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Imputati assenti al processo Regeni. “Sperano di farla franca”

Alla prima udienza, presenti i genitori di Giulio, il pm Colaiocco stigmatizza il comportamento degli agenti dei servizi segreti egiziani

Caso Regeni, è cominciato oggi 14 ottobre in Corte d’Assise a Roma, nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, il processo a 4 agenti dei servizi segreti egiziani. Sono imputati a vario titolo del sequestro, della tortura e dell’assassinio del ricercatore friulano. “I quattro imputati a processo per le torture, il sequestro e l’assassinio di Giulio Regeni sono dei finti inconsapevoli” ha detto in apertura di udienza il pm Sergio Colaiocco. “Non sono qui in aula per evitare che il processo vada avanti.” Ma invece “il processo deve cominciare perché ci sono tutte le condizioni, anche quelle per il diritto di difesa“. La Presidenza del Consiglio dei ministri si è costituita parte civile. Il ricercatore friulano dell’Università di Cambridge morì al Cairo, in Egitto, dopo essere sparito nel nulla il 25 gennaio. Il suo cadavere, ai bordi di una strada, fu rinvenuto il 3 febbraio 2016.

Caso Regeni, i testimoni

Nelle varie fasi del procedimento saranno presenti in aula tutti i presidenti del Consiglio italiani degli ultimi cinque anni. Si tratta di Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi. Con loro tutti i ministri degli Esteri, i sottosegretari con delega ai Servizi segreti e i più alti funzionari di intelligence. Personalità che l’avvocata della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, ha convocato come testimoni. La legale ha chiesto che vengano a deporre anche il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, suo figlio Mahmoud, e il ministro dell’Interno all’epoca dei fatti, Magdy Abdel Ghaffar.

I quattro imputati contumaci

I quattro agenti della National Security sul banco degli imputati, individuati grazie alle indagini della Procura di Roma, sono: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Tutti devono rispondere del reato di sequestro di persona pluriaggravato. A Sharif i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Gli imputati non sono presenti in aula. Il tribunale dovrà in primo luogo stabilire di processarli in contumacia o meno. Le autorità egiziane, ostacolando il processo, non hanno comunicato gli indirizzi degli imputati per la notifica degli atti.

Regeni, il ruolo di Abdallah

Come ricorda ilPost.it, la procura di Roma ha chiesto di interrogare tutti i testimoni che hanno raccontato di aver visto Giulio Regeni nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte. Tra questi riveste un ruolo chiave il leader del sindacato indipendente dei venditori di strada, Mohamed Abdallah. L’uomo è accusato di aver denunciato Regeni alle autorità egiziane. Ma vi sono anche alcune persone che hanno raccontato di avere visto Giulio dopo la sua scomparsa. Finora non è mai stata rivelata la loro identità.

Anni di depistaggi

Secondo i magistrati capitolini le autorità egiziane avrebbero mentito e ostacolato la ricerca della verità sulla morte di Regeni fin da subito. I magistrati del Cairo tentarono di accreditare la tesi che Giulio fosse rimasto vittima di un incidente stradale. Di lì a poco, nel marzo del 2016, il Governo egiziano affermò di aver trovato e ucciso i colpevoli del sequestro del ricercatore: presunta una banda criminale. Dopo qualche giorno questa ricostruzione dei fatti si rivelò completamente falsa. A settembre del 2017 le autorità egiziane ammisero che Regeni era stato indagato. A dicembre del 2020, dopo la chiusura delle indagini da parte della procura di Roma, l’Egitto fece sapere che non avrebbe collaborato con l’Italia nel processo.

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Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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