È senza dubbio uno dei volti più noti della fiction italiana: lo abbiamo visto vestire i panni di Aldo Dessì in Incatesimo per poi passare con disinvoltura a quello di Eugenio Nicotera in Un posto al sole. Eppure Paolo Romano, mentre continua con solerzia a dedicarsi alla recitazione sul piccolo e sul grande schermo, non ha mai abbandonato il suo primo amore: il teatro. Era il 1992 quando iniziò a lavorare sul palco, portando in scena Il genio buono di Carlo Goldoni, per la regia di Malacrida. A distanza di ventotto anni da quel fortunato esordio, Romano è nuovamente a teatro con una straordinaria e amatissima pièce, Arsenico e vecchi merletti di Joseph Kesselring, per la regia di Geppy Gleijeses e prodotto dal Teatro Quirino di Roma.
Intervista a Paolo Romano, Mortimer in “Arsenico e vecchi merletti”
Paolo, dallo scorso autunno sei in scena a teatro con lo spettacolo “Arsenico e vecchi merletti”. Una pièce divenuta famosa soprattutto grazie alla trasposizione cinematografica che venne realizzata nel 1944 per la regia di Frank Capra. Per i lettori che non la conoscono, puoi raccontarci qualcosa di più su questa storia?
La trama è molto divertente. È una dark comedy. Ci sono queste due donnine tanto perbene, amorevoli, i cui nomi sono Abby e Marta, che si prodigano a fare beneficenza aiutando i poveri e i bisognosi, regalando oggetti, vestiti e anche brodi di pollo. Hanno però un “vizietto” che è quello di servire un vino di sambuco corretto con un miscuglio di veleni ai più disperati, facendogli trovare una pace eterna. Poi li seppelliscono in cantina, ovviamente tutto in chiave molto comica. Il nipote – che nello spettacolo è interpretato da me – viene a scoprire casualmente questo vizietto delle signore e da lì si sviluppa tutta la storia. Una storia che consiglio vivamente di venire a vedere a teatro.
Tu interpreti un personaggio che in “Arsenico e vecchi merletti” di Frank Capra fu di Cary Grant. Un riconoscimento, ma anche una responsabilità. Come l’hai vissuta?
Devo ammettere che è la domanda che mi fanno più spesso. Beh, che dire, l’ho vissuta con serenità perché fondamentalmente non ci si può paragonare a una star interplanetaria hollywoodiana. Sono due mondi diversi. Non solo quelli erano altri tempi, ma soprattutto si tratta di una cosa ben diversa: il cinema. È proprio un altro mezzo: c’è la macchina da presa, puoi rifare i ciak, ci sono i microfoni… è tutto un altro sistema. Invece a teatro si apre il sipario e, a prescindere dal fatto che tu sia nel teatrino più piccolo della provincia di Udine o al Teatro della Pergola di Firenze, ogni sera lo spettacolo è diverso. Quindi, semplicemente, non si ha neanche il tempo di paragonarsi a un attore del genere, si pensa solo a fare il meglio possibile.
Raccontaci qualcosa sul tuo personaggio: qual è il suo ruolo all’interno dello spettacolo?
Beh, che dire su Mortimer… io lo adoro. È un po’ lo stereotipo dell’americano medio. È molto professionale nel suo lavoro: è un critico teatrale, segue gli spettacoli, ne scrive recensioni. Nel prologo, però, ci viene detto che lui fino all’anno prima lavorava nel campo immobiliare. È passato quindi da vendere case a fare il critico teatrale come se niente fosse, e questo me lo rende molto simpatico perché immagino che l’anno dopo inizi a fare, che so, il chirurgo (ride, ndr). È un personaggio che mette nel suo lavoro il massimo dell’impegno, ma è evidente che non ne capisca granché di teatro. E questo me lo fa adorare.
Basta dare una fugace occhiata alla locandina per rendersi conto che lo spettacolo ha un cast di tutto rispetto. Ci sei tu, c’è Annamaria Guarnieri, c’è Giulia Lazzarini. Come ti sei trovato a lavorare con loro?
Tutti noi verso queste due attrici abbiamo una sorta di timore reverenziale. Ci approcciamo a loro per quello che sono: due straordinarie professioniste. E, di conseguenza, abbiamo tutti nei loro confronti il rispetto che meritano. Sono decisamente diverse l’una dall’altra ed è molto interessante per me vedere come affrontano una tournée, ad esempio. Ogni sera, come si dice a Roma, stanno sul pezzo e cercano di ottenere il massimo. E si capisce perché sono riuscite a intraprendere delle carriere così strepitose: sono molto attente, non lasciano niente al caso, la sera dopo lo spettacolo, a cena, continuano a parlare di lavoro («Quella battuta, perché l’ha detta così?»)… non si fermano mai.
E magari così tanta professionalità sprona chiunque sta loro intorno a fare del suo meglio.
Assolutamente sì, sono molto pretenziose e sempre concentrate. E questo è un aiuto per tutti.
A Roma so che lo spettacolo è andato molto bene, avete registrato diversi sold out. Quali sono le prossime tappe? Avete subito dei rallentamenti per via della emergenza sanitaria?
Sì, adesso purtroppo lo spettacolo è sospeso. In questi giorni in teoria saremmo dovuti essere a Trieste, ma per via del decreto governativo abbiamo dovuto rinviare tutto. È il Governo che ha preso la decisione di sospendere tutte le attività dal vivo, creando – stavo leggendo – un danno di 10 milioni di euro ogni 7 giorni. Ma è una contingenza particolare e non possiamo farci granché. Dovremmo riprendere il 5 marzo a Cervignano, in provincia di Udine; dopodiché saremo a Imola, a Gorizia, ci sposteremo a Milano, per poi concludere a Cagliari. Speriamo che nel giro di un mese quest’emergenza dovuta al Coronavirus rientri.
Il grande pubblico italiano ti conosce anche e soprattutto per il tuo ruolo in serie televisive di successo nel nostro Paese. Penso, tra tutte, “Un posto al sole”, per cui lavori ormai dal 2011. Ecco, mi verrebbe da chiederti: quanto senti ormai tuo il ruolo di Eugenio Nicotera? Questo ha in qualche modo condizionato i tuoi altri lavori? Mi spiego meglio: ti è mai capitato di ritenerlo quasi ingombrante?
La verità è che io – ringraziando non so bene chi, se me stesso, o Dio, o il mio agente – ogni anno riesco a dedicarmi anche ad altri lavori. In Un posto al sole non solo il protagonista, quindi per fortuna ho del tempo libero e mi lasciano allontanare dal set per qualche settimana, a volte anche mesi, per permettermi di lavorare ad altri progetti. Tra questi c’è ovviamente anche il teatro, a cui non ho mai smesso di dedicarmi. Questo fa sì che la gente mi riconosca per Un posto al sole, certo, ma non solo. C’è che mi dice che si ricorda della mia interpretazione in Incantesimo, o in Papa Luciani, o in Rosso San Valentino, o ancora in Mentre ero via con Vittoria Puccini, e così via. Quindi no, non ritengo Nicotera così ingombrante, anche perché è un personaggio, così come Mortimer, molto lontano da me… Sono due personalità che non hanno nulla in comune con la mia vita reale, quindi è come se ogni volta io arrivassi, indossassi un costume e portassi in scena qualcosa che è diverso da quello che sono abituato a vivere. E, una volta uscito dalla Rai di Napoli, o dal palcoscenico, tornassi a essere quello che sono realmente.
Hai parlato di altri progetti. Ne hai qualcuno in cantiere per i prossimi mesi?
Ce n’è uno che è fresco di firma sul contratto: è una serie televisiva di Canale 5, con Anna Valle e per la regia di Fabrizio Costa, che inizierò a girare a breve. Poi ce n’è un altro che però per ora non ti dico perché ancora non ho firmato il contratto…
Allora non ti domando altro a riguardo e mi limito ad augurarti buona fortuna. Concluderei, però, chiedendoti tre motivi per andare a teatro a vedere “Arsenico e vecchi merletti”.
Il primo è il divertimento assoluto che lo spettacolo porta con sé. Il secondo è che il teatro è sempre qualcosa di magico: è come un rito, pagano ovviamente ma pur sempre un rito. E ogni serata, ogni spettacolo è diverso dall’altro, a differenza del film che è impresso nella pellicola e ciò lo rende immutabile nel tempo. È un rito e dobbiamo far sì che il teatro viva, che resti in piedi. Perché condividere le risate assieme agli altri è diverso che guardare un film da soli a casa su un dvd, quindi bisogna continuare a portare davanti la nostra straordinaria tradizione teatrale. Il terzo motivo…beh, vorrei dire di venire a vederlo perché ci sono io, ma non lo farò (ride). La verità è che ci sono queste due signore spettacolari che valgono veramente da sole il costo del biglietto.