Greta Garbo, la ‘Divina’ che ha incantato Hollywood (tranne Clark Gable)
Il Guinness dei Primati l'ha eletta "la donna più bella del mondo", il cinema l'ha resa immortale
C’era un tempo in cui il cinema era fatto quasi essenzialmente di immagini. Parole, suoni e dialoghi sono difatti entrati successivamente a far parte del linguaggio della settima arte, arricchendo l’esperienza visiva del pubblico. Prima di allora, dunque, riuscire ad affermarsi risultava un’impresa che permetteva di sfoderare un’unica arma a disposizione: il volto. Chi in tal senso è riuscita a emergere – non sfigurando neanche nel periodo successivo del sonoro – è stata proprio lei: Greta Garbo. Soprannominata la Divina – decenni prima di Federica Pellegrini – non è stata “soltanto” un’attrice. È stata un’icona. Non si è limitata a recitare: è stata, come Federico Fellini stesso ha chiosato, ” la fondatrice d’un ordine religioso chiamato cinema.”
Greta Garbo, è nata una Stella
“La Garbo appartiene ancora a quel momento del cinema in cui la sola cattura del volto umano provocava nelle folle il massimo turbamento, […] in cui il viso costituiva una specie di stato assoluto della carne, che non si poteva raggiungere né abbandonare.” – il semiologo e critico letterario francese Roland Bathes ha così sintetizzato la magia dietro il volto dell’interprete svedese. Perché razionalmente non si può spiegare quel mistero celato dietro i tratti algidi, scandinavi, che le hanno fatto guadagnare il titolo di “donna più bella mai esistita” da parte del Guinness dei Primati. Un mistero, in effetti, che si acuisce maggiormente considerata anche la sua carriera breve, giunta al termine – per volontà stessa di Greta Garbo – nel 1941 all’età di 36 anni.
Nata il 18 settembre 1905 a Stoccolma, Greta Lovisa Gustafsson – questo il suo vero nome – ha intrapreso fin dall’adolescenza la carriera di attrice, un po’ per caso. Dopo aver lavorato brevemente in un negozio di barbiere e, in seguito, come commessa presso la catena di grandi magazzini svedesi PUB, qualcuno si accorse della sua avvenenza. Ha iniziato dunque a posare come modella, passando ben presto a prestare il volto per degli spot pubblicitari. Le clip attirarono l’attenzione del regista Erik Arthur Petschle, che ben presto la portò sul grande schermo con Luffar-Petter del 1922. Grazie ai suoi lineamenti incisivi e, in particolar modo, al suo look unico, Greta Garbo iniziò a farsi conoscere. L’interprete inoltre fu iniziatrice di un vero e proprio trend che fu indicato come “stile alla Garbo“. Abiti larghi, completi, giacche e pantaloni dal taglio maschile, fu tra le prime a lanciare la moda androgina: era chiaro dunque che fosse nata una Stella.
Il Volto del cinema e i dissapori con Clark Gable
La presentazione a Stoccolma de La leggenda di Gösta Berling (1924) decretò il successo di Greta Garbo in madrepatria. Sebbene la critica non lo accolse bene, Mauritz Stiller – divenuto nel frattempo pigmalione della star – scelse di proiettarlo anche a Berlino: la mossa si rivelò vincente. Nella capitale tedesca, l’interprete fece la conoscenza del regista Georg Wilhelm Pabst che le offrì una parte in La vita senza gioia (1925). Il film fu essenziale per il lancio della icona svedese negli Stati Uniti, grazie al fatto che, dopo averlo visto durante una proiezione privata, il produttore Louis B. Mayer le propose un contratto con la MGM. Non passò molto tempo prima che il volto incisivo di Greta Garbo riuscisse a conquistare anche gli States. Affermatasi come star del muto, l’attrice girò nel 1926 La carne e il diavolo al fianco di John Gilbert. La sequenza girata alla stazione fu anche la prima volta in cui l’attore vide la diva scandinava, rimanendone affascinato. A causa di quella folgorazione fulminea, infatti, Gilbert non tornò più a casa dalla moglie, Leatrice Loy.
La coppia si riconfermò sul grande schermo anche nella trasposizione di Anna Karenina nel 1927. Un successo encomiabile che spinse la MGM a riproporre la stessa storia, in una trasposizione sonora datata 1935. Ancora una volta Greta Garbo ricoprì il ruolo principale, questa volta al fianco Fredric March. Tuttavia, nonostante le lodi che aveva attirato su di sé, la star scandinava fu anche oggetto di alcune critiche. In particolare, un altro grande divo con cui aveva diviso il set non sembrava provare grandi simpatie per la celeberrima Ninotchka: Clark Gable. Ebbene proprio l’amato Rhett Butler di Via col vento, che insieme alla Garbo aveva girato La cortigiana (1931) la riteneva una snob. Dal canto suo, anche l’icona svedese non si sarebbe risparmiata più di tanto nei confronti del collega, definendo la sua recitazione “di legno”. Insomma, una faida accesa quasi quanto quella tra Bette Davis e Joan Crawford (ma questa, francamente, è una storia che meriterebbe un capitolo a parte).
Greta Garbo, la femme fatale e lo scandalo di Mata Hari
Il suo fascino misterioso, quella sensualità inaspettata e “androgina” ma al contempo estremamente femminile la resero l’interprete perfetta per Mata Hari. George Fitzmaurice scelse la diva scandinava per raccontare la storia vera della nota spia-ballerina: fu forse il film che la rese in assoluto una vera e propria sex symbol. Distribuito nel 1931, tuttavia, il lungometraggio creò un forte scandalo all’epoca per via di una scena in particolare, ritenuta troppo audace. La diva, infatti, si lasciò andare a una danza estremamente sensuale dinanzi a una statua della divinità orientale Shiva. Mata Hari uscì di nuovo solo nel 1936 e, per essere adattato alle normative imposte dal Codice Hayes, si trovò mutilato di quella stessa scena.
Grazie al clamore suscitato dal film, gli anni Trenta furono il periodo d’oro di Greta Garbo. L’interprete prese parte infatti a progetti, ritenuti ormai pietre miliari della cinematografia. Tra Grand Hotel (1932) e La regina Cristina (1933), l’icona scandinava riscrisse la storia del grande schermo, offrendo un’immagine inedita di sensualità. A contribuire alla sua fama, tuttavia, furono anche le vicissitudini personali, in particolar modo la sua discussa bisessualità. Pare inoltre che la Garbo fu sentimentalmente legata alla sua “rivale” storica dell’epoca: Marlene Dietrich. Insomma, fra mito e verità, tra realtà e immaginazione, la figura di Greta Garbo continua a creare fascinazione e mistero. Un lusso che in pochi possono permettersi. Un lusso che riguarda solo i grandi.
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