La riapertura degli stadi di calcio resta nel nostro Paese un problema irrisolto. Dopo riaperture più o meno di tutti i settori della vita civile e sportiva italiana, permane la questione degli assembramenti di migliaia e migliaia di persone sugli spalti.

I nuovi, piccoli ma diffusi, focolai di coronavirus in quasi tutte le regioni scoraggiano le autorità. A cominciare dal ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. Non arriva ancora, dunque, un via libera definitivo al ritorno in curva e sulle gradinate. “Siamo molto preoccupati, ma allo stesso tempo impegnati nel proporre soluzioni agli organi di governo”, ha dichiarato il 4 agosto il presidente della Federazione italiano gioco calcio (Fgic), Gabriele Gravina.

“Noi contiamo sulla riapertura degli stadi, con gradualità, se l’evoluzione epidemiologica lo consentirà”. La questione, tuttavia, non tocca solo l’Italia, dove si è appena concluso il tormentatissimo campionato di seria A 2019/2020 dopo mesi di stop per la quarantena. È tutta l’Europa a soffrire una vita calcistica post-lockdown fatta di match a porte chiuse. Con incertezze sul futuro dei club, degli stadi e della “sostenibilità” economica del business legato al mondo del calcio.

L’autorevole quotidiano parigino Le Monde riporta come l’AS Monaco stia testando un “passaporto sanitario”. Un nuovo strumento che consentirebbe di monitorare lo stato di salute degli spettatori. In Inghilterra, la Premier League sostiene fortemente questa iniziativa che potrebbe in futuro diffondersi ben oltre i confini francesi. Le finali di Coppa di Francia e di Coppa di Lega hanno dato un assaggio dello spettacolo malinconico che potrebbe regnare sulle tribune per gran parte della prossima stagione. Ossia, un’atmosfera quasi da porte chiuse con spalti chiusi per i tifosi più ferventi. In contrapposizione alla possibilità di selezionare un pugno di rappresentanti eletti nell’ambito delle tifoserie per farli partecipare alle patite dal vivo.