Vino, Moda e territorio… come solo nella Cantina Enio Ottaviani
Mirco Giovannini porta la sua rubrica "Interviste in doppio petto" a scoprire un'eccellenza di gusto e promozione
Tra il primo e il secondo lockdown è nata una collaborazione sui generis, un’idea di pura folleria – come direbbe il nostro Mirco Giovannini – tra romagnoli doc, che dopo il brutto periodo volevano ritornare alla vita e farlo alla grande. E per raccontarci questo progetto intriso di riminesità ci ha portato a conoscere i suoi “complici” in una celebre cantina, la Enio Ottaviani, che rappresenta il territorio della Val Conca dalla provincia di Rimini nel mondo con i suoi prodotti.
Mirco ha compiuto ancora una volta la sua magia da intervistatore insider del mondo del fashion per VelvetMAG e ha fatto indossare una giacca in doppio petto – per lui simbolo supremo di eleganza – per cominciare la sua chiacchierata con due amici di vecchia data ritrovati durante la pandemia: Massimo Lorenzi Ottaviani (M. nelle risposte in tutto il testo – n.d.r.) e Davide Lorenzi Ottaviani (D. nelle risposte in tutto il testo – n.d.r.)
Cosa contraddistingue un vino, uno dei prodotti della terra per eccellenza, quando “viene dal mare” come i vostri?
M.: Le Cantine Ottaviani sono qui a San Clemente, in provincia di Rimini, a soli 5 km dal mare, ma ci siamo sempre definiti un’azienda con “un piede in vigna e un piede nell’Adriatico”. E non è una contraddizione, ma la sua grande bellezza. Il nostro territorio è vocato ai vini bianchi, con una sapidità che esiste solo qui. Perché tutti i giorni abbiamo quel vento di scirocco che ci pettina le vigne dalle 10 del mattino alle 5 del pomeriggio. E’ la nostra identità, è l’identità del vino riminese.
D.: Sicuramente, gli fa eco Davide, essere a 4/5 km dal mare influisce sul nostro vino. Per l’areazione, per le uve asciutte. E poi c’è il fiume. Un incontro di sapidità. E quando bevi, anche con i 30° al pomeriggio d’estate, un calice di vino riesce a farti star meglio.
Possiamo definire il vino Ottaviani una passione di famiglia che lega le generazioni. Raccontaci la vostra storia
Nonno Enio ha iniziato negli Anni Cinquanta da commerciante di vino. Ha avuto due figlie: mia mamma Loredana e mia zia Yvonne. E loro ci hanno trasmesso la passione e il mestiere a noi quattro nipoti: io e mio fratello Davide e i miei cugini Marco e Milena. Mia mamma ha sempre aiutato mio nonno a vendere il vino, soprattutto nelle Marche, e noi dai piccoli li abbiamo sempre accompagnati sul camion. Bussavamo alle porte chiedendo: “Vino bianco o rosso?”. Per questo abbiamo definito mia mamma l’Amazon degli Anni ’70.
Nel 2007 siamo diventati produttori acquistando i primi 12 ettari. E oggi siamo arrivati ad averne 30 quasi. La gestione produttiva è nelle mani di Davide, mentre io mi occupo della parte commerciale e del marketing. Marco si fa carico di logistica e imbottigliamento e Milena dell’amministrazione. E’ chiaramente una passione di famiglia e la viviamo come la descrive il poeta Davide Rondoni, come quello che si è disposti a sacrificare nella propria vita.
Esiste anche un’altra figura femminile, che gestiva una delle balere più famose di Cattolica I 3 piccioni. Ci racconti la sua influenza?
Da dove nasce l’idea delle colazioni come promozione delle Cantina Enio Ottaviani?
Si percepisce immediato il legame con il vostro territorio, l’orgoglio della Romagna e non solo
Cosa rappresenta la cantina e la sua vita per voi?
Il vino del vostro territorio è il sangiovese, che avete onorato con diverse etichette, ma avete anche osato
Non solo vino, avete scelto di diversificare producendo olio e miele
Parliamo della coraggiosa operazione di co-branding con Mirco Giovannini Atelier. Cosa ha unito vino e fashion nel creare Rebola?
Da un normale incontro conviviale abbiamo pensato che dovesse nascere qualcosa che raccontasse il nostro connubio, la vicinanza di due realtà che convivono sullo stesso territorio. Oggi la indossiamo tutti e tre: una maglia con la scritta Rimini Rebola. Perché è il vino che si produce solo a Rimini, è l’identità iconica di Rimini. E’ nato così il brand. Oggi siamo 17 produttori perché la Rebola lega i riminesi, non solo chi produce e viaggiamo insieme con forza. Con progetti nuovi. In primis una bottiglia unica marchiata nel vetro a rilievo con la scritta “Rimini“. Ognuno ha la sua etichetta, ma tutti lo stesso marchio. La ristorazione sta rispondendo benissimo e il prossimo anno ci saranno carte vino solo con la Rebola.
Siamo partiti con Atlanta vestendo 60 camerieri con la t-shirt Rimini Rebola (in alto nella foto) creata da Mirco Giovannini Atelier con un gruppo molto importante di ristorazione e siamo in procinto di allargare le partnership.
D.: Questo progetto della Rimini Rebola è importante per far capire prima a noi quanto sia bello il territorio in cui abitiamo. Poi al resto ci pensa il vino. Per questo ci serviva un modo particolare di brandizzarlo. E’ un vino condiviso in cui ci crediamo in molti.
Quali sono i progetti futuri nella Cantina Enio Ottaviani?
La cantina deve essere completata. Siamo pronti ad accogliere il ritorno massiccio dei turisti americani, che sono importantissimi per il nostro territorio. Stiamo lavorando ad una sorta di ponte turistico tra Atlanta e San Clemente di Rimini. Lo devo e lo dedico a mio nonno, che ha iniziato tutto questo e a mio babbo che non ha potuto vedere la nuova cantina.
D.: Abbiamo un progetto in cantiere che riguarda le “bollicine“ con Gianluca Marchetti. E’ in fase di studio, ma sta già coinvolgendo alcune realtà universitarie importanti. Ci crediamo fortemente e vorremmo che parlasse ancora una volta un po’ anche con la voce degli Ottaviani. Della nostra storia. E il nostro modo di dedicar qualcosa alla memoria di chi ha iniziato il marchio Enio Ottaviani.
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