Dai Big data alla salute. E dal digitale all’ambiente e al patrimonio culturale. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono 9 i grandi centri nazionali di ricerca previsti. Il Recovery plan italiano, dunque, mette in campo risorse – se Bruxelles le accorderà in via definitiva – per accrescere la ricerca e la produzione scientifica in vari campi.
Fondi per 1,6 miliardi in 5 anni
Si punta a coinvolgere diversi attori e diverse aree del Paese, con una particolare attenzione al Sud e alle isole. Ma anche con l’obiettivo di rafforzare la collaborazione fra università, centri di ricerca e imprese. Il tutto in linea con gli obiettivi del nuovo programma quadro di ricerca europeo Horizon Europe. Il finanziamento complessivo è di 1,6 miliardi per il periodo 2021-2026.
I nuovi centri di ricerca
I nuovi centri nazionali previsti dal Recovery plan italiano sono in primo luogo il Centro Nazionale per la simulazione avanzata, la gestione e l’analisi dei Big data. Dovrà includere un’infrastruttura per il calcolo e infrastrutture dedicate all’informatica e all’intelligenza artificiale. Poi c’è il Centro Nazionale per l’ambiente e le tecnologie per l’energia e a esso si affianca il Centro Nazionale per le tecnologie quantistiche e i materiali avanzati, la fotonica e l’optoelettronica. Quest’ultimo è destinato ad assicurare all’Italia un ruolo nella rivoluzione tecnologica in arrivo. Ovvero quella basata su queste nuove tecnologie che avranno ripercussioni in tutti i settori della ricerca.
Dal cibo alla transizione digitale
C’è quindi il Centro Nazionale per le tecnologie per la salute. Qui l’obiettivo è di sviluppare nuove molecole al servizio della prevenzione, della diagnosi e della cura. Sul fronte dell’agricoltura ecco il Centro Nazionale per le tecnologie per l’agricoltura e il cibo. Fra i suoi obiettivi ha la messa a punto di conoscenze utili all’adattamento delle colture ai cambiamenti climatici e per favorire la biodiversità. Nel settore dei trasporti arriverà il Centro Nazionale per la mobilità sostenibile. C’è quindi il Centro Nazionale per le tecnologie applicate all’eredità culturale, che per la tutela dei beni culturali dovrà utilizzare le tecnologie più avanzate: dalla robotica alla scienza dei materiali. Quello per la biodiversità e la sostenibilità ambientale e, infine, il Centro Nazionale per le tecnologie per la transizione digitale nell’industria.