Iniziano ufficialmente domenica 31 ottobre i lavori di Cop26. che vedono impegnati i 197 paesi appartenenti alla Convezione quadro delle Nazioni Unite nella Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici (UN Framework Convention on Climate Change, UNFCCC). Si tratta della 26esima edizione dopo la prima avvenuta a Berlino nel 1995. Quest’anno verrà ospitata dal 31 ottobre al 12 novembre 2021 dal Regno Unito, presso lo Scottish Events Campus (SEC) di Glasgow; in quest’edizione la Conferenza vede una partnership con l’Italia che ha ospitato ad inizio ottobre i lavori della Youth4Climate e della PreCop26.
Benché si tratti della 26esima edizione, questa di Glasgow rappresenta un evento particolarmente eccezionale, poiché è la prima edizione dopo lo scoppio della pandemia; a fronte di questo, la Cop26 sarà anche un evento per confrontarsi su un periodo drammatico di portata mondiale. Ma la Conferenza nasce soprattutto come occasione (che qualcuno ha definito l’ultima) per concretizzare gli obiettivi climatici e contrastare la forte crisi che sta conducendo a conseguenze sempre più allarmanti in tutto il Pianeta.
Gli obiettivi della Cop26
Dopo la Cop25, tenutasi a Madrid nel 2019, poco è stato fatto; nonostante siano state affrontate delle risoluzioni in merito al taglio dei gas serra e agli aiuti per i paesi più poveri che subiscono già gli effetti del cambiamento climatico, le negoziazioni hanno portato ad un nulla di fatto rispetto ai mercati di carbonio. Soluzione che esige di essere trovata improrogabilmente con la Cop26. A questo obiettivo fondamentale, l’UNFCCC ne ha aggiunti altri quattro; essi sono presenti nel manifesto per la Conferenza delle Parti.
Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5 °C; il primo obiettivo si concentra su misure che interessano, ad esempio, la fuoriuscita del carbone e la riduzione della deforestazione. Il secondo obiettivo prevede l’adattamento per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali; questo obiettivo parte dal presupposto che alcuni paesi, nonostante misure contenitive, continueranno a subire gli effetti del cambiamento climatico. Questo esige che vi sa aiuto e supporto a livello globale. Il terzo obiettivo riguarda i finanziamenti e la mobilitazione di quest’ultimi; si focalizza sulle risorse economiche necessarie per raggiungere questi obiettivi. Ed infine, l’ultimo obiettivo insiste sulla collaborazione; una forma di cooperazione mondiale, l’unica in grado di poter realizzare gli obiettivi precedenti.
Un’unica urgenza per tutto il Pianeta
Secondo quanto stabilito dall’Accordo di Parigi, le nazioni partecipanti hanno concordato di collaborare all’attuazione di una serie di misure mirate a limitare l’aumento della temperatura globale. Tali misure comprendono l’utilizzo di energie rinnovabili, il ripristino della biodiversità negli habitat e la riduzione di settori e mezzi di trasporto che producono eccessive emissioni di carbonio nell’atmosfera. Tuttavia, il fatto che si tratti di accordi di carattere mondiale potrebbe far sì che, nel corso dell’elaborazione, i quasi 200 paesi non si trovino d’accordo unanimemente rispetto ad ogni punto.
Per esempio, il disaccordo che caratterizzò la Cop25 si è basato sulla questione dei mercati di carbonio; se alcuni paesi vedevano (e vedono) il mercato del carbonio come un incentivo ad adottare forme di energia più verdi, per evitare di superare la propria soglia, altri lo vedevano (e forse ancora lo vedono) come un sistema facile da manipolare che qualcuno ha persino definito “capitalizzazione ecologica“. Tuttavia, proprio perché oggi il mondo ha attraversato un periodo di 18 mesi senza precedenti, sul sito web della Cop26 si legge: “La maggior parte degli esperti ritengono che la Cop26 abbia un’unica urgenza”. E questa urgenza risiede nell’esigenza di trovare soluzioni pratiche e concrete alla crisi climatica.
Gli effetti della pandemia su Cop26
Oltre che sul piano logistico, considerando che la Cop26 è stata posdatata di un anno, la pandemia ha portato i suoi effetti anche sulla Conferenza. Dal punto di vista finanziario, sarà infatti necessario discutere delle risorse riconfigurate dopo l’evento economicamente più dannoso a livello globale dopo la Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, molte delle nazioni più colpite dal cambiamento climatico non potranno partecipare alla Cop26 anche a causa delle restrizioni in vigore per gli spostamenti. Tuttavia, la pandemia, con tutti i suoi strascichi negativi, ha portato una nuova consapevolezza; il mondo è e deve essere in grado di reagire davanti ad un pericolo o ad una situazione rischiosa.
In una relazione datata dicembre 2020 il gruppo di esperti indipendenti sulla finanza climatica delle Nazioni Unite ha dichiarato: “La pandemia ha evidenziato quanto la ‘vecchia normalità’ fosse profondamente fragile e pericolosa – proseguendo – Se il mondo non agisce ora, il danno causato dal cambiamento climatico e dalla perdita della biodiversità sarà molto più grave e di lunga durata del danno inferto dal COVID-19“. Proprio per questo motivo, considerando incendi, alluvioni, temperature da record registrate solo negli ultimi mesi, è necessario che tutti agiscano. Il 12 novembre è dunque una data che tutto il mondo attende con ansia.
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