“Lassù sento gli angeli / Che cantano per noi / Dolcemente, dolcemente / È un canto fatto di felicità”. Questi versi sono tratti da una splendida canzone della colonna sonora del film Dolor y Gloria di Pedro Almodóvar. Al regista che spesso ha messo in scena delle cerimonie funebri ho subito pensato nel momento in cui sono entrata nella camera ardente in Campidoglio allestita per la grandissima Raffaella Carrà.
Non c’era tristezza, ma una commozione profonda, sincera e totale sì. Per questo in redazione abbiamo scelto questa foto (scattata dalla nostra fotoreporter Teresa Comberiati) come copertina di VelvetMAG – numero di agosto per raccontare questo luglio appena trascorso. Non solo fisicamente a Roma dove l’Italia e il mondo le hanno reso omaggio per tre giorni interi. E’ accaduto un po’ ovunque. Come in TV, con la RAI che giustamente ripropone i suoi programmi. Perché anche in un momento doloroso, quello che si è perso è l’essenza di Raffaella Carrà che – come ha scritto una delle nostre redattrici Cristina Migliaccio – “è stata l’arcobaleno in una televisione che guardava alla donna come una sagoma in bianco e nero“.
I colori – il suo giallo su tutto – le immagini, le canzoni, il suo modo inconfondibile di ballare, la risata hanno attutito il dolore, proprio come nello splendido e un po’ malinconico film del 2019 del regista spagnolo.
Il “Dolor (e)” della gloria nel mondo dello spettacolo
Raffaella Carrà ha cantato (proprio come recita la canzone, “per noi”, “di felicità“), ballato, presentato, intrattenuto come nessuna showgirl del mondo dello spettacolo italiano. Perché nessun’altra era insieme tutte queste artiste insieme; qui come in moltissimi paesi latini, dove Raffa era un mito, un’icona vera, genuina, innovativa, ma magicamente sempre uguale a se stessa. Perché è inutile cambiare e trasformarsi se sei sempre in grado di interpretare il presente e allo stesso tempo precorrere il futuro. Questa era la grandezza della signora della televisione italiana: il suo caschetto inconfondibile, le sue giacche, i suoi abiti. Tutto quello che la riguardava non andava in scena per lei o con lei, erano la sua essenza naturale, genuina. Per questo era amata da tutti. Un modello di comportamento discreto e rivoluzionario, capace di essere un simbolo per molti, una sorta di sintesi per chi vuole affermare i propri diritti.
A luglio ci ha lasciati poi un attore dal talento cristallino: Libero De Rienzo. A soli 44 anni era considerato uno dei migliori interpreti del nostro cinema. Ricordo perfettamente di aver visto al cinema nel 2001 Santa Maradona. Inevitabile per me che, con il sogno di diventare una giornalista sportiva, scrivevo una tesi di laurea sul calcio con annesso video che si concludeva proprio con il gol segnato dalla “Mano de Dios“. Ho amato la sua interpretazione di Bartolomeo “Bart” Vanzetti, perché siamo tutti alla ricerca di un “goal di mano”, di una ‘vendetta magari tutta personale’ come quella di Maradona con la guerra delle isole Malvine/Falkland. Una interpretazione da David di Donatello come Miglior Attore Non Protagonista.
Si potrebbero citare molti film, soprattutto quelli in cui esplode la sua comicità: un mix inusuale tra quella innata napoletana e il cinismo romanesco. Ma è del 2010, con Fortapàsc di Marco Risi che è tornato a superarsi (ricevendo la candidatura sempre al David come Miglior Attore Protagonista), dando corpo cinematografico alla tragica fine del giornalista Giancarlo Siani.
La “Gloria” dello sport italiano
Luglio poi ci ha compensato di colpo e in maniera in attesa in una domenica felicemente bestiale e tutta londinese. Un 11 luglio che non dimenticheremo facilmente, perché è quasi come se la gloria ci avesse ricoperto. Da Wimbledon a Wembley, con Matteo Berrettini prima e con gli Azzurri di Mancini Campioni d’Europa poi.
La festa è ancora negli occhi di tutti: l’entusiasmo incontenibile dei tifosi; il bagno di folla romano (speriamo davvero senza troppi strascichi per i contagi); la salita al Colle da Presidente Mattarella; la cerimonia a Palazzo Chigi con il premier Draghi. Due giorni capaci di lenire anche il dolore e la paura che spesso ci hanno accompagnati dal marzo del 2020.
Per concludere ci sarebbe da raccontare anche delle medaglie degli Italiani in Giappone, ma visto che al momento i Giochi Olimpici non sono terminati ci aggiorniamo al prossimo editoriale. Per ora, per questo luglio incredibilmente ricco di emozioni, si torna a quegli “angeli che cantano” nella voce della grande Mina, nella canzone che nel lontano 1961 scrisse Pino Donaggio; “dolcemente, dolcemente” sia nel dolor, sia nella gloria.
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