L’Udienza Generale di mercoledì 17 novembre apre un nuovo ciclo di catechesi dedicato a San Giuseppe; l’uomo che Papa Francesco descrive come “di periferia“. Niente di denigrante in questo termine, anzi; secondo il Pontefice lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù è il simbolo della “marginalità prediletta da Dio“. Quella marginalità spesso scartata ed esclusa; ed è per questo che il Santo Padre rivolge una nuova preghiera a San Giuseppe: “Aiutaci a preferire ciò che il mondo scarta“.
Imparando dal Santo che ha cresciuto Gesù come se fosse il figlio che lui stesso aveva generato, come vuole sottolineare Papa Francesco, si può riflettere sulle forme di discriminazione; sulle “periferie geografiche ed esistenziali” di cui tutto il mondo è spesso protagonista. San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale, può essere, con il suo esempio di vita un “sostegno in questo tempo segnato da una crisi globale“.
San Giuseppe come testimonianza
A 150 anni dalla proclamazione a Patrono della Chiesa, Papa Francesco torna a sottolineare l’esempio di testimonianza di San Giuseppe. Come ricorda il Pontefice, già dal suo nome il Santo ha insite in sé le caratteristiche che fanno di lui un testimone vivente della fede in Dio; Giuseppe, infatti, in ebraico significa “Dio accresca, Dio faccia crescere“. Una benedizione che è riferita, come tiene a sottolineare il Papa: “specialmente alla fecondità e alla crescita dei figli. Un aspetto essenziale della personalità di Giuseppe di Nazareth“. Ed ogni azione di San Giuseppe, secondo quanto narra il Vangelo, è incentrata sulla fiducia in Dio, sulla sua provvidenza e sulla capacità di portare a compimento il suo disegno di salvezza.
Come tiene a specificare il Pontefice, la figura del padre putativo di Gesù si può comprendere solo se contestualizzato all’interno di Betlemme e Nazareth; come spiega Papa Francesco: “Betlemme significa ‘Casa del pane‘ in ebraico, mentre in arabo ‘Casa della carne‘; probabilmente per la grande quantità di greggi di pecore e capre presenti nella zona“. Ma alla luce della vicenda di Gesù, questi significati rimandano al mistero eucaristico; ovvero di Gesù che si è fatto ‘pane vivo’ (il corpo di Cristo, che i Cristiani accolgono durante l’Eucarestia, sotto forma di ostia consacrata). Inoltre, Gesù sceglie Betlemme e Nazareth per la sua incarnazione, non la grande città come Gerusalemme, ma “due villaggi periferici, lontani dai clamori della cronaca e del potere del tempo“.
La marginalità prediletta da Dio
Il figlio di Dio non nacque in mezzo alla corte e allo sfarzo della città, ma nella periferia e lì visse la sua vita fino ai 30 anni, conducendo una vita umile e facendo il falegname come Giuseppe. Inoltre, Gesù non predica solo tra la ‘gente per bene’; Egli entra nelle case dei peccatori, ma non li giudica e anzi, li invita sempre alla conversione. E questa sua azione è criticata dai dottori della legge: “Ma guarda, questo Maestro (Gesù), mangia con i peccatori, si sporca“. Ma Gesù non si limita a visitare coloro che hanno fatto del male, Egli si reca anche presso coloro che hanno ricevuto il male; i malati, gli affamati, i poveri, gli ultimi. “Gesù va verso le periferie. E questo – esorta Papa Francesco- ci deva dare tanta fiducia, no? Perché il Signore conosce le periferie del nostro cuore“.
Una società quella dei tempi di San Giuseppe e di Gesù che non appare molto diversa da quella di oggi con la distinzione tra centro e periferia; ma proprio sull’esempio di San Giuseppe, che si è affidato al progetto di Dio, il Papa spiega come la Chiesa debba partire dalla periferia. San Giuseppe “ricorda alla Chiesa di fissare lo sguardo su ciò che il mondo ignora volutamente“. Dare importanza a ciò che gli altri scartano, concentrarsi sull’essenziale e valorizzare tutto quello che merita di essere scoperto. Papa Francesco conclude con un messaggio di speranza rivolto “a tutti gli uomini e le donne che vivono le periferie geografiche più dimenticate del mondo o che vivono situazioni di marginalità esistenziale. Possiate trovare – è il suo augurio – in San Giuseppe il testimone e il protettore a cui guardare“.
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