Il valore aggiunto della gentilezza
Il suo valore nei secoli, il suo potere salvifico e la sua trasformazione in qualità debole
“Al cor gentil rempaira sempre amore” scriveva Guido Guinizelli, nella poesia considerata manifesto del Dolce Stil Novo, movimento letterario che prese piede in Italia nella seconda metà del XIII secolo. Secondo gli stilnovisti il cuore gentile era l’unico in grado di poter sperimentare davvero l’esperienza dell’amore e la gentilezza era sinonimo di nobiltà d’animo. Oggi nella Giornata Internazionale della Gentilezza, c’è da chiedersi quale posto possieda nel nostro immaginario collettivo, se viene ancora elogiata così tanto ed è ancora considerata la più nobile delle virtù.
La gentilezza nei secoli e il potere salvifico della donna
Per i poeti stilnovisti, la gentilezza era la qualità che più rifletteva l’elevata cultura spirituale e culturale dell’uomo. L’uomo gentile era un’aristocratico d’animo, elegante nel linguaggio, poetico nell’esprimere i propri sentimenti, e profondamente innamorato del potere salvifico della donna. Gentiluomo nel passato è stato sinonimo inoltre di persona di buona famiglia ed educato alle buone maniere: un buon partito per qualsiasi ragazza volesse sposarlo. Gentile era dunque un vanto: significava aver dominato la rozza bestia che usa la forza e la violenza per imporsi. Sia che si trattasse di una discussione o del corteggiamento della donna. La gentilezza era una vera e propria ricchezza da dimostrare e mostrare agli altri come un vero e proprio status symbol, a separare i poveri dai ricchi, i colti dalle classi più abbiette, l’aristocrazia dal popolo volgare.
La gentilezza oggi come qualità debole
Oggi sembra esser diventata sempre di più sinonimo di debolezza. Al suo posto la forza è diventata la qualità più importante da coltivare e da mostrare agli altri. Anche nei film e nelle serie tv, dove è divenuta sempre più noiosa la rappresentazione di un protagonista garbato gentiluomo, è preferibile raccontare personaggi borderline, dove la linea tra il bene e il male è sempre più sottile. Boss della camorra, capi banda irlandesi, fuorilegge, uomini dal passato torbido e per questo più interessanti ed accattivanti.
Anche la donna non desidera più incarnare quell’emblema di grazia e dolcezza, giudicando negativamente nella maggior parte dei casi la definizione a lei attribuita del “gentil sesso”. Una qualità troppo debole, non in grado di rispecchiare quella voglia di riscatto della donna contemporanea e che quindi non riflette la parità di genere. Si è passati da un mondo dove la gentilezza impreziosiva l’uomo, ad un altro dove è una qualità debole, troppo noiosa e patinata.
La forza come sinonimo di debolezza e arretratezza
Ma perché era proprio la gentilezza nel passato rinascimentale e non solo a distinguere l’uomo e il suo stato sociale? Perché si era convinti che la cultura, l’intelligenza, la profondità spirituale, inevitabilmente sfociassero poi in un animo gentile. Il povero non conoscendo che la legge del più forte non era in grado di comprendere i valore della classe abbiente. La forza dunque era la strada dell’analfabeta o dell’uomo soldato, che non conosceva altre soluzioni che quelle della spada. Questo è il fondamentale concetto da cui si dovrebbe ripartire per comprendere profondamente il valore e il significato della gentilezza. Concetto ripreso più volte anche dal Mahatma Gandhi, che ha descritto l’arma della non-violenza come di gran lunga la più potente di tutte.
Il valore aggiunto della gentilezza
Reagire con violenza e innescare la competizione del più forte ci rende dei deboli, fa regredire l’uomo verso un’esistenza molto più povera e più vicina alle bestie, prive di cultura e di intelletto. Ci vuole molto più coraggio e molta più forza in realtà a non reagire, a controllare la propria rabbia, a scegliere la cosa giusta anziché rispondere occhio per occhio dente per dente. La via della rabbia e della violenza è la più semplice, basta dar sfogo ai propri istinti.
Ecco perché l’animo gentile in parvenza così piatto e noioso in realtà nasconde una forza impareggiabile, un’educazione quasi militare, un’intelligenza vivace e attiva, e delle convinzioni potenti e profonde degne di ammirazione. Grazia, bellezza, gentilezza, nobiltà d’animo, dolcezza, dunque, sono qualcosa a cui tendere e a cui non bisogna mai rinunciare, perché spingono l’uomo ad uscire da quella dimensione bestiale e superficiale dell’esistenza, ispirando le persone ad essere migliori.
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