Il prossimo inquilino del Quirinale, da febbraio 2022, si troverà col Prodotto interno lordo (Pil) dell’Italia cresciuto quest’anno del +6,2% e il prossimo atteso al +4,3%. Cifre da record, secondo Fitch. Per questo la società ha alzato il rating dell’Italia da BBB- a BBB. La “forte ripresa economica” del nostro Paese ha effetto sui conti pubblici, spiega l’agenzia in una nota. Quello che Fitch non spiega è che il suo sigillo sulla ripresa tricolore è, di fatto, una medaglia sul petto del premier Draghi e del suo Governo.
Ficth, il quinto ‘sigillo’
Il tutto a due mesi dalla scadenza del mandato di Sergio Mattarella al Quirinale (3 febbraio 2022) e dalla possibile elezione dello stesso Draghi al Colle. “La decisione di Fitch di alzare il rating dell’Italia a BBB corona una serie di valutazioni positive rilasciate da cinque altre agenzie di rating” afferma il Tesoro. Le recenti decisioni “confermano la solidità della linea di politica economica perseguita dal Governo“. E quindi “l’esigenza di proseguire con vigore sulla strada delle riforme e degli investimenti, secondo il piano concordato con l’Europa“.
Quirinale e Chigi, partita doppia
Il punto è il seguente. Chi starà al timone di Palazzo Chigi, per proseguire “sulla strada delle riforme e degli investimenti” fino alla scadenza della legislatura, se Mario Draghi dovesse traslocare poco più in là, ovvero al Quirinale? Perché al momento, dato che il premier tace come una sfinge sulla sua disponibilità o indisponibilità a diventare capo dello Stato, i partiti sono nella palude. Districarsi in un rebus sempre più fitto, del resto, non è facile. Secondo alcuni osservatori, se il Presidente del Consiglio dovesse diventare Presidente della Repubblica si porrebbe un problema costituzionale di reggenza. Draghi, infatti, una volta eletto Capo dello Stato dal Parlamento, dovrebbe subito dimettersi da premier per essere sostituito a Palazzo Chigi dal ministro più anziano, cioè Renato Brunetta. Prima che lo stesso Draghi avvii le consultazioni per la nomina di un nuovo Capo del Governo.
I partiti fra Scilla e Cariddi
A un contesto di per sé complesso si aggiunge che i leader dei partiti che hanno intavolato la partita a scacchi per il Colle sono presi tra due fuochi. O, se vogliamo, nello Stretto fra Scilla e Cariddi, dove questi ultimi due sono, con rispetto parlando, Mattarella e Draghi. Il primo non vuole essere rieletto per fare la foglia di fico dei parlamentari. Il secondo si è chiuso nel silenzio, costringendo le forze politiche a scoprire le loro carte, per poi fare, con calma, le sue valutazioni. E magari sfilarsi all’ultimo momento.
Berlusconi, il Quirinale e il Centrodestra
Chi invece gioca a carte scoperte è Silvio Berlusconi. Sta facendo campagna elettorale per diventare Presidente della Repubblica, malgrado una condanna definitiva per frode fiscale (processo Mediaset, 2013). Se fosse eletto non lo sarebbe a larga maggioranza. Tuttavia non è escluso che Italia Viva di Matteo Renzi possa convergere su di lui. Silenziosamente, il Centrodestra ‘allargato’ si sta mobilitando. Per la prima volta ha la possibilità di far elegge un suo uomo sul Colle più alto (se consideriamo storicamente di centro i Presidenti democristiani). E non è detto che sia Berlusconi. Il vero obiettivo del Cavaliere, del resto, potrebbe essere un altro. Ossia darsi visibilità con la corsa al Colle per preparare la strada alla vittoria delle elezioni nel 2023. Con Forza Italia in ascesa nei sondaggi e di nuovo perno della coalizione di Centrodestra. Nello stato di tensione fra Lega e Fratelli d’Italia, gli azzurri tornerebbero ‘a dare le carte‘.
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