Alla domanda su cosa fosse per lei il cinema, in un’intervista rilasciata tempo fa per Io Donna, Laura Morante ha risposto: “Istinto e passione. Il primo mi aiuta a scegliere la strada giusta, il secondo è la molla che mi fa amare un personaggio.” Due qualità che ben sintetizzano il modo di fare dell’interprete sul grande schermo. Dalla ‘madre di famiglia’, che assiste inerme al progressivo disfacimento del suo matrimonio in Ricordati di me, diretto da Gabriele Muccino, alla ribelle Begonia ne Lo sguardo dell’altro, Laura Morante ha sempre mostrato di non lasciarsi inquadrare in un solo personaggio femminile.
Al contempo, pur apprezzata per le sue qualità drammatiche, ha dato prova di sapersi giostrare anche nella commedia, come ha dimostrato in Ferie d’agosto di Paolo Virzì. Nella sua carriera ha avuto, tuttavia, grande impatto la figura di Nanni Moretti, soprattutto per il particolare rapporto di ‘amore e odio’ che li ha legati. La loro collaborazione si è concretizzata, infatti, in due pietre miliari della filmografia del cineasta e, al contempo, del cinema nostrano: Bianca e La stanza del figlio. Proprio quest’ultimo ha fruttato a Laura Morante il David di Donatello, riportando inoltre la Palma d’Oro del Festival di Cannes in Italia.
Laura Morante e l’indimenticabile performance ne La stanza del figlio: il trauma della perdita
“A Moretti devo tanto perché è grazie al successo di Bianca e La stanza del figlio che il cinema mi ha assegnato altri ruoli importanti. Con Nanni ho avuto un rapporto di odio e amore unico: è un regista straordinario, capace di tirare fuori il meglio dagli attori.” – Laura Morante ha ricordato, alcuni anni fa, l’importanza che il cineasta ha avuto nella sua vita. Ma è altresì vero il contrario. Lo stesso regista delle nevrosi ‘surreali’ in Ecce Bombo e della satira politica di Caro Diario e Aprile ha infatti scelto l’interprete, nipote della scrittrice Elsa Morante, per inaugurare una nuova fase della sua carriera. La stanza del figlio segna, difatti, uno spartiacque nella filmografia di Moretti, che ha deciso di raccontare una storia mai comparsa prima nelle sue opere.
Nel 2001, difatti, il regista ha raccontato la vicenda di Giovanni (interpretato dallo stesso Moretti) e Paola (Laura Morante). Coppia borghese, felicemente sposata, i coniugi hanno due figli, ovvero Irene (Jasmine Trinca) e Andrea (Giuseppe Sanfelice). L’equilibrio viene scosso da una tragedia improvvisa: Andrea rimane vittima di un terribile incidente. Ciascuno dei componenti della famiglia dovrà dunque fare i conti con il trauma causato dalla perdita, elaborandolo per riuscire ad andare avanti. La stanza del figlio offre un racconto privo di filtri, a-drammatico, fondando la propria tragicità sulla storia in sé, senza fare appello a orpelli o manierismi di alcun tipo. I silenzi interminabili, la recitazione istintiva, disperata ma mai enfatizzata hanno portato il film a vincere la Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 2001.
Per Laura Morante è stata una riconferma ulteriore della sua forza drammatica, portandola inoltre a ottenere un David di Donatello per la sua interpretazione. Nell’intensità della sua interpretazione, nella violenza delle sue reazioni mai artificiose, c’è tutto. C’è la forza, a cui una madre deve fare appello per sopravvivere alla perdita più dolorosa e “crudele” che una persona possa sperimentare: un figlio. C’è la disperazione reale, nel trovarsi di fronte a un ostacolo insormontabile. Ci sono la violenza e la cattiveria che, talvolta, la vita pone davanti. Ci sono anche l’amore e il dolore, che si confondono in un turbinio di emozioni complesse. Ma, soprattutto, c’è il talento. Un talento che Laura Morante ha dimostrato, ancora una volta, in una delle sue interpretazioni più intense della sua carriera. Ed è così che abbiamo scelto di celebrarla.
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