere scoprire cose nuove. Si tende sempre a discriminare l’industria italiana, ma stiamo tirando fuori bella roba. Io scrivo e canto ogni giorno, e finalmente mi sento libera di fare quello che mi piace, senza preoccuparmi del piano commerciale. Persone che non ascoltava nessuno, in piccoli club o discoteche di Roma, oggi scoprono un grande successo.
Greta Menchi: «Fedez mi ha sempre supportata»
E quanto ti ha aiutata la Newtopia di Fedez in questo percorso?
Io ricordo di aver parlato a lungo con Fedez, di avergli detto da quanto tempo ci tenessi a esprimersi con la musica. Lui mi ha sempre supportata, ha ascoltato tutto. Ora lavoriamo insieme, la Newtopia mi è sempre stata vicina. Non sono un personaggio facile, ma con loro mi sento libera. Essere sulla stessa lunghezza d’onda è importante. Le major lavorano con gli artisti per venderli, ma io con loro non sento pressioni. Poi cambio idea talmente spesso che non riuscirebbero mai a impormi un personaggio. Io stessa sono già tante persone.
Che rapporto hai con i vecchi media? Dopo una comparsata a Sanremo, li hai messi da parte. La tua generazione sembra non averne più bisogno.
La tv resta un mezzo forte. In ogni casa ce n’è sempre una accesa. Quando Conti mi chiamò a Sanremo rimasi senza parole. Mi trovai di fianco a Morricone che mi spiegava gli archi dei suoi pezzi. Non so perché poi ho lasciato perdere la tv. Il mio modo di comunicare è diretto, forse è quello. Non mi troverei bene in quei salotti. Verrei fraintesa. Non voglio più essere al centro dell’attenzione. Voglio fare musica, accompagnare le persone in una cuffia, e dare ciò che la musica da me. Non mi sento parte di tutto quel contorno.
«La mattina mi sveglio e ho l’ansia di controllare Instagram»
Come ti poni con il modo di fare content americano? Ci sembri un personaggio più legato a quel mondo lì che non allo star system italiano.
Il fatto è che non so mai come fare a farmi capire. Da fuori la percezione è alterata. È difficile per me mantenere una forma di coerenza in quello che la gente vede nel profilo. Il fatto di aver vissuto a Los Angeles, e di aver viaggiato tanto quando ero ancora una bambina… Anche se per me l’età ha poco senso… Mi si è aperto molto lo sguardo. Vivere lì mi ha formata.
Definisco Los Angeles come Instagram nella realtà. È molto inquietante, nonostante ciò che traspaia dalle foto. Le persone soffrono, c’è un problema di droga fortissimo e gente considerata niente dalla società. Conosci tante persone, nomi anche inimmaginabili, ma ti rendi presto conto di quanto quel mondo possa farci star male. La mattina mi sveglio e ho l’ansia di controllare Instagram, mi sento in ritardo su qualcosa e la giornata neanche è iniziata. È negativo. Chi sta lì a guardare vede solo un miscuglio di cose. Io stessa sono in difficoltà, non comprendo il marketing e il modo in cui influenza la comunicazione. Non riesco a farne parte veramente. Bisogna scegliere se vivere tramite numeri e strategie, o mostrare davvero cosa si prova. Il pubblico non sa cosa vuole, tante volte mi chiedo se sia la musica che li colpisce o il personaggio. In studio fai roba fuori dal comune, ma non sai come sarà letta. Per fortuna, posso ancora permettermi di sperimentare.
Greta Menchi: «Volevo solo postare le mie cover, il resto mi è piovuto addosso»
Da qualche anno stai provando a lasciarti alle spalle l’esperienza più giovanile dei vlog in favore di una produzione più matura. Quanto è difficile ricollocare la propria immagine dopo aver raggiunto il successo con un altro tipo di personaggio?
Se assecondassi tutte le mie preoccupazioni… Ricordo che da un giorno all’altro, andavo a scuola e mi trovavo le persone sotto casa. Mio padre e mia madre erano le uniche cose che percepivo ancorate alla vita reale, mentre mi ritrovavo da sola con aziende che volevano farmi promuovere roba. Io non avevo nessuno a cui guardare. Nelle università facevano lezioni su di me, e io non capivo. Non riesco a comunicare qualcosa che non sento… Cercavo di parlare con onestà di ciò che facevo. Non volevo essere una commessa. Oggi mi viene da vomitare di fronte a quelli che usano i profili come negozi online, per vendere cremine. Ognuno deve vivere, ci mancherebbe. Ma io ho bisogno di sentirti parlare come parli ai tuoi amici, non come una commessa.
È per questo che ti sei allontanata da quel mondo?
Sono cambiata così tanto che è difficile da raccontare. Per quanto tu possa essere presente online, non riuscirai mai a far capire tutto. Per anni sono rimasta zitta. Ero triste, e non avevo nulla da comunicare. Fin da piccola volevo fare musica, l’obbiettivo era quello. Poi l’egocentrismo mi ha fatto aprire il canale… Volevo solo postare le mie cover, e il resto mi è piovuto addosso. Si è messo in mezzo. La mia vita è diventata pubblica.
Mi è servito tempo per ricostruirmi un privato, e imparare a proteggerlo. Un consiglio che mi sento da dare in ottica di responsabilità: riflettete su cosa pubblicate. Internet non dimentica. Una volta che condividi qualcosa non si torna indietro. I social non ti danno speranze, le persone ti trattano come il personaggio di una serie tv. Ho conosciuto gente a LA, ex star bambine che avevano perso visibilità… Non ho mai visto nessuno così instabile. Persone della mia età completamente sganciate dalla realtà.
«… Poi l’incontro con Papa Francesco»
Uno ti vede come il simbolo di questi ambienti e di quel mondo, quando è in realtà c’è molta freddezza, molto distacco.
Io fatico con questi social. Quando ero piccola dissi al mio manager che volevo cancellarmi da Facebook: a momenti gli veniva un infarto. Li uso per coltivare un rapporto, ma non riesco a condividere il privato. E non riesco a raccontare una vita fittizia, quella delle persone che stanno sempre bene. Ma non voglio neanche parlare di quando sto male.
E il tuo pubblico, come è cambiato? La tua generazione può veramente dire di essere cresciuta con te. Sono rimasti, nonostante la tua evoluzione?
Arrivano da me un sacco di persone, anche gente più grande, a dirmi che mi supportavano dall’inizio. In molti mi dicono di essere cresciuti con i miei video. Ora ho acquisito un altro pubblico e un’altra fascia d’età, più variegata. Per la musica sto ricevendo complimenti dalle persone più improbabili. Io inizialmente avevo difficoltà a parlare di me, uscivo da un mondo colorato, da teenager. Mi rendo conto ora della maniera in cui lavoravo sul canale… C’è stato un momento in cui avevo cancellato tutto, sparendo da internet, avevo tolto persino le app. Per farti capire cosa ti fa questa realtà in giovane età.
Poi chiamarono, e mi proposero un incontro con una persona importante. Io pensavo una popstar, Robbie Williams, o un presidente… Succede che era Papa Francesco. Voleva incontrarmi a una roundtable in Vaticano. Io vengo da una famiglia credente, collaboro con Sant’Egidio. Per me è stato destabilizzante. Gli raccontai del periodo difficile della mia vita, di come non sapessi più come comunicare. Lui mi disse di riportare in primo piano il contatto. Non c’è nulla da dire a chi sta male, puoi solo abbracciarli. È una bella cosa. Le persone che oggi hanno vent’anni e mi guardavano da piccola, io sento di avergli dato qualcosa di onesto. Una roba che su internet è difficile da trovare.